Trump propone un incentivo da 1.000 dollari per incoraggiare il rimpatrio volontario degli immigrati irregolari
L’amministrazione statunitense prevede di coprire i costi di trasporto e di offrire un bonus in denaro a chi sceglie di lasciare volontariamente il Paese. L’obiettivo dichiarato è ridurre i costi di espulsione di circa il 70%.

L’amministrazione del presidente Donald Trump ha annunciato, lunedì 5 maggio, l’avvio di un nuovo programma destinato agli immigrati irregolari negli Stati Uniti: un incentivo economico di 1.000 dollari sarà erogato a coloro che accetteranno di “autoespellersi”, ovvero di rientrare volontariamente nel proprio Paese d’origine. A darne notizia è stato il Department of Homeland Security (DHS), precisando che il contributo sarà versato solo dopo l’effettivo ritorno nel Paese d’origine del beneficiario.
Secondo il comunicato ufficiale del DHS, oltre al versamento della somma in denaro, il governo federale si farà carico delle spese di trasporto per il rientro. L’obiettivo principale del programma, secondo le autorità, è quello di ridurre sensibilmente i costi associati alle espulsioni forzate. “Questa procedura permetterà di abbattere i costi di un’espulsione di circa il 70%”, si legge nella nota del ministero. Attualmente, il costo medio stimato per l’arresto, la detenzione e l’espulsione forzata di un immigrato irregolare si aggira sui 17.121 dollari, pari a circa 15.148 euro.
La segretaria della sicurezza interna, Kristi Noem, ha descritto l’autoespulsione come “il modo più sicuro ed economico per lasciare gli Stati Uniti ed evitare l’arresto”. Il processo di adesione al programma dovrà essere effettuato tramite l’applicazione CBP Home, specifica ancora il ministero, che lo definisce “una modalità dignitosa di lasciare gli Stati Uniti”.
Parlando con i giornalisti alla Casa Bianca, il presidente Trump ha chiarito l’intento politico alla base dell’iniziativa, spiegando che per alcune delle persone che opteranno per l’autoespulsione potrebbe esserci in futuro la possibilità di tornare legalmente negli Stati Uniti. “Daremo loro una certa somma e organizzeremo un bel volo di ritorno verso il loro Paese”, ha dichiarato il presidente. “Collaboreremo con loro affinché, magari un giorno, possano tornare, se si tratta di persone per bene, del tipo che vogliamo nel nostro Paese”.
Il DHS ha comunicato che una persona proveniente dall’Honduras ha già usufruito del programma per tornare nel proprio Paese. Non sono stati resi noti ulteriori dettagli su quanti immigrati potrebbero essere interessati dal provvedimento né su quali criteri verranno applicati per determinare l’idoneità alla partecipazione.
Il presidente aveva promesso in campagna elettorale di mettere in atto “la più grande operazione di espulsioni della storia del Paese”. In questo quadro, l’autoespulsione finanziata rappresenta un ulteriore strumento a disposizione dell’esecutivo per ridurre il numero di presenze irregolari sul territorio nazionale.
Trump ha più volte fatto riferimento a un’“invasione” da parte di “criminali stranieri” e ha ordinato diverse espulsioni mediaticamente rilevanti. Tra queste, spicca quella di oltre 250 persone, in gran parte cittadini venezuelani, trasferite in El Salvador sulla base di una legge risalente al XVIII secolo e di un accordo bilaterale recentemente siglato con questo Paese dell’America centrale.
Queste espulsioni hanno provocato tensioni con il potere giudiziario statunitense, che in alcune occasioni ha contestato la legalità delle modalità adottate dal governo. Il programma di autoespulsione si presenta dunque anche come un possibile mezzo per aggirare tali ostacoli legali, presentando l’uscita dal Paese come una scelta volontaria da parte degli interessati.