Trump potrebbe ritirarsi dai negoziati sulla guerra in Ucraina: crescono le preoccupazioni tra Kyiv e l’Europa
Secondo il Financial Times, il presidente americano sarebbe pronto ad abbandonare il processo di pace in mancanza di risultati immediati. Vance avverte sul rischio nucleare, mentre l’Ucraina si prepara a fare da sola.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sarebbe prossimo a interrompere la partecipazione americana ai negoziati di pace per la guerra russo-ucraina. È quanto riferiscono diversi funzionari ucraini ed europei, citati il 28 aprile dal Financial Times. Le fonti, coinvolte direttamente nelle trattative, hanno espresso il timore che Trump possa sfruttare l’assenza di “progressi significativi” per giustificare il disimpegno di Washington dal processo diplomatico.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, l’Amministrazione statunitense starebbe valutando l’idea di ritenere sufficienti anche risultati minimi ottenuti nel breve termine, così da poter dichiarare chiuso il proprio coinvolgimento e lasciare la questione interamente nelle mani dell’Ucraina e dei partner europei.
“I funzionari americani hanno iniziato a preoccuparsi che i negoziati con la Russia non porteranno a nulla”, ha dichiarato al quotidiano finanziario una delle fonti. Sempre secondo queste ricostruzioni, Washington avrebbe cominciato a proporre soluzioni compatibili con tempistiche molto ristrette, imposte direttamente dal presidente Trump.
Un funzionario europeo, rimasto anonimo, ha aggiunto che il presidente “sta creando una situazione in cui si dà un pretesto per andarsene e lasciare tutto nelle mani dell’Ucraina e nostre [dell’Europa]”.
A contribuire al possibile cambiamento di linea della Casa Bianca sarebbe anche la posizione del presidente russo Vladimir Putin, giudicata troppo rigida. In particolare, Mosca avrebbe respinto alcune richieste chiave avanzate dagli Stati Uniti e da Kyiv, come quella di mantenere un esercito ucraino numericamente rilevante anche dopo la fine del conflitto.
La possibile uscita degli Stati Uniti dai negoziati rappresenterebbe indubbiamente un ulteriore punto di svolta nelle dinamiche del conflitto russo-ucraino.
La posizione degli Stati Uniti
Il Segretario di Stato Marco Rubio ha definito la settimana compresa tra il 28 aprile e il 4 maggio come “di importanza critica” per i negoziati. Pur evitando di indicare una data precisa per un eventuale accordo, Rubio ha ribadito che gli Stati Uniti sono pronti a ritirarsi dal tavolo delle trattative qualora non si registrassero progressi concreti entro tempi brevi. Una simile dichiarazione era già stata espressa all’inizio di aprile.
Da parte sua, il presidente Trump ha confermato l’esistenza di una scadenza, seppur senza specificare il termine, entro la quale le parti coinvolte dovranno raggiungere un’intesa.
Nel frattempo, il vicepresidente J.D. Vance, intervenuto in un’intervista telefonica con il podcaster conservatore Charlie Kirk, ha ribadito la posizione dell’Amministrazione: l’Ucraina, secondo lui, non ha possibilità di vincere un conflitto prolungato, il quale comporterebbe danni demografici catastrofici e rischierebbe addirittura di “trasformarsi in una guerra nucleare”.
Riferendosi ai primi 100 giorni della presidenza Trump, Vance ha affermato che sono stati compiuti “progressi significativi” rispetto agli anni precedenti.
“I russi e gli ucraini hanno smesso di combattere? No. Ma abbiamo certamente ottenuto più progressi in tre mesi che nei tre anni precedenti”.
Vance ha poi sottolineato come anche Kyiv, Mosca e le cancellerie europee abbiano riconosciuto — pur in alcuni casi con riluttanza — i risultati raggiunti grazie alla diplomazia americana.
Le risposte di Kyiv e Mosca
Secondo il Financial Times, in previsione di un possibile disimpegno americano, l’Ucraina avrebbe già avviato iniziative per ridurre la propria dipendenza da Washington. Tra le misure intraprese, l’aumento della produzione interna di armamenti e l’intensificazione del dialogo con i partner europei in merito ai futuri aiuti militari ed economici.
Non è tuttavia chiaro se un’eventuale uscita degli Stati Uniti dai negoziati comporterà anche la cessazione dello scambio di informazioni d’intelligence, come già avvenuto temporaneamente a marzo.
Da Mosca, invece, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che un cessate il fuoco sarà possibile solo se verranno considerate alcune “sfumature” menzionate in precedenza da Putin.
“Parlando di una cessazione prolungata delle ostilità, sono importanti proprio quelle sfumature di cui il presidente Putin ha parlato al Cremlino. Senza risposta a queste domande, è difficile accettare un simile armistizio a lungo termine”.
Sul piano diplomatico, il Cremlino ha ribadito l’intenzione di aprire un canale di negoziato diretto con Kyiv, ritenendo la questione della legittimità di Zelensky secondaria rispetto alla necessità di avviare un percorso di risoluzione pacifica.
Rispondendo a una domanda di un corrispondente dell’agenzia TASS, Peskov ha dichiarato:
“Effettivamente, ci sono questioni di natura legale relative alla legittimità [di Zelensky come presidente, ndr]. Ma in questo caso, gli interessi di avviare un processo di risoluzione pacifica sono al di sopra di tutto. La priorità è iniziare questo processo negoziale. Tutto il resto è di importanza secondaria”.