Trump intensifica la pressione su Cuba: nuove sanzioni in arrivo
L'Amministrazione Trump punta a un cambio di regime limitando viaggi, rimesse e commercio mentre si aggravano le condizioni dei migranti cubani nei centri di detenzione dell'ICE.

L’Amministrazione Trump sta pianificando un rafforzamento delle sanzioni contro Cuba nell’ambito di una strategia di “massima pressione” volta a provocare un cambio di regime.
L’obiettivo dichiarato è colpire l’apparato militare dell’isola, considerato il vero centro di potere, approfittando – secondo la Casa Bianca – del momento di maggiore debolezza del governo comunista al governo da decenni, con il leader Raúl Castro ormai 94enne.
Come riporta il Miami Herald, Mauricio Claver-Carone, inviato speciale del presidente per l’America Latina, ha parlato di “un’opportunità storica per una transizione democratica” nell'isola caraibica.
I funzionari della Casa Bianca stanno, dunque, lavorando per aggiornare l’embargo e chiudere le “scappatoie” che ne hanno limitato l’efficacia finora, prendendo come modello le sanzioni imposte al Venezuela durante il primo mandato di Trump. “Gli strumenti contro Cuba sono obsoleti”, ha dichiarato senza mezzi termini Claver-Carone.
“Stiamo creando nuovi meccanismi per colpire chirurgicamente i settori economici chiave, soprattutto quelli controllati dai militari”.
Il controllo dei militari sull’economia cubana
Le Forze Armate Rivoluzionarie Cubane gestiscono buona parte dell’economia dell’isola attraverso il conglomerato GAESA, che controlla settori redditizi come il turismo.
Un’indagine del Miami Herald nel 2024 ha rivelato che gran parte della valuta forte è incanalata proprio verso le imprese controllate dai militari, che esercitano un’influenza decisiva anche sul governo del presidente Miguel Díaz-Canel. “Vogliamo esercitare pressione proprio lì, dove fa più male”, afferma Claver-Carone.
Proposte radicali: stop a viaggi, rimesse e licenze commerciali
Il deputato repubblicano cubano-americano Carlos Giménez ha proposto misure estreme, tra cui la sospensione di tutti i voli e delle rimesse verso Cuba. In pratica, questo impedirebbe ai cubano-americani di visitare i propri familiari o inviare loro denaro.
Ulteriori misure in discussione includono la revoca delle licenze di esportazione concesse a imprese statunitensi che forniscono il settore privato cubano e la chiusura dei supermercati online con sede negli USA, che vendono beni e medicine ai cittadini cubani.
Rischi umanitari: colpite le famiglie, non il regime
Secondo gli esperti, queste misure rischiano di aggravare la già grave crisi umanitaria che colpisce Cuba, dove mancano cibo, medicinali e beni di prima necessità, soprattutto fuori L’Avana e nelle zone rurali. Ricardo Herrero, direttore del Cuba Study Group, ha avvertito:
“Chiudere i voli e le rimesse danneggerebbe le famiglie innocenti molto più delle élite del regime. Proibire ai cubano-americani di aiutare i propri cari non farà cadere il governo, ma accelererà la deriva verso uno Stato fallito”.
Il sistema attuale prevede salari statali di circa 15 dollari mensili, mentre il governo vende i beni essenziali in dollari. Le piattaforme online e le rimesse costituiscono, quindi, una vera ancora di salvezza per milioni di persone.
Una comunità divisa: sostenere o punire?
Il dibattito è acceso anche all’interno della comunità cubano-americana. Se da un lato molti sostengono le sanzioni contro il regime, dall’altro vogliono continuare a supportare i propri familiari. Un membro di questa comunità ha scritto sui social:
“Non credo che togliere le rimesse farà cadere la dittatura. La gente continua a morire di fame, e le nostre famiglie hanno bisogno di quel poco che possiamo mandare per sopravvivere.”
Giménez, invece, ha definito i fondi inviati da Miami “una vacca da mungere” per il regime cubano, convinto che togliendo quelle risorse il popolo cubano possa finalmente ribellarsi.
Sanzioni e settore privato: una contraddizione?
Nel 2024, gli Stati Uniti hanno esportato a Cuba beni per un valore di 586 milioni di dollari, di cui 433 milioni in prodotti alimentari e agricoli. Ma oggi, a differenza del passato, buona parte di queste esportazioni è diretta a imprese private, non allo Stato. “La maggior parte del cibo statunitense arriva a imprese private perché il governo cubano è in bancarotta”, ha spiegato Herrero.
“Bloccare queste esportazioni significa colpire imprenditori indipendenti e famiglie in difficoltà”.
Anche Hugo Cancio, proprietario del supermercato online Katapulk, ha difeso la propria attività:
“Non ho alcun legame con il governo cubano. Non vendo allo Stato, né ho contratti con enti governativi”.
Nonostante le possibili conseguenze, Claver-Carone ha ribadito la determinazione dell’Amministrazione Trump a procedere:
“È o dolore a breve termine per un guadagno a lungo termine, oppure dolore a lungo termine e nessun guadagno. Dobbiamo essere tutti dentro: o vai alla grande, o vai a casa.”
Emergenza nei centri di detenzione: la crisi dei migranti cubani
Parallelamente alla stretta su Cuba, la situazione dei migranti cubani detenuti negli Stati Uniti è sempre più critica. Al centro di detenzione di Krome, a Miami, Octavio Pérez Rodríguez ha trascorso oltre un mese senza cibo o cure adeguate, secondo quanto riferito dalla moglie.
“Ha chiesto la sua espulsione. 'Sto morendo, ho dolore… non puoi immaginare cosa sto passando’”.
Pérez Rodríguez, già espulso nel 2019, è rientrato nel 2022 attraverso il confine messicano. La sua situazione è simile a quella di molti altri migranti nei centri di detenzione dell'ICE, dove le condizioni sono state definite “disumane”. “Molte persone stanno firmando l’espulsione solo per sfuggire a queste condizioni inumane”, ha spiegato Paul Chávez di Americans for Immigrant Justice.
Nel 2025, al centro Krome sono già morti due migranti in custodia: Genry Donaldo Ruiz-Guillén e Maksym Chernyak. Centinaia di manifestanti si sono riuniti fuori dalla struttura chiedendone la chiusura e l’apertura di un’inchiesta formale.
L'ICE ha dichiarato che gli episodi “non rispecchiano gli standard dell’agenzia” e ha annunciato misure per gestire meglio la capacità dei centri. Tuttavia, le denunce continuano a emergere. “Puzzavamo peggio degli animali”, ha testimoniato un ex migrante detenuto a USA Today.