Trump nomina Stephen Miran nominato alla Federal Reserve
Difensore dei dazi e della riduzione dei tassi, Miran rappresenta la svolta ideologica di Trump nella gestione della politica monetaria statunitense
Il presidente Donald Trump ha nominato Stephen Miran, suo consigliere economico e figura chiave della sua amministrazione, al consiglio dei governatori della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti. La nomina, annunciata il 7 agosto, è destinata a occupare temporaneamente il seggio lasciato vacante da Adriana Kugler, ex componente democratica dimissionaria. Miran, 41 anni, economista formatosi tra Boston University e Harvard, potrebbe partecipare già a settembre al voto sulla possibile riduzione dei tassi d’interesse.
Sebbene la nomina sia formalmente soggetta alla conferma del Senato e limitata fino a dicembre, apre un nuovo capitolo nelle tensioni tra la Casa Bianca e la Federal Reserve, istituzione centrale per la stabilità del dollaro e dell’economia globale. Il presidente Trump, infatti, ha più volte attaccato il presidente della Fed, Jerome Powell, reo – secondo lui – di mantenere i tassi troppo alti e di ostacolare la crescita americana.
Powell, nominato a suo tempo proprio da Trump, è diventato bersaglio frequente dei post pubblicati dal presidente su Truth Social, dove viene spesso definito “Jerome in ritardo Powell”. Trump lo accusa di collusione con l’amministrazione democratica precedente, malgrado l’appartenenza repubblicana del banchiere centrale. Più volte il presidente ha ventilato l’ipotesi di rimuoverlo prima della scadenza del mandato, fissata per l’estate 2026, ma finora ha preferito non procedere, anche per non turbare ulteriormente i mercati, sensibili all’indipendenza della banca centrale.
La nomina di Miran si inserisce dunque in una strategia più sottile: non uno scontro diretto con Powell, ma una pressione crescente dall’interno del consiglio dei governatori. Il presidente avrebbe potuto attendere l’autunno per proporre un successore, ma l’improvvisa uscita di scena di Kugler ha offerto un’occasione immediata. Inizialmente si era fatto il nome di Scott Bessent, attuale segretario al Tesoro, ma secondo Trump lo stesso Bessent avrebbe declinato l’offerta.
Miran si è distinto all’interno della galassia MAGA soprattutto dopo la pubblicazione, nel novembre 2024, di un documento strategico per la ristrutturazione del commercio mondiale. In esso difende l’uso dei dazi – strumento già attivo nella politica dell’amministrazione Trump – sostenendo che gli effetti inflazionistici sarebbero limitati. Ma è soprattutto la sua visione del dollaro a destare attenzione e preoccupazione a livello internazionale.
Secondo Miran, il dollaro sarebbe sopravvalutato a causa del suo status di valuta di riserva globale. A differenza della visione tradizionale, che considera questo ruolo come un “privilegio exorbitante” per gli Stati Uniti, Miran lo interpreta come un fardello che penalizza l’economia nazionale. Tra le soluzioni proposte nel documento vi sono gli accordi di Mar-a-Lago, che vincolerebbero altri Stati a detenere dollari secondo condizioni imposte da Washington, o la ristrutturazione unilaterale del debito in mano straniera da breve a lunghissimo termine. Per molti osservatori, si tratterebbe nei fatti di un default selettivo, le cui conseguenze internazionali sarebbero imprevedibili.
La prossima riunione della Fed, in programma per settembre, sarà il primo banco di prova per Miran. La banca centrale ha finora mantenuto un approccio prudente, lasciando i tassi fermi tra il 4,25% e il 4,5% nell’ultima riunione del 30 luglio. Due membri del consiglio – Michelle Bowman e Christopher Waller, entrambi nominati da Trump – hanno tuttavia espresso dissenso, segnalando un orientamento più espansivo.
Il contesto economico negli Stati Uniti sta evolvendo rapidamente. I dati pubblicati il 1° agosto mostrano un deciso rallentamento nella creazione di posti di lavoro negli ultimi tre mesi, elemento che potrebbe giustificare una riduzione dei tassi per stimolare l’economia. Tuttavia, questa manovra comporta rischi inflazionistici, proprio mentre gli effetti dei dazi imposti da Trump iniziano a manifestarsi. La Fed si trova quindi al centro di un dilemma: sostenere l’occupazione o contenere i prezzi.
In questo quadro complesso, Stephen Miran arriva alla Federal Reserve con un mandato politico preciso e una linea economica ben delineata: promuovere la riduzione dei tassi e allineare la politica monetaria alle strategie economiche della Casa Bianca. La sua presenza al tavolo dei governatori rafforza il peso dell’amministrazione all’interno dell’istituzione e potrebbe preludere a ulteriori cambiamenti, specie se Trump decidesse di sostituire Jerome Powell alla scadenza del mandato.