Trump vuole abolire la cittadinanza per nascita: cosa cambia negli Stati Uniti

Il principio garantito dal Quattordicesimo Emendamento è ora al centro di una nuova battaglia politica e giudiziaria

Trump vuole abolire la cittadinanza per nascita: cosa cambia negli Stati Uniti
Photo by Courtney Hedger / Unsplash

Chi è un americano? In una nazione costruita da immigrati — dove la maggior parte dei cittadini può tracciare le proprie origini genealogiche ovunque tranne che entro i confini nazionali — il concetto di appartenenza è sempre stato più instabile che solido. Da oltre un secolo, la cittadinanza è il nervo scoperto della politica americana: simbolo identitario, leva ideologica, e — più recentemente — terreno di scontro giudiziario.

Donald Trump ha rimesso quella domanda al centro del dibattito il primo giorno del suo secondo mandato, firmando un ordine esecutivo per abolire la birthright citizenship, la cittadinanza per nascita garantita dal Quattordicesimo Emendamento. Secondo tale principio, in vigore dal 1868, chi nasce sul suolo americano è automaticamente cittadino, indipendentemente dallo status dei genitori.

L’ordine ha ricevuto una risposta rapida: diversi giudici federali hanno emesso ingiunzioni per impedirne l’entrata in vigore. Ma a fine giugno, la Corte Suprema ha respinto quelle ingiunzioni, senza pronunciarsi sul merito della questione costituzionale. Una mossa formale che però cambia il quadro: nella pratica, consente agli stati favorevoli al provvedimento di iniziare a farlo valere.

Ventidue stati a guida democratica — tra cui California, New York, Maryland e Washington — hanno fatto causa contro il provvedimento. I ricorrenti potrebbero tentare nuove azioni legali, puntando a ottenere un pronunciamento più ampio o un blocco permanente.

Negli altri 28 stati, in prevalenza repubblicani, l’ordine potrà entrare in vigore. La Corte ha concesso una finestra di trenta giorni prima dell’attuazione, lasciando spazio a ulteriori contenziosi.

Mentre la giurisprudenza si prepara al prossimo capitolo, resta la questione di fondo: in un’America sempre più divisa, la definizione di cittadinanza smette di essere un diritto garantito per tornare a essere materia di disputa.

Chi è impattato?

La cittadinanza per nascita — il principio secondo cui un neonato acquisisce automaticamente la cittadinanza del paese in cui nasce — è una delle due strade adottate a livello globale. Alcuni Stati, come l’Italia, seguono il jus sanguinis, attribuendo la cittadinanza in base alla discendenza. Altri, come gli Stati Uniti, applicano il jus soli, cioè il diritto basato sul luogo in cui si nasce.

Negli Stati Uniti, quel principio ha preso forma definitiva nel 1868, con il Quattordicesimo Emendamento. Da allora, il jus soli non ha mai conosciuto eccezioni sostanziali: chi nasce sul suolo americano, è americano. Punto.

L’ordine esecutivo firmato da Trump rompe proprio questo automatismo. I soggetti colpiti sarebbero principalmente i figli di madri prive di status legale — o con un permesso temporaneo, come un visto da studente o da lavoratrice stagionale — e di padri che non sono né cittadini né residenti permanenti.

L’argomentazione dell’amministrazione si concentra sulla clausola centrale del Quattordicesimo Emendamento: “Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla loro giurisdizione…”. Secondo l’interpretazione sostenuta dalla Casa Bianca, i figli di immigrati senza documenti o presenti con visti temporanei non sarebbero “soggetti alla giurisdizione” piena degli Stati Uniti. Non nel senso richiesto per godere della cittadinanza per nascita.

Un altro punto su cui insiste l’amministrazione è il fenomeno del cosiddetto birth tourism: l’idea che alcune famiglie straniere si rechino intenzionalmente negli Stati Uniti per partorire, con l’obiettivo di assicurare ai figli — e indirettamente a se stessi — l’accesso a uno status legale più solido. I sostenitori del divieto sostengono che questa pratica alimenti l’immigrazione irregolare, rendendo la nascita sul suolo americano una strategia per ottenere un percorso verso la green card.

Secondo il Center for Immigration Studies, tra le 225.000 e le 250.000 nascite nel 2023 sono avvenute da genitori privi di autorizzazione. Ma al contrario di quanti molti credono avere un figlio cittadino americano non significa ottenere automaticamente il diritto a restare. Un bambino può fare da sponsor per la regolarizzazione dei propri genitori solo dopo i 21 anni. Fino ad allora, nessuna garanzia.

Un esercito di apolidi

Il giorno dopo la firma dell’ordine esecutivo, avvenuta lo scorso gennaio, cinque donne incinte fecero causa all’amministrazione Trump: temevano che i loro figli potessero nascere senza una cittadinanza. L’apolidia — la condizione di chi non è riconosciuto come cittadino da nessun paese — non è un rischio astratto. È una realtà che complica ogni aspetto della vita quotidiana: dall’ottenimento di documenti alla possibilità di accedere a servizi essenziali.

Con la decisione della Corte Suprema di rimettere la questione ai singoli stati, la cittadinanza alla nascita potrebbe diventare variabile a seconda del codice postale. In stati come il Texas, che sostengono l’ordine esecutivo, un neonato da genitori non residenti permanenti o privi di status regolare potrebbe non ricevere la cittadinanza statunitense. 

In alcuni casi, i bambini potranno acquisire la cittadinanza dei genitori. Ma non ovunque è garantito. In diversi paesi del Medio Oriente — tra cui Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Kuwait — la cittadinanza si trasmette solo per via paterna. Se solo la madre è cittadina, e il padre no, il figlio nato all’estero potrebbe non ottenere alcuna nazionalità.

Anche altrove, le regole sono stringenti. In Giappone, la nascita deve essere registrata entro tre mesi. In Germania, per i figli di cittadini tedeschi nati all’estero dopo il 2000, la cittadinanza dipende dalla registrazione entro un anno. In India, i bambini nati fuori dal paese dopo il 2004 non acquisiscono automaticamente la cittadinanza se non viene effettuata una registrazione consolare entro dodici mesi, e se uno dei genitori ha un’altra cittadinanza.

Secondo un’analisi del Migration Policy Institute, porre fine alla cittadinanza automatica per i figli di immigrati non autorizzati aumenterebbe di circa 4,7 milioni, entro il 2050, la popolazione priva di status legale negli Stati Uniti. Il dato non è solo demografico: implica un’estensione del sistema dell’irregolarità, con generazioni nate e cresciute nel paese, ma formalmente escluse dalle sue tutele. 

Il Birthright Citizenship Act ridefinirebbe l’accesso alla cittadinanza in termini più rigidi e selettivi, introducendo una distinzione nuova tra chi nasce negli Stati Uniti e chi può davvero far parte della società americana. 

Focus America non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.