Trump rilancia lo scudo spaziale, ma il Pentagono frena: operativo non prima del 2028
Il programma da 175 miliardi di dollari supervisionato dalla Space Force non sarà completato entro la fine del mandato presidenziale. Le armi spaziali previste restano in fase sperimentale.

Il programma di difesa missilistica Golden Dome, fortemente voluto dal presidente Donald Trump, non sarà pienamente operativo prima del 2028. Lo riporta The Guardian, citando fonti del Pentagono secondo cui il sistema, pensato per intercettare missili balistici tramite armi spaziali, sarà pronto solo per una dimostrazione tecnica entro fine 2028.
La settimana scorsa, durante un annuncio nello Studio Ovale, Trump aveva dichiarato che il progetto sarebbe stato completato entro tre anni. Il presidente ha anche confermato che sarà la Space Force a guidare l’iniziativa, sotto la direzione del generale Michael Guetlein. Tuttavia, il piano di implementazione attualmente in possesso del Pentagono contraddice le previsioni presidenziali: la realizzazione del Golden Dome seguirà un modello a fasi progressive e non sarà completata in tempi brevi.
Secondo due persone informate sul progetto, la prima fase si concentrerà sull'integrazione dei sistemi di dati esistenti, rinviando la realizzazione e il dispiegamento delle armi spaziali vere e proprie. In un orizzonte temporale di 18 mesi, potrebbe essere possibile creare l’infrastruttura tecnologica di base: una rete di satelliti militari e sistemi di comunicazione capaci di tracciare numerosi missili in arrivo. Ma questa rete, in questa prima fase, non disporrebbe ancora della capacità effettiva di abbattere gli ordigni.
Attualmente, gli Stati Uniti possono contare su circa 40 batterie Patriot dislocate tra Alaska e California, in grado di intercettare potenziali missili balistici intercontinentali. Solo verso la fine del mandato presidenziale Trump l’obiettivo del Pentagono è quello di disporre di una rete di sensori spaziali, da integrare eventualmente con armi orbitali ancora non testate.
Una componente chiave del programma sarà affidata a SpaceX, l’azienda aerospaziale di Elon Musk. La società ha sviluppato un sistema avanzato di tracciamento denominato “identificatore di bersagli aerei in movimento”, i cui primi prototipi sono stati acquistati dal dipartimento della difesa già durante l’amministrazione Biden.
Il principio operativo del Golden Dome prevede l’intercettazione di missili balistici entro i primi 30 secondi o due minuti dal lancio – la cosiddetta boost phase, quando la firma termica del missile è più rilevabile. Tuttavia, la tecnologia necessaria per colpire efficacemente un ordigno in questa fase è ancora lontana dall’essere affidabile. Secondo le fonti, non è chiaro se e quando sarà tecnicamente possibile lanciare un contromissile dallo spazio con sufficiente precisione e forza da attraversare l’atmosfera terrestre e neutralizzare una minaccia balistica.
Il progetto si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà tecniche per il dipartimento della difesa. Gli stessi intercettori terrestri, sviluppati dagli anni ’80 per colpire missili durante la “fase di planata”, continuano a mostrare un tasso di successo di appena il 20%. Un portavoce della Casa Bianca non ha commentato la questione. Il portavoce del Pentagono Sean Parnell ha dichiarato che il dipartimento “non divulgherà pubblicamente dettagli tecnici specifici riguardo le capacità o le strategie di acquisizione di certi sistemi avanzati”.
L’amministrazione Trump ha stimato il costo complessivo del Golden Dome in circa 175 miliardi di dollari. Secondo i dati comunicati, il Pentagono ha già stanziato 17,6 miliardi per il 2026, 50 miliardi per il 2027 e 100 miliardi per il 2028. Tuttavia, fonti interne ammettono che il costo finale dipenderà in larga misura dalle ambizioni dettate dalla presidenza. Se, per esempio, Trump ordinasse che il sistema sia in grado di difendere contro 100 missili balistici simultaneamente, potrebbero essere necessari migliaia di satelliti. Questi dispositivi, essendo soggetti a decadimento orbitale, dovrebbero essere sostituiti regolarmente, con un ulteriore incremento dei costi.
Martedì, in un post pubblicato su Truth Social, Trump ha parlato di una possibile partecipazione del Canada al programma, precisando che il Paese potrebbe aderirvi pagando 61 miliardi di dollari oppure diventando il 51° stato degli Stati Uniti per accedervi gratuitamente. Non è stato chiarito come il presidente sia giunto a questa cifra. Secondo una delle fonti, l’ipotesi di coinvolgere il Canada è effettivamente circolata al Pentagono nei mesi scorsi, più in riferimento a una condivisione di dati satellitari e radar che a una vera e propria adesione finanziaria.
Il programma aveva inizialmente un altro nome: Moonshot. Così era stato battezzato dal consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. Ma il segretario alla difesa Pete Hegseth ha giudicato il nome poco adatto e ha proposto una classificazione in tre livelli – argento, oro e platino.