Trump lancia la fase due della sua presidenza
Approvata la “One Big Beautiful Bill”, Trump punta sulla crescita economica per vincere le elezioni di medio termine. I democratici replicano con una campagna mirata sui costi della vita e i vantaggi per i ricchi.

A meno di sei mesi dall’inizio del suo secondo mandato, il presidente Donald Trump ha ottenuto una delle sue principali vittorie legislative: la “One Big Beautiful Bill”, una legge che racchiude gran parte del suo programma interno, è diventata legge il 4 luglio. Tagli fiscali, riduzioni del governo federale, riforme regolatorie e aumento della spesa per difesa e immigrazione sono ora in vigore. Ora, la Casa Bianca entra nella seconda fase della presidenza, che sarà definita dalla scommessa che questa manovra possa portare a una rapida crescita economica in vista delle elezioni di medio termine del 2026.
Secondo l'Atlantic, non sono previste nuove grandi iniziative legislative fino al prossimo novembre. Il presidente e il suo gabinetto si concentreranno invece sulla promozione del provvedimento appena approvato e sul rilancio di due cavalli di battaglia della sua agenda politica: la politica commerciale e la lotta all’immigrazione irregolare.
Nei primi mesi del mandato, l’amministrazione ha messo in atto una strategia di accelerazione normativa e istituzionale. Una raffica di ordini esecutivi ha scosso l’apparato statale, mentre l’agenzia Department of Government Efficiency (DOGE), sotto la guida di Elon Musk, ha avviato una ristrutturazione caotica ma efficace delle agenzie federali. Università, studi legali e media si sono piegati alle pressioni dell’esecutivo. L’apparato legale presidenziale ha spinto al limite i poteri dell’esecutivo. La logica, secondo fonti della Casa Bianca, era punire e disorientare. Il risultato è stato un rafforzamento del potere presidenziale senza precedenti a Washington.
Negli ultimi venti giorni, la Casa Bianca ha registrato due successi che considera decisivi: i bombardamenti contro il programma nucleare iraniano e l’approvazione del megadisegno di legge fiscale. Per il presidente e i suoi consiglieri, questi risultati imprimono una forte spinta all’inizio della nuova fase. Tuttavia, il vero banco di prova rimane l’economia.
Il provvedimento fiscale prevede consistenti tagli alle tasse, pensati per stimolare la crescita, ma concentrati sui contribuenti più ricchi. La legge è finanziata tramite la riduzione dei programmi di protezione sociale e comporta un aumento del debito pubblico superiore ai 3.000 miliardi di dollari. I repubblicani confidano in un incremento dei salari reali e dei mercati azionari. I democratici, invece, puntano sulla percezione di iniquità e inadeguatezza rispetto all’inflazione.
Secondo un documento riservato del gruppo Democratico Future Forward USA Action, la strategia di comunicazione si concentrerà sul tema dell’accessibilità economica. Il documento, datato 5 giugno, suggerisce di legare la politica fiscale di Trump all’idea che “le élite al potere non hanno idea di cosa significhi vivere come la gente comune.” Secondo i dati contenuti nel memo, il 72% degli intervistati ritiene che le politiche di Trump abbiano favorito i miliardari, il 70% i ricchi in generale e il 67% i CEO, mentre solo il 43% crede che abbiano favorito la classe media o i lavoratori.
Anche per questo, la popolarità di Trump sul fronte economico è scesa di circa 20 punti percentuali rispetto a gennaio, toccando i livelli più bassi dal suo primo mandato. Per i democratici, questo rappresenta un’opportunità per attaccare il presidente su un terreno finora poco favorevole.
L’economia, per ora, resta stabile: disoccupazione e inflazione non mostrano variazioni significative, anche se si rileva un rallentamento nei consumi. Ma l’agenda di Trump si arricchisce di un nuovo elemento potenzialmente esplosivo: il rilancio delle guerre commerciali. Il presidente ha minacciato l’imposizione di nuovi dazi su oltre una dozzina di Paesi entro il primo agosto. I suoi consiglieri assicurano che, a differenza degli annunci precedenti, questa volta non ci saranno retromarce. Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, guiderà le trattative commerciali in modo più ordinato rispetto al passato, anche se alcuni scontri con i partner internazionali sono considerati inevitabili.
Tra le priorità di politica economica rientrano anche nuove misure di deregolamentazione nei settori edilizio, energetico e degli investimenti. L’obiettivo è incentivare la crescita attraverso ordini esecutivi e, se possibile, convertire parte di essi in legge, inclusi alcuni dei tagli operati dalla DOGE.
Sul fronte immigrazione, l’amministrazione intende proseguire e ampliare il programma di espulsioni di massa. Il vice capo di gabinetto Stephen Miller spinge per un inasprimento ulteriore, che includa anche migranti senza precedenti penali. Trump ha promesso nuove retate dell’ICE nelle città, e le recenti proteste a Los Angeles, con tanto di impiego della Guardia nazionale, sono state accolte positivamente dallo staff presidenziale per l’impatto mediatico generato. Alcuni consiglieri, tuttavia, temono che un’eccessiva militarizzazione possa generare incidenti e danni d’immagine.
Pur senza nuove iniziative legislative all’orizzonte, Trump non rinuncia a iniziative controverse. Durante un incontro in Florida, ha proposto un nuovo censimento federale prima delle elezioni del 2026, con l’obiettivo di ridisegnare i collegi elettorali escludendo dal conteggio i migranti irregolari, in netto contrasto con la scadenza prevista del 2030. In una riunione di gabinetto, ha inoltre ipotizzato un commissariamento federale di Washington, D.C. o addirittura di New York, affermando: “Dobbiamo sistemare New York. Forse dovremo farlo da Washington.” Non ha però chiarito su quale base giuridica si baserebbe un simile intervento.
Infine, il presidente potrebbe riattivare la campagna di ritorsioni promesse contro i suoi oppositori. Alcuni media hanno riportato che l’FBI sta indagando sugli ex direttori della Central Intelligence Agency e dell’FBI, John Brennan e James Comey, per presunte false dichiarazioni al Congresso, su segnalazione dell’attuale direttore della CIA, John Ratcliffe. Sebbene alcuni consiglieri premano per estendere le indagini, Trump non ha indicato recenti intenzioni in tal senso.
La Casa Bianca deve anche affrontare eventi non programmati. Le alluvioni in Texas hanno attirato l’attenzione sui tagli previsti alla Federal Emergency Management Agency (FEMA), e Trump visiterà lo Stato domani. Sul piano internazionale, sebbene il cessate il fuoco tra Israele e Iran tenga, restano aperti i fronti a Gaza e in Ucraina. Trump si è detto deluso da Vladimir Putin, usando toni insolitamente duri nei suoi confronti, e ha ordinato la ripresa degli aiuti militari all’Ucraina, sospesi dal Pentagono. Tuttavia, non ha ancora espresso sostegno al disegno di legge bipartisan che prevede sanzioni severe contro Mosca.
L’amministrazione è cautamente ottimista sul dossier mediorientale. Dopo la visita a Washington del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è previsto un viaggio del mediatore speciale Steve Witkoff in Qatar per trattare una tregua a Gaza. Nel frattempo, Netanyahu ha proposto la candidatura di Trump al Premio Nobel per la pace, riconoscimento a cui il presidente aspira apertamente.
La posta in gioco per la Casa Bianca resta alta. Se l’economia non dovesse decollare, una delle due camere del Congresso potrebbe tornare ai democratici, mettendo a rischio l’agenda di Trump e aprendo la strada a nuove inchieste e, forse, a un ulteriore impeachment. In tal caso, le vittorie iniziali della sua seconda presidenza rischierebbero di passare in secondo piano.