Trump punta sulle criptovalute: no al dollaro digitale federale, sì ai stablecoin private
Il presidente americano ha firmato un decreto per fare degli USA la "capitale mondiale" delle criptovalute, privilegiando le stablecoin private rispetto a una valuta digitale della Fed. Il piano include una riserva strategica di bitcoin.

Donald Trump nei giorni scorsi ha firmato un decreto esecutivo sul "rafforzamento della leadership americana nella tecnologia finanziaria digitale", delineando una visione che privilegia il settore privato rispetto all'intervento statale.
Il decreto punta a facilitare l'accesso di cittadini e imprese alle blockchain, escludendo però categoricamente la creazione di una moneta digitale controllata dalla banca centrale. Secondo l'amministrazione Trump, una valuta digitale emessa dalla Federal Reserve rischierebbe di compromettere "la stabilità del sistema finanziario, la privacy individuale e la sovranità degli Stati Uniti".
La Casa Bianca punta invece sulle stablecoin, criptovalute "di seconda generazione" ancorate a riserve di attivi tradizionali. L'USDC, una delle principali stablecoin esistenti, ha già raggiunto una capitalizzazione di 52 miliardi di dollari grazie al suo fondo di garanzia in buoni del Tesoro. "Circle, l'azienda che ha creato l'USDC, era nella posizione ideale per offrire una stablecoin sottoposta a regolamentazione", spiega Nathalie Janson, professoressa di economia alla Neoma Business School. "Il team di Trump ha probabilmente valutato che creare una nuova moneta digitale federale sarebbe stato troppo complicato, preferendo quindi appoggiarsi a una soluzione privata già esistente e di successo".
Il decreto prevede anche la creazione di un gruppo di lavoro sui mercati degli asset digitali, che avrà sei mesi per presentare proposte di riforme, inclusa la creazione di una "riserva nazionale di asset digitali". Su quest'ultimo punto, la senatrice repubblicana Cynthia Lummis ha già depositato un progetto di legge dettagliato, il "Bitcoin Act", che prevede l'acquisto di un milione di bitcoin in cinque anni.
Il finanziamento di questi acquisti, stimati in oltre 100 miliardi di dollari, dovrebbe provenire in parte dai profitti della Fed e dalla rivalutazione delle sue riserve auree. Una proposta che gli economisti non vedono particolarmente bene.
Ancora più controversa è la scelta di affidare la gestione della riserva direttamente al Tesoro anziché alla banca centrale. "È chiaramente una violazione dell'indipendenza della banca centrale", sottolinea Odile Lakomski-Laguerre, professoressa di economia all'Università di Picardie-Jules-Verne. "È un modo per aggirare la Fed e indebolirla".