Trump ridisegna la dottrina nucleare: Europa e Asia ripensano le proprie strategie
Germania, Giappone, Corea del Sud e Polonia valutano alternative per dotarsi di un ombrello nucleare dopo il percepito ritiro delle garanzie di sicurezza statunitensi.
Il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha innescato un profondo ripensamento della dottrina di sicurezza nucleare globale.
Il presidente americano ha avviato una revisione radicale della politica estera americana, abbandonando di fatto gli impegni unilaterali di proteggere gli alleati europei sotto il cosiddetto "ombrello nucleare" americano, una garanzia che dagli Anni '60 in poi aveva scoraggiato molti Paesi dall'acquisire armi nucleari proprie.
Questa svolta ha riacceso in diverse nazioni il dibattito sull'opportunità di dotarsi di propri arsenali nucleari.
Come riportato dal Financial Times, alcuni Paesi occidentali avanzati posseggono già le capacità tecniche necessarie per intraprendere questa strada, mentre altri si troverebbero ad affrontare ostacoli significativi.
Il Trattato di Non Proliferazione del 1968 riconosce ufficialmente cinque potenze nucleari: Stati Uniti, Russia (come successore dell'URSS), Cina, Regno Unito e Francia.
Oltre a questi, però, già oggi dispongono di armi nucleari anche altri Paesi come India, Pakistan, Corea del Nord ed Israele, sebbene quest'ultimo non lo riconosca ufficialmente.
Numerosi altri Paesi, tra cui Brasile, Egitto, Spagna, Svezia e Sudafrica, avevano avviato programmi nucleari militari nel dopoguerra, abbandonandoli successivamente per ragioni economiche o a seguito di pressioni politiche.
In Germania, il futuro cancelliere Friedrich Merz ha escluso categoricamente l'ipotesi di un arsenale nucleare tedesco, ma ha manifestato l'intenzione di investire in un programma nucleare civile che mantenga il Paese in uno "stato di soglia" - vale a dire tecnicamente capace di sviluppare armi nucleari in tempi relativamente brevi se necessario.
Parallelamente, Merz intende avviare negoziati con Francia e Regno Unito per essere incluso sotto il loro "ombrello nucleare", vista la ridotta affidabilità della protezione americana.
Il presidente francese Emmanuel Macron, che in passato aveva già proposto soluzioni simili, ha accolto con entusiasmo questa nuova apertura tedesca.
In Giappone, l'unico Paese al mondo ad aver subito bombardamenti nucleari, l'idea di dotarsi di armi atomiche rimane un tabù discusso solo in ristretti circoli di estremisti di destra.
Tale prospettiva sarebbe difficilmente conciliabile con l'Articolo 9 della Costituzione giapponese, che sancisce la rinuncia permanente al diritto sovrano di condurre guerre.
Il Paese dispone comunque già di una significativa infrastruttura nucleare civile, con 13 reattori operativi su sei centrali elettriche e altri 20 pronti all'avvio, oltre a scorte di plutonio potenzialmente sufficienti per migliaia di bombe nucleari.
La Corea del Sud, a differenza del Giappone, non possiede lo "stato di soglia" né dispone di materiali nucleari in quantità sufficiente per un rapido sviluppo di un arsenale nucleare.
Il Ministro degli Esteri Cho Tae-yul ha tuttavia recentemente dichiarato davanti al parlamento che il Paese deve prepararsi a tutti gli scenari possibili, senza escludere a priori l'acquisizione di armi nucleari.
Tornando in Europa, particolarmente entusiasta riguardo all'opzione nucleare appare invece la Polonia.
Il Primo Ministro Donald Tusk ha affermato all'inizio di marzo che il suo Paese necessita di armi nucleari per difendersi da una possibile aggressione russa, siano esse proprie o francesi.
Il presidente Andrzej Duda preferisce invece l'opzione del dispiegamento di armi nucleari americane sul territorio polacco.
Gli esperti concordano però che la Polonia impiegherebbe decenni per sviluppare un proprio arsenale nucleare, considerando anche l'assenza di un settore avanzato di energia nucleare civile nel Paese.
Tutto questo dimostra, comunque, che la nuova postura americana segna una svolta rispetto alla strategia che per decenni ha garantito la stabilità dell'ordine mondiale nucleare.
Se da un lato la dottrina Trump rappresenta un significativo passo indietro negli impegni storici americani, dall'altro sta spingendo le potenze alleate europee, con la Francia in prima linea, ed asiatiche a riflettere su un sistema di difesa nucleare continentale più autonomo dagli Stati Uniti.