Trump mette a rischio la maggioranza repubblicana al Senato per il 2026

Il presidente ha criticato duramente il repubblicano Thom Tillis per il suo voto contrario sul disegno di legge di riconciliazione del budget. Tillis ha annunciato il ritiro dalle elezioni del 2026. Il Wall Street Journal avverte: si aprono spazi per i democratici.

Trump mette a rischio la maggioranza repubblicana al Senato per il 2026
Photo by Darren Halstead / Unsplash

Il presidente Donald Trump ha attaccato pubblicamente il senatore repubblicano Thom Tillis del North Carolina, reo di essersi opposto alla proposta di legge di riconciliazione del budget in discussione al Senato. L’escalation di critiche ha spinto Tillis ad annunciare che non si ricandiderà alle elezioni del 2026. Il Wall Street Journal, in un editoriale firmato dal suo Editorial Board, ha definito la scelta del presidente “un errore politico” che “mette la sua presidenza a rischio” e apre “nuove opportunità per i democratici”.

L’episodio è scoppiato domenica, subito dopo l’approvazione, seppur risicata, del voto per avviare il dibattito sul disegno di legge. I leader repubblicani erano riusciti a convincere un numero sufficiente di senatori riluttanti, portando il provvedimento a superare la soglia necessaria con 51 voti favorevoli e 49 contrari. Tra i contrari, due senatori repubblicani: Rand Paul del Kentucky e Thom Tillis del North Carolina.

Nonostante il successo numerico, il presidente Trump non ha accolto la votazione come una vittoria. Al contrario, ha rivolto parole durissime verso i due dissidenti del suo partito, in particolare Tillis. In tre diversi post pubblicati su Truth Social, il presidente ha definito Tillis “un traditore”, “uno che parla e si lamenta” e lo ha bersagliato con ulteriori insulti. Trump ha inoltre lanciato un messaggio chiaro: sosterrà attivamente un candidato alternativo nelle primarie repubblicane per il Senato in North Carolina nel 2026.

“Numerose persone si sono fatte avanti volendo candidarsi nelle primarie contro il ‘senatore Thom’ Tillis”, ha scritto Trump. “Le incontrerò nelle prossime settimane, cercando qualcuno che rappresenti adeguatamente i grandi cittadini del North Carolina”.

A seguito degli attacchi, Tillis ha annunciato che non si ricandiderà. Secondo l’Editorial Board del Wall Street Journal, anche se il senatore stava già valutando il ritiro, la sua decisione, arrivata all’indomani delle pressioni presidenziali, rappresenta un indebolimento per il partito. Il seggio da lui lasciato diventa infatti contendibile, aumentando le possibilità per i democratici di ottenere una maggioranza al Senato nel 2026.

Attualmente, i repubblicani detengono una maggioranza di 53 seggi contro i 47 dei democratici. Tuttavia, diversi seggi sono considerati a rischio. Nel Maine, la senatrice Susan Collins potrebbe affrontare una corsa difficile se decidesse di ricandidarsi. In Iowa, i democratici puntano alla senatrice Joni Ernst. In Texas, il procuratore generale Ken Paxton ha annunciato la sua candidatura contro il senatore in carica John Cornyn. L’Editorial Board del Wall Street Journal ha espresso preoccupazione per questa sfida interna, definendo Paxton “l’unico repubblicano che potrebbe perdere in Texas”, citando la sua lunga storia di “molestie alle imprese con cause legali, impeachment e altri imbarazzi”.

Secondo l’editoriale, con la partenza di Tillis e altre vulnerabilità in arrivo, il controllo del Senato nel 2026 appare più incerto. Le opportunità per i repubblicani di guadagnare nuovi seggi sono poche, mentre le possibilità di perdere terreno aumentano.

Alla Camera, sabato scorso il deputato repubblicano Don Bacon ha annunciato che non si ricandiderà per il suo seggio nel distretto di Omaha, considerato un collegio oscillante. Anche in questo caso, secondo il Wall Street Journal, si tratta di un’occasione concreta di guadagno per i democratici.

Nella stessa analisi, il giornale critica anche Tillis e Bacon per aver fatto eco agli attacchi democratici contro quelle che definisce “molto modeste modifiche al Medicaid” contenute nel disegno di legge repubblicano. Tuttavia, l’editoriale attribuisce una parte significativa di responsabilità anche alla leadership del GOP e al presidente, accusati di “non essere riusciti a fare il caso morale e fiscale per quelle riforme”.

La preoccupazione principale espressa dal giornale riguarda le conseguenze a lungo termine di queste dinamiche. Se i repubblicani dovessero perdere la Camera nel 2026, le loro riforme legislative avrebbero poche possibilità di andare avanti. Ma se i democratici conquistassero anche il Senato, scrive l’Editorial Board, “sarà impossibile confermare un altro giudice della Corte Suprema”. In tale scenario, conclude l’editoriale, “la presidenza Trump sarà morta in acqua”.

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