Trump minaccia nuovamente la Danimarca se non cederà la Groenlandia agli Stati Uniti
A seguito di una difficile telefonata di tre quarti d’ora con la premier danese Mette Frederiksen, Donald Trump si è mostrato “deciso” e “pronto” a forzare la mano per ottenere il controllo della Groenlandia.
L’impatto di questa presa di posizione rischia di aggravare le tensioni transatlantiche proprio mentre i Paesi alleati della NATO cercano di mantenere un fronte unito sul delicato scenario artico.
La Groenlandia, pur essendo un territorio autonomo legato alla Danimarca, è diventata una pedina cruciale nella partita per l’Artico.
Da un lato, nuove rotte commerciali si stanno aprendo a causa dello scioglimento dei ghiacci; dall’altro, la regione è ricca di risorse minerarie ancora in gran parte da sfruttare.
In questo contesto, Stati Uniti, Cina e Russia hanno avviato manovre di avvicinamento—economiche, politiche e militari—per assicurarsi una posizione privilegiata.
Donald Trump, già durante il suo primo mandato, aveva espresso un interesse “strategico” verso l’isola, ma adesso sembrerebbe deciso a portare avanti l’idea di un’acquisizione vera e propria, sollevando la possibilità di misure commerciali punitive qualora la Danimarca si opponesse.
Secondo quanto filtrato da funzionari europei ben informati sulla vicenda che ne hanno parlato al Financial Times, la telefonata tra Trump e Frederiksen è stata caratterizzata da toni piuttosto duri.
La premier danese avrebbe ribadito che la Groenlandia non è in vendita, pur manifestando disponibilità a potenziare la cooperazione militare e a favorire investimenti statunitensi nel settore minerario.
Tuttavia, la risposta di Trump—stando alle stesse fonti—avrebbe assunto toni molto “duri”, al punto da minacciare direttamente dazi contro la Danimarca e persino alludere all’ipotesi di una opzione militare per garantire l’acquisizione della Groenlandia.
Un’eventualità che in Europa desta preoccupazione, e che Copenhagen non considera nemmeno contemplabile.
Diversi analisti politici contattati dal Financial Times vedono in queste mosse la conferma che il presidente statunitense sia pronto a tutto per contrastare l’influenza russa e cinese nel circolo polare artico.
Gli Stati Uniti considerano sicuramente da sempre la Groenlandia una piattaforma avanzata di difesa e un avamposto cruciale per eventuali rotte navali e commerciali nell’Artico.
Allo stesso tempo il governo groenlandese, guidato dal premier Múte Egede, ha più volte sottolineato il desiderio di raggiungere una piena indipendenza, smarcandosi però allo stesso tempo tanto da Copenaghen quanto dalle mire espansioniste di Washington.
Al contempo, Egede non ha chiuso la porta agli investimenti esteri, soprattutto per sfruttare le potenzialità in settori come l’estrazione mineraria e il turismo.
Sta di fatto che la premier danese Mette Frederiksen, dopo la telefonata incriminata, ha incontrato i vertici delle principali aziende danesi, consapevole che un inasprimento dei rapporti con gli Stati Uniti potrebbe tradursi in sanzioni economiche o dazi doganali mirati.
Tale scenario rischia di creare un effetto domino anche per l’Unione Europea, già impegnata in contrasti commerciali con l’amministrazione statunitense su vari fronti.
Molti in Europa speravano inizialmente che le dichiarazioni di Trump fossero più che altro un gioco di posizionamento negoziale; la telefonata con Frederiksen, però, ha cementato i timori che il presidente americano intenda portare avanti sul serio il suo progetto.
Il governo danese è già al lavoro per trovare una linea comune all’interno dell’Unione Europea, ben consapevole che la posta in gioco supera i confini del Regno.
L’unica cosa sicura al momento è pero che l’Artico sta tornando ad essere sempre di più un campo di battaglia politico, economico e strategico, anche a rischio di pericolose crepe nell’Allesenza transatlantica proprio quando avrebbe più bisogno di unità.