Trump revoca le sanzioni contro la Siria
Il presidente firma un decreto che smantella il regime sanzionatorio statunitense contro Damas dopo la caduta del vecchio regime. Le restrizioni restano in vigore per l’ex presidente siriano e i suoi collaboratori.

Donald Trump ha ufficializzat la revoca della maggior parte delle sanzioni statunitensi contro la Siria. Con un decreto firmato a porte chiuse, il presidente ha dato seguito all'annuncio già anticipato durante una visita a Ryad lo scorso 13 maggio, segnando una tappa rilevante nel processo di normalizzazione tra Washington e Damasco dopo la caduta di Bachar al Assad.
Il decreto, accompagnato da una dichiarazione della portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, sottolinea l’intento dell’amministrazione di «promuovere e sostenere il cammino del Paese verso la stabilità e la pace». Leavitt ha confermato che la firma è avvenuta dopo un’attenta valutazione delle «misure positive» adottate dalle nuove autorità siriane.
Il 14 maggio, il presidente Trump aveva incontrato a Ryad Ahmed al Sharaa, presidente ad interim della Siria e figura di spicco della coalizione ribelle guidata dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Cham (HTS), responsabile della destituzione del presidente Assad nel dicembre 2024. Dopo questo colloquio, Washington ha gradualmente smantellato l’impianto sanzionatorio, favorendo il reinserimento della Siria nel sistema finanziario internazionale e incoraggiando investimenti stranieri nel Paese.
Un elemento centrale del nuovo orientamento è stato l’allentamento della cosiddetta “legge César” del 2020, che imponeva sanzioni severe contro qualsiasi entità che avesse legami economici con il governo Assad. Il Dipartimento di Stato ha concesso un’esenzione per facilitare l’intervento umanitario e la ricostruzione, in linea con l’obiettivo dichiarato di favorire il ritorno della Siria alla normalità.
Il decreto firmato da Trump smantella anche la dichiarazione di “emergenza nazionale” risalente al 2004, uno dei pilastri legali delle sanzioni contro Damasco. Le sanzioni americane erano iniziate nel 1979, intensificate in modo significativo dopo il 2011 in risposta alla repressione violenta delle proteste da parte del regime di Assad, che diedero inizio alla guerra civile.
La reazione da parte delle nuove autorità siriane non si è fatta attendere. Assaad al Chibani, capo della diplomazia di Damasco, ha definito su X (ex Twitter) la decisione americana «un momento di svolta». Il ministro ha affermato che la revoca delle sanzioni «apre le porte della ricostruzione, dello sviluppo e della riabilitazione delle infrastrutture», creando le condizioni per un «ritorno dignitoso e sicuro dei rifugiati siriani».
Nonostante l’apertura, restano in vigore le misure contro l’ex presidente Assad, attualmente rifugiato in Russia. Il decreto mantiene le restrizioni anche per i suoi stretti collaboratori, per chi è stato ritenuto responsabile di gravi violazioni dei diritti umani, per i trafficanti di droga e per i soggetti collegati all’Stato islamico.
Il segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno valutando un possibile ritiro della Siria dalla lista dei “Paesi sponsor del terrorismo”, senza però fissare alcuna scadenza. Rubio ha anche precisato che verranno esaminate le designazioni di HTS e del presidente ad interim al Sharaa come “terroristi globali specificamente designati”, lasciando aperta la porta a una possibile revisione.
La mossa di Washington si inserisce in un contesto più ampio di riallineamenti geopolitici in Medio Oriente. Il ministro degli esteri israeliano Gideon Saar ha manifestato interesse per una possibile normalizzazione dei rapporti con la Siria e con il Libano, nel quadro degli Accordi di Abramo del 2020. Quegli accordi, promossi dallo stesso Trump durante il suo primo mandato, avevano portato alla formalizzazione delle relazioni tra Israele e alcuni Paesi arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan.
In questa prospettiva, l’inviato americano per la Siria Tom Barrack ha sottolineato come le recenti operazioni militari israeliane contro l’Iran abbiano aperto una «finestra di opportunità» senza precedenti nella regione. Secondo Barrack, il nuovo scenario potrebbe favorire la riconfigurazione dei rapporti diplomatici e di sicurezza in Medio Oriente, rafforzando il ruolo della Siria post-Assad come attore legittimo e collaborativo.