Trump riduce le critiche americane sui diritti umani in El Salvador, Israele e Russia

Le bozze dei nuovi rapporti del Dipartimento di Stato eliminano riferimenti a corruzione, violenze contro persone LGBTQ+ e abusi carcerari. L’amministrazione parla di “leggibilità”, ma emergono tagli politici e revisioni sostanziali.

Trump riduce le critiche americane sui diritti umani in El Salvador, Israele e Russia
White House

Bozze trapelate dei rapporti annuali del Dipartimento di Stato mostrano che l’amministrazione Trump sta preparando una forte revisione della tradizionale posizione statunitense in materia di diritti umani. I documenti, esaminati dal Washington Post, riguardano El Salvador, Israele e Russia, e presentano tagli significativi rispetto alle versioni precedenti redatte sotto la presidenza Biden.

I nuovi testi, redatti nel 2025 e ancora in fase di finalizzazione, risultano molto più brevi e meno critici. Sono state eliminate interamente le menzioni alla comunità LGBTQ+ e ai crimini contro le persone LGBTQ+, così come numerosi riferimenti ad abusi governativi, corruzione e violenza di genere. Secondo i dirigenti del Dipartimento di Stato, la nuova struttura mira a migliorare la “leggibilità” dei rapporti e a “rispondere meglio al mandato legislativo”.

Il caso di El Salvador è emblematico. Il rapporto per il 2024, in netto contrasto con quello relativo al 2023, sostiene che non ci sono state “segnalazioni credibili di gravi violazioni dei diritti umani”. La versione precedente, redatta sotto la presidenza Biden, documentava uccisioni extragiudiziali, torture e condizioni carcerarie estreme. Eppure, diversi cittadini venezuelani espulsi dagli Stati Uniti e detenuti in un carcere salvadoregno hanno denunciato pestaggi ripetuti.

Secondo il Washington Post, i rapporti riflettono una più ampia revisione strategica del ruolo degli Stati Uniti nella promozione dei diritti umani a livello internazionale. Le direttive interne distribuite ai diplomatici statunitensi chiedevano di attenersi strettamente ai requisiti minimi previsti dalla legge e agli ordini esecutivi firmati dal presidente Trump. Le istruzioni ordinavano di omettere riferimenti a reati legati alla corruzione, a crimini contro le donne e le persone LGBTQ+, e a rimpatri verso paesi in cui i soggetti rischiavano torture.

Tali linee guida sono state redatte da Samuel Samson, funzionario politico nominato da Trump. Samson è noto per aver scritto a maggio, sul Substack del Dipartimento di Stato, un testo critico verso l’Europa, accusata di censura digitale, migrazione incontrollata e restrizioni alla libertà religiosa.

I tagli più marcati si riscontrano nel rapporto su Israele, che è passato da oltre 100 pagine a sole 25. Spariscono riferimenti centrali al processo per corruzione del primo ministro Benjamin Netanyahu e alle riforme giudiziarie criticate per minare l’indipendenza del potere giudiziario. Non vi è alcuna menzione nemmeno delle tecnologie di sorveglianza impiegate per monitorare i movimenti dei palestinesi, incluse quelle segnalate da Amnesty International, come l’uso di sistemi di riconoscimento facciale.

Nel caso di Russia, viene del tutto ignorato il divieto imposto dalla Corte Suprema russa alle organizzazioni LGBTQ+, definite “estremiste”, e gli arresti e le perquisizioni che ne sono seguiti nel 2024. Keifer Buckingham, che fino a gennaio ha lavorato al Dipartimento di Stato su questi temi, ha definito “evidente” l’omissione e ha criticato duramente il segretario di Stato Marco Rubio. Secondo Buckingham, oggi dirigente presso il Council for Global Equality, l’amministrazione mostra interesse solo per i diritti umani “di alcune persone, in alcuni paesi, quando è conveniente”.

Durante la sua lunga permanenza al Senato, Rubio si era distinto per il suo impegno nella difesa dei diritti umani. Nel 2012 aveva elogiato i rapporti annuali del Dipartimento di Stato per il loro ruolo nel “mettere in luce il mancato rispetto dei diritti fondamentali da parte di governi stranieri”. Oggi, da segretario di Stato, ha supervisionato una revisione che ne ridimensiona portata e contenuti.

Questo cambio di rotta si inserisce in una visione più ampia della politica estera dell’amministrazione Trump, incentrata sulla sovranità nazionale più che sui diritti universali. A maggio, in un discorso pronunciato a Riyad, il presidente aveva criticato gli “interventisti occidentali” accusandoli di voler “dare lezioni su come vivere o governare”.

Il mutamento di approccio si riflette anche nella promozione della democrazia. In un cablogramma inviato a luglio, Rubio ha ordinato ai diplomatici di non commentare pubblicamente l’esito delle elezioni in altri paesi, a meno che non esista “un chiaro e rilevante interesse di politica estera degli Stati Uniti”. Si tratta di una rottura con le pratiche precedenti, incluse quelle adottate dallo stesso Rubio, che in passato aveva elogiato consultazioni in vari paesi come “libere e corrette”.

In controtendenza rispetto all’atteggiamento più morbido nei confronti di Israele, El Salvador e Russia, l’amministrazione ha intensificato le sanzioni contro il giudice della Corte Suprema brasiliana Alexandre de Moraes. Gli Stati Uniti lo accusano di “gravi abusi dei diritti umani”, tra cui detenzioni arbitrarie e limitazioni alla libertà di espressione, per il suo ruolo nelle indagini sull’ex presidente Jair Bolsonaro, sospettato di aver tentato un colpo di Stato nel 2022.

Le sanzioni contro de Moraes sono state annunciate dal Dipartimento del Tesoro invocando il Magnitsky Act, la legge che consente agli Stati Uniti di sanzionare individui stranieri accusati di corruzione o violazioni dei diritti umani. Il giudice ha replicato dichiarando che la corte non cederà alle pressioni straniere, ma ha comunque alleggerito alcune delle restrizioni agli arresti domiciliari imposti a Bolsonaro.

I rapporti annuali del Dipartimento di Stato sono compilati da diplomatici statunitensi da quasi cinquant’anni e rappresentano una delle fonti più autorevoli al mondo sullo stato dei diritti umani. Sono richiesti per legge dal Congresso e solitamente pubblicati tra marzo e aprile. Quelli per l’anno 2024 non sono ancora stati resi pubblici, anche se la maggior parte era già pronta al momento del passaggio di consegne tra le amministrazioni Biden e Trump.

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