Trump lancia un'operazione antiterrorismo contro il narcotraffico

Un’operazione militare statunitense ha distrutto un’imbarcazione partita dal Venezuela con undici persone a bordo, tutte uccise. L’amministrazione giustifica l’azione qualificando i cartelli della droga come gruppi terroristici.

Trump lancia un'operazione antiterrorismo contro il narcotraffico

Un’operazione militare statunitense nel sud dei Caraibi ha sollevato forti critiche a livello internazionale. Un’imbarcazione partita dal Venezuela e sospettata di trasportare droga è stata colpita dall’esercito americano il 2 settembre, causando la morte di tutte le undici persone a bordo. L’azione, annunciata dal presidente Donald Trump su Truth Social, è stata presentata come parte di una nuova strategia che assimila i cartelli del narcotraffico a organizzazioni terroristiche.

Secondo la Casa Bianca, la barca apparteneva al cartello venezuelano Tren de Aragua, descritto come “narcoterrorista” e operante sotto il controllo del presidente Nicolas Maduro. Trump ha rivendicato l’operazione affermando che gli individui colpiti erano membri di questa rete criminale. Tuttavia, non sono state fornite prove né sul carico di droga né sull’effettiva appartenenza delle vittime a gruppi criminali.

Il segretario di Stato Marco Rubio, in visita a Quito, ha sintetizzato l’approccio dell’amministrazione: “Il presidente vuole fare la guerra a questi gruppi perché ci fanno la guerra da trent’anni e nessuno ha risposto”. Oltre al Tren de Aragua, gli Stati Uniti hanno recentemente incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche anche MS13, Los Lobos e Los Choneros in Ecuador.

Questa ridefinizione del concetto di terrorismo suscita forti perplessità tra gli esperti di diritto internazionale. La professoressa Mary Ellen O’Connell, dell’Università di Notre-Dame, ha ricordato che il diritto alla vita non può essere sospeso per ragioni di convenienza: “La legge non dice di rispettare il diritto alla vita fino a quando diventa scomodo, è una norma assoluta. Dire l’inverso è una bancarotta morale”.

Il professore Harold Hongju Koh, della Yale University ed ex consigliere giuridico del Dipartimento di Stato, ha definito l’operazione “pericolosamente illegale”. Secondo lui, il presidente ha ordinato un’azione letale senza alcun pretesto di autodifesa, senza autorizzazione del Congresso e in presenza di alternative meno estreme, come la cattura. Koh ha parlato di “svolta molto seria”, con il rischio di una deriva che attribuisce al capo dello Stato poteri discrezionali di guerra.

In passato, le forze armate statunitensi avevano già sostenuto la lotta antidroga in America Latina, ma in funzione di supporto alle autorità locali o alle agenzie civili americane come la Drug Enforcement Administration. La nuova strategia, invece, si presenta come unilaterale e basata su operazioni letali dirette. Già ad agosto, The New York Times aveva rivelato l’esistenza di una direttiva segreta firmata da Trump che autorizzava il Pentagono a preparare azioni militari in questo ambito.

L’iniziativa si inserisce in un contesto più ampio di militarizzazione da parte dell’amministrazione. Negli ultimi mesi, la Casa Bianca ha impiegato la Guardia nazionale in città come Los Angeles e Washington, invocando la nozione di “invasione” da parte di migranti, criminali e droghe. Tuttavia, la Costituzione statunitense vieta il dispiegamento dell’esercito contro i civili, e diversi giudici federali hanno già giudicato illegali questi interventi.

Le critiche sottolineano anche la continuità con la “guerra al terrorismo” iniziata dopo l’11 settembre 2001. O’Connell ha osservato che Stati Uniti e Israele restano i principali paesi ad avvalersi regolarmente della forza militare per eliminare sospetti terroristi, con conseguenze controverse. L’accostamento dei cartelli della droga ai gruppi jihadisti o agli Stati ostili viene visto come un modo per estendere senza limiti l’uso della forza.

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