Trump sapeva di essere nei dossier Epstein
Il Dipartimento di Giustizia ha informato il presidente Trump della presenza del suo nome nei dossier Epstein, insieme a quello di altre figure di spicco. Pam Bondi ha deciso di non pubblicare ulteriori documenti per proteggere le vittime e impedire la diffusione di materiale sensibile.

Il Wall Street Journal ha rivelato che, a maggio, la ministra della giustizia Pam Bondi e il suo vice Todd Blanche hanno comunicato a Donald Trump che il suo nome appare in più punti nei documenti relativi a Jeffrey Epstein. Durante un incontro alla Casa Bianca, Bondi ha spiegato che i dossier contengono informazioni non verificate su centinaia di persone, molte delle quali legate a Epstein solo da rapporti sociali. Trump ha accettato la decisione del Dipartimento di Giustizia di non diffondere ulteriori documenti per via dalla presenza di pornografia minorile e dati personali delle vittime.
Il 7 luglio il Dipartimento di Giustizia ha ufficializzato la chiusura del riesame, precisando di non aver trovato né una “lista clienti” né elementi utili per procedere contro terzi. L’annuncio ha alimentato forti proteste tra i sostenitori di Trump, che si aspettavano una divulgazione completa dei dossier. Alcuni esponenti della sua base elettorale vedono nella scelta una grave contraddizione rispetto alle promesse di trasparenza fatte in campagna elettorale.
Nelle settimane successive, la vicenda ha assunto un rilievo politico crescente. Blanche ha dichiarato che il Dipartimento intende incontrare Ghislaine Maxwell, condannata nel 2021 a vent’anni di carcere, per raccogliere eventuali nuove informazioni. Nel frattempo, il Wall Street Journal ha pubblicato l’esistenza di una lettera con il nome di Trump inserita in un album per il compleanno di Epstein del 2003. Trump ha reagito con una causa per diffamazione da 10 miliardi di dollari contro il giornale e la sua casa editrice, definendo il documento “inesistente”.
All’interno dell’amministrazione non mancano tensioni: il direttore dell’FBI Kash Patel e il suo vice Dan Bongino erano favorevoli alla pubblicazione di ulteriori materiali. Bongino, in particolare, teme che la decisione di mantenere i dossier riservati comprometta la sua reputazione presso la base elettorale di destra. A inizio luglio si è registrato un duro scontro tra Bondi e Bongino, con accuse reciproche di fughe di notizie.
Trump, interrogato da un giornalista della ABC il 15 luglio, aveva negato di essere stato informato da Bondi della presenza del suo nome nei documenti, una versione ora smentita dalle fonti interne al Dipartimento. L’episodio si inserisce in un contesto di crescente pressione politica, con alcuni deputati repubblicani che chiedono nuove pubblicazioni e i democratici pronti a sfruttare la vicenda per mettere in difficoltà la Casa Bianca.
Il caso Epstein continua così a generare ricadute politiche e mediatiche. Il riesame del Dipartimento di Giustizia comprende oltre 300 gigabyte di materiale, tra cui documenti e file sequestrati nelle proprietà di Epstein alle Isole Vergini e a New York nel 2019. Tuttavia, la possibilità di rendere pubblica la testimonianza del grand jury resta remota a causa delle rigide norme di segretezza.
Il presidente ha espresso il desiderio di “far sparire” l’attenzione sul caso, ma la vicenda sembra ancora lontana dalla conclusione.