Trump ha interrotto la campagna militare contro gli Houthi nel Mar Rosso senza ottenere alcun risultato
Dopo due mesi di bombardamenti dal costo di oltre un miliardo di dollari, il presidente americano dichiara vittoria nonostante la resistenza del gruppo yemenita. La decisione arriva mentre i leader Houthi celebrano sui social media con l'hashtag "Yemen sconfigge l'America".

Il presidente Donald Trump ha annunciato, il 5 maggio, la sospensione delle operazioni offensive statunitensi contro il gruppo ribelle degli Houthi nello Yemen, nel Mar Rosso. Questa decisione conclude anticipatamente una campagna militare durata due mesi, dal costo complessivo di oltre un miliardo di dollari, che non ha prodotto risultati strategici chiari e non è riuscita a garantire la sicurezza delle rotte navali della regione, obiettivo primario dichiarato dall’Amministrazione americana.
Secondo fonti interne alla stessa Amministrazione che ne hanno parlato al New York Times, il presidente Trump aveva inizialmente autorizzato la campagna con l’esplicita condizione che avrebbe dovuto produrre risultati concreti entro 30 giorni. Tuttavia, al termine di questo periodo, un rapporto del Pentagono ha indicato chiaramente che nemmeno l’obiettivo basilare di assicurare la superiorità aerea era stato raggiunto.
Questo mancato risultato ha portato Trump a ordinare l’interruzione immediata degli attacchi. In una dichiarazione ufficiale, Trump ha, tuttavia, fatto buon viso a cattivo gioco sottolineando: ”Abbiamo colpito duramente e loro hanno dimostrato una grande capacità di resistere alle punizioni“, aggiungendo poi che gli Houthi ”ci hanno dato la loro parola che non avrebbero più sparato alle navi, e noi rispettiamo questo impegno”.
Una campagna costosa e con perdite significative
Durante il primo mese dell’offensiva, le forze americane hanno effettuato oltre 1.100 raid aerei contro obiettivi degli Houthi, inclusi centri di comando, sistemi di difesa aerea e strutture logistiche e militari. Più di una decina di leader ribelli sono stati uccisi, e centinaia di combattenti sarebbero rimasti coinvolti nei bombardamenti statunitensi. Nonostante l’intensità degli attacchi, gli Houthi hanno mantenuto la capacità di colpire navi commerciali e militari, incluso un bersaglio sensibile come una portaerei americana.
In aggiunta, durante le operazioni, gli Stati Uniti hanno subito perdite materiali consistenti: 7 droni MQ-9 Reaper, ciascuno del valore stimato di circa 30 milioni di dollari, sono stati abbattuti, mentre 2 caccia F/A-18 Super Hornet sono stati persi in mare in incidenti operativi, con un valore complessivo di 134 milioni di dollari.
L’impegno militare è stato massiccio e ha coinvolto il dispiegamento di 2 portaerei, bombardieri strategici B-2, caccia, e sofisticati sistemi di difesa come Patriot e THAAD. Alla fine del primo mese, le spese per l’operazione avevano già superato il miliardo di dollari.
Divisioni interne all’Amministrazione Trump
La decisione di sospendere gli attacchi contro gli Houthi ha evidenziato fratture interne alla squadra di sicurezza nazionale del presidente Trump. Il generale Michael E. Kurilla, capo del Comando Centrale americano, aveva proposto inizialmente un’operazione militare prolungata della durata di 8-10 mesi, ispirandosi a recenti strategie israeliane contro Hezbollah in Libano. Kurilla mirava alla sistematica distruzione delle difese Houthi e all’eliminazione mirata dei loro leader.
Sebbene questa strategia avesse ricevuto inizialmente il supporto del Segretario alla Difesa Pete Hegseth e dell’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz, con il trascorrere delle settimane è prevalsa la posizione più cauta del presidente del capo di Stato Maggiore, il generale Dan Caine, preoccupato che un impegno troppo lungo e oneroso avrebbe sottratto risorse strategiche essenziali in altre aree prioritarie, soprattutto nella regione Asia-Pacifico.
Alla fine, il piano di Kurilla è stato fortemente ridimensionato e, dopo appena un mese di intensi bombardamenti, Trump ha deciso di porre fine all’offensiva.
Mediazione omanita e accordo informale con gli Houthi
La svolta diplomatica che ha permesso la sospensione delle ostilità è giunta grazie all’intervento dell’Oman. Durante colloqui paralleli legati al dossier nucleare iraniano, Mascate ha mediato anche un’intesa informale tra Washington e gli Houthi.
Secondo l’accordo raggiunto, gli Stati Uniti avrebbero cessato i bombardamenti e, in cambio, gli Houthi si sarebbero impegnati informalmente a non attaccare più navi statunitensi. Steve Witkoff, inviato speciale di Trump per il Medio Oriente, ha giocato un ruolo centrale in queste trattative.
L’accordo, tuttavia, non include alcuna garanzia relativa agli attacchi contro navi legate a Israele. Infatti, pochi giorni dopo l’annuncio del presidente Trump, gli Houthi hanno lanciato un missile balistico verso Israele, intercettato dalle difese israeliane nei cieli di Tel Aviv, sollevando dubbi sulla reale efficacia della tregua appena raggiunta.
Reazioni contrastanti e vittoria rivendicata da entrambe le parti
La sospensione delle operazioni militari è stata presentata dall’Amministrazione Trump come un successo diplomatico significativo. La portavoce presidenziale Anna Kelly ha dichiarato al New York Times che “il presidente Trump ha ottenuto con successo un cessate il fuoco, che rappresenta un altro buon accordo per l’America e la nostra sicurezza”.
Sul fronte opposto, i leader Houthi hanno celebrato sui social media la fine dei bombardamenti statunitensi, utilizzando l’hashtag “Yemen sconfigge l’America” e diffondendo messaggi e immagini celebrative. Questa campagna social ha rafforzato la narrazione secondo cui la resistenza del gruppo sarebbe stata in grado di piegare la volontà militare americana.
La decisione di Trump lascia comunque aperti interrogativi sulla futura strategia statunitense nel Mar Rosso e sulla tenuta reale dell’accordo informale raggiunto con gli Houthi, un gruppo militante che ha dimostrato capacità operative ben superiori a quelle inizialmente stimate dagli Stati Uniti.