Trump si consulta i suoi collaboratori sui negoziati sull’Iran, il prossimo summit non si terrà più a Roma

Il presidente ha riunito i principali funzionari della sua Amministrazione per discutere la posizione americana nel prossimo round di colloqui. Emergono visioni contrastanti all'interno dell’Amministrazione sui possibili accordi con Teheran.

Trump si consulta i suoi collaboratori sui negoziati sull’Iran, il prossimo summit non si terrà più a Roma

Il presidente Trump ha presieduto questa mattina un incontro ad alto livello nella situation room della Casa Bianca per discutere i negoziati in corso sul programma nucleare iraniano.

Secondo quanto riferito ad Axios da due fonti informate, tra i presenti figuravano il vicepresidente JD Vance, il Segretario di Stato Marco Rubio, il Segretario della Difesa Pete Hegseth, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz, l’inviato speciale Steve Witkoff, il direttore della Central Intelligence Agency John Ratcliffe e altri alti funzionari.

Il tema centrale della riunione era la posizione da adottare nei negoziati e i margini di compromesso accettabili per gli Stati Uniti.

Diplomazia e confronto interno

L’incontro si è svolto in un clima di intenso dibattito. Secondo le fonti di Axios, Vance e Witkoff hanno sostenuto l’efficacia della diplomazia, ritenendo possibile giungere a un’intesa con Teheran anche a costo di alcune concessioni da parte americana. Al contrario, Rubio e Waltz hanno espresso forti riserve, promuovendo un approccio definito massimalista, con minimi margini di flessibilità.

Lo scorso fine settimana, il primo round di colloqui si era svolto in Oman. Steve Witkoff aveva giudicato positivamente l’incontro, dichiarando ieri sera in un’intervista con Sean Hannity su Fox News che la posizione americana prevede lo stop all’arricchimento dell’uranio da parte iraniana ai livelli del 20% e del 60% — considerati sensibili — ma lascia spazio al proseguimento delle attività di arricchimento al livello del 3,67%, compatibile con un programma nucleare civile.

Tuttavia, le sue affermazioni si sono scontrate con le posizioni espresse da altri membri dell’Amministrazione, in particolare con Mike Waltz, che ha ribadito in più occasioni la necessità di smantellare completamente il programma nucleare iraniano.

Si tratta della stessa linea sostenuta anche dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nell’incontro con Trump della scorsa settimana, durante il quale aveva indicato come modello l’eliminazione totale del programma nucleare libico nel 2003.

Questa mattina, Witkoff ha cercato di precisare la sua posizione, scrivendo su X che “qualsiasi accordo finale deve stabilire un quadro per la pace, la stabilità e la prosperità in Medio Oriente”, affermando che ciò comporta lo smantellamento completo del programma di arricchimento e armamento nucleare dell’Iran.

Anche lo stesso presidente Trump ha contribuito a rendere il quadro poco chiaro, lanciando segnali contrastanti. Da un lato, si è detto, infatti, favorevole a un’intesa diplomatica che ponga fine alla crisi nucleare. Dall’altro, ha però nuovamente minacciato l’uso della forza militare contro l’Iran, evocando l’eventualità di “fare qualcosa di molto duro”.

Anche da Teheran, comunque, sono arrivati segnali contrastanti. La guida suprema Ali Khamenei ha definito “soddisfacente” il primo round di colloqui, mantenendo però un tono prudente. Durante un incontro con alti funzionari governativi iraniani, ha affermato di non essere “né troppo ottimista né troppo pessimista” riguardo ai negoziati, ribadendo la diffidenza verso gli Stati Uniti ma manifestando fiducia nelle capacità del proprio paese.

Il ruolo dell’Oman

Poco prima della riunione, Trump ha avuto un colloquio telefonico con il Sultano dell’Oman, Haitham bin Tariq. Secondo l’agenzia di stampa statale omanita, i due leader hanno discusso del ruolo di mediazione di Muscat tra Washington e Teheran, concordando sulla necessità di sostenere gli sforzi negoziali.

Il secondo round di colloqui era inizialmente previsto a Roma, con conferma ufficiale arrivata da parte degli Stati Uniti, dell’Iran e del governo italiano. I visti per la delegazione iraniana erano già stati rilasciati.

Tuttavia, ieri sera il Ministero degli Esteri iraniano ha annunciato che la sede del negoziato è stata spostata nuovamente a Muscat. Secondo fonti informate, uno dei motivi alla base del trasferimento sarebbe legato alla presenza di JD Vance a Roma nello stesso fine settimana, circostanza che la Casa Bianca avrebbe voluto evitare per ragioni logistiche e diplomatiche.

L’Oman, dunque, continuerà a svolgere un ruolo chiave di mediazione anche nel prossimo futuro.

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