Trump riceve promesse di investimenti per oltre mille miliardi in Medio Oriente
Il presidente statunitense torna in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati per rafforzare i legami economici. Escluso Israele dal tour, tensioni su Gaza e Siria

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha concluso il suo primo viaggio internazionale dopo il ritorno alla Casa Bianca, ottenendo promesse di investimenti per oltre mille miliardi di dollari da parte di Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. La visita in Medio Oriente, conferma la centralità degli interessi economici nella politica estera dell’amministrazione Trump.
Il tour ha segnato la ripresa di una prassi già vista durante il primo mandato, con il Medio Oriente scelto come prima destinazione estera in controtendenza rispetto alla tradizione che predilige partner democratici come Canada o Regno Unito. Il presidente ha incontrato i leader dei principali paesi del Golfo, negoziando intese commerciali e di investimento di proporzioni storiche.
Il Qatar si è impegnato a realizzare investimenti per oltre 240 miliardi di dollari, cifra che include un contratto tra Qatar Airways e Boeing per l’acquisto di 210 aerei, dal valore complessivo di 96 miliardi. Dall’Arabia Saudita sono arrivati accordi per un totale di 600 miliardi, tra cui forniture militari per 142 miliardi. Gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato ulteriori investimenti per 200 miliardi.
A queste intese si affiancano nuovi piani dei fondi sovrani arabi per rafforzare la presenza economica negli Stati Uniti. Il Qatar ha previsto investimenti per 500 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, mentre gli Emirati hanno presentato un piano quadro da 1.400 miliardi di dollari.
La visita è stata però accompagnata da polemiche legate a un dono personale ricevuto da Trump: un aereo di lusso del valore di 400 milioni di dollari, offerto dal Qatar. Il gesto ha sollevato accuse di corruzione, alimentando il dibattito sui legami finanziari tra il presidente e i paesi del Golfo. Tra i due mandati di Trump, diverse aziende riconducibili alla sua famiglia hanno concluso accordi multimilionari nella regione, e ulteriori intese sarebbero state siglate all'inizio del secondo mandato.
Un altro elemento rilevante del viaggio è stata la mancata tappa in Israele, che segnala un possibile deterioramento dei rapporti tra Washington e il governo di Benjamin Netanyahu. La frattura si innesta sul conflitto in corso a Gaza: mentre Israele prosegue le operazioni militari contro Hamas, Trump ha ribadito la volontà di porre rapidamente fine alla guerra, generando frizioni tra le due amministrazioni.
La distanza era già emersa lo scorso 6 maggio, quando la Casa Bianca ha annunciato la fine dell’operazione militare statunitense contro i ribelli Houthi nello Yemen, senza preavvisare Israele, nonostante i lanci di missili contro il suo territorio da parte degli stessi Houthi.
Durante la tappa in Arabia Saudita, Trump ha inoltre incontrato il presidente siriano Ahmad al Sharaa, comunicando la revoca delle sanzioni economiche statunitensi contro la Siria. Secondo fonti diplomatiche, Damasco avrebbe espresso apertura verso l’adesione agli Accordi di Abramo, il quadro di normalizzazione dei rapporti con Israele promosso da Trump durante il primo mandato.
Nel corso della missione, il presidente americano ha anche rinnovato l’impegno nelle ricerche di Austin Tice, giornalista statunitense rapito in Siria nel 2012. Nei giorni precedenti al viaggio erano circolate indiscrezioni sul possibile ritrovamento dei suoi resti, successivamente smentite dalla famiglia.
La visita in Medio Oriente è stata preceduta da un gesto definito di “buona volontà” da parte di Hamas, che ha rilasciato l’ostaggio Idan Alexander, soldato israeliano con doppia cittadinanza israelo-americana. Era emerso a marzo che gli Stati Uniti avevano avviato negoziati diretti con Hamas per ottenere la liberazione del prigioniero, senza coinvolgere le autorità israeliane.
Il viaggio ha così messo in evidenza il doppio binario della politica estera di Trump: da un lato il rafforzamento dei legami economici con le monarchie del Golfo, dall’altro una crescente distanza strategica da Israele, resa evidente dalla mancata visita, dalla gestione del dossier siriano e dai piani sulla Striscia di Gaza.