Trump riscrive la dottrina fiscale repubblicana

Con il 'One Big Beautiful Bill', il presidente introduce tagli alle tasse senza semplificare il sistema, rompendo con la tradizione del partito

Trump riscrive la dottrina fiscale repubblicana
White House

La nuova legge fiscale firmata dal presidente Donald Trump, nota come One Big Beautiful Bill, rappresenta una netta rottura con la tradizione repubblicana in materia di politica tributaria. Anziché proseguire sulla via della semplificazione del codice fiscale, l’amministrazione ha scelto di espandere i tagli introdotti nel 2017, aggiungendo una serie di nuove esenzioni e agevolazioni che rendono il sistema ancora più complesso.

Per decenni, i repubblicani hanno sostenuto la necessità di eliminare detrazioni e agevolazioni mirate, ritenendole un freno alla crescita economica e un ostacolo alla concorrenza libera. Nel loro piano fiscale del 2016, l’allora presidente della Camera Paul Ryan e il deputato Kevin Brady definivano il codice tributario “costellato di sussidi e preferenze che scelgono vincitori e vinti”, denunciandone la complessità e gli effetti distorsivi.

La legge attuale, invece, non segue quella logica. È frutto di una spinta presidenziale a consolidare le promesse elettorali e del risultato di lunghe trattative parlamentari. Il provvedimento ha esteso i tagli del 2017, già critici per l’aumento del debito pubblico, e vi ha aggiunto nuovi sgravi pensati per segmenti specifici dell’elettorato. Si tratta, secondo l’economista Kyle Pomerleau dell’American Enterprise Institute, di una “chiara rottura con quanto i repubblicani hanno sostenuto per decenni”.

Tra le misure più discusse ci sono l’esenzione fiscale per le mance e quella per gli straordinari, entrambe promesse di Trump durante la campagna elettorale. Secondo Kent Smetters, docente alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania, queste misure hanno un impatto incerto sulla crescita. “Non voglio definirle compravendita di voti, ma non contengono molto in termini di stimolo alla crescita”, ha osservato, sottolineando che in alcuni casi si limitano a premiare stili di vita già esistenti, senza creare nuovi incentivi economici.

Un altro esempio è l’introduzione della possibilità per le imprese di dedurre interamente i costi per macchinari e attrezzature. La misura è coerente con gli obiettivi di reindustrializzazione promossi da Trump, ma gli esperti si interrogano sul bilancio complessivo della legge. Alcuni ritengono che la combinazione di tagli e nuove agevolazioni, non compensati da misure per aumentare il gettito, porterà a un aumento del debito che potrebbe controbilanciare ogni possibile beneficio economico.

Alan Auerbach, professore all’Università della California a Berkeley, ha osservato che, sebbene anche i tagli fiscali dell’era Bush abbiano avuto effetti negativi sul debito, la nuova legge “è peggiore perché la scala è molto più ampia e ci sono molte più stranezze”.

Il disegno di legge non prevede infatti meccanismi di compensazione, come la chiusura di scappatoie fiscali o l’ampliamento della base imponibile. Questo segna un’ulteriore distanza rispetto alla riforma fiscale bipartisan del 1986, che ridusse le aliquote e il numero di scaglioni eliminando molte deduzioni. In un editoriale pubblicato nel 1999 sul Wall Street Journal, Trump definì quella riforma “un’offesa al lavoratore”, criticando l’eliminazione di alcune detrazioni.

L’attuale approccio riflette una visione opposta: mantenere e introdurre nuove eccezioni mirate, spesso legate a categorie di lavoratori a cui il presidente ha rivolto appelli elettorali diretti. Un esempio è l’esenzione per le mance, proposta durante la campagna per conquistare il voto del Nevada, dove molti lavoratori del settore dell’ospitalità e del gioco d’azzardo dipendono da queste entrate.

Tuttavia, il nodo principale resta l’effetto sul debito. Secondo le stime, la nuova legge comporterà un aumento di migliaia di miliardi nei disavanzi federali nel prossimo decennio. Anche tenendo conto dei tagli alla spesa approvati in parallelo, il saldo netto resta fortemente negativo. Come ha dichiarato Auerbach, “i soldi devono arrivare da qualche parte”. Se il governo prende in prestito per finanziare sgravi fiscali, le risorse impiegate dagli investitori per acquistare debito pubblico vengono sottratte ad altri impieghi potenzialmente più produttivi.

In definitiva, la legge fiscale voluta da Trump consolida la centralità dei tagli alle tasse come perno della politica economica repubblicana, ma segna anche la fine silenziosa dell’obiettivo di una riforma complessiva del sistema. Il partito che nel 2016 guardava alla riforma del 1986 come modello da replicare, è oggi il partito di un presidente che preferisce misure su misura per i suoi elettori.

Il One Big Beautiful Bill rappresenta quindi più di un provvedimento fiscale: è il simbolo di una trasformazione ideologica profonda all’interno del Partito Repubblicano.

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