Trump firma la legge sull’esenzione fiscale delle mance
La norma, promessa centrale della campagna elettorale del presidente, esenta i primi 25.000 dollari di mance dall’imposta sul reddito. Restano però esclusi lavoratori indocumentati e redditi troppo bassi per beneficiare del provvedimento

Il presidente Donald Trump ha firmato una nuova legge che introduce l’esenzione fiscale sulle mance, realizzando una delle principali promesse della campagna elettorale del 2024. La misura stabilisce che i primi 25.000 dollari di mance ricevuti da un lavoratore qualificato non saranno soggetti all’imposta sul reddito federale. La normativa entrerà in vigore per l’anno fiscale in corso, includendo le mance già maturate dai lavoratori.
Nonostante l’enfasi retorica e il sostegno bipartisan alla proposta, la legge contiene una serie di limitazioni che ne riducono la portata. L’esenzione non si applica infatti a tutte le categorie lavorative, ma è circoscritta a “certe linee di business”, con un riferimento esplicito ai settori della ristorazione e dell’industria cosmetica. Inoltre, anche per i beneficiari dell’agevolazione, resta dovuta la tassazione previdenziale del 7,65% destinata a finanziare Social Security e Medicare.
La legge prevede un sistema di decurtazione progressiva dell’esenzione fiscale in base al reddito. Quando il reddito annuo complessivo del lavoratore raggiunge i 150.000 dollari, la detrazione comincia a ridursi, fino ad annullarsi completamente al superamento della soglia dei 300.000 dollari. La limitazione si applica anche ai lavoratori che presentano dichiarazioni fiscali congiunte con i coniugi.
Un’altra clausola esclude esplicitamente i lavoratori indocumentati dalla possibilità di accedere all’esenzione. Il testo della legge impone infatti la presentazione dei numeri di Social Security del contribuente e, se applicabile, del coniuge. Secondo l'Institute on Taxation and Economic Policy (ITEP), gli immigrati indocumentati hanno versato complessivamente 96,7 miliardi di dollari in tasse federali, statali e locali nel 2022, ma non potranno beneficiare del nuovo provvedimento.
Il contesto economico in cui la misura si inserisce è segnato da forti disparità di reddito tra i lavoratori con mance e il resto della forza lavoro. Secondo i dati elaborati dal Budget Lab dell’Università di Yale, nel 2023 circa quattro milioni di lavoratori negli Stati Uniti hanno ricevuto mance, pari al 2,5% della forza lavoro. Il salario settimanale mediano per queste occupazioni era di 538 dollari, contro i 1.000 dollari medi dei lavoratori che non ricevono mance.
Un’analisi condotta nel 2024 sull’American Community Survey del Census Bureau ha rivelato che due terzi dei lavoratori dei ristoranti che lavorano per mance guadagnano così poco da non pagare imposte federali sul reddito. Questo dato solleva interrogativi sull’efficacia reale della misura, dal momento che molti dei potenziali beneficiari non risultano attualmente soggetti all’imposta che si intende esentare.
L’idea dell’“esenzione fiscale sulle mance” è stata introdotta da Trump nel corso di un comizio in Nevada durante la campagna presidenziale del 2024. In seguito è diventata un elemento centrale della piattaforma legislativa repubblicana, culminata nell’approvazione della legge omnibus. La proposta ha ottenuto un consenso bipartisan inedito: anche l’ex vicepresidente Kamala Harris, candidata democratica alle elezioni del 2024, ha adottato la stessa promessa nel corso della propria campagna elettorale.
A maggio, il Senato ha approvato all’unanimità il “No Tax on Tips Act”, una misura separata ma sostanzialmente sovrapponibile alla proposta repubblicana. Nessun senatore, né repubblicano né democratico, ha espresso obiezioni alla norma, segnalando un consenso trasversale sull’obiettivo di sostenere i lavoratori che vivono grazie alle mance.
Tuttavia, secondo un’analisi pubblicata da Emily Peck su Axios, la misura rischia di essere meno incisiva rispetto ad altre opzioni di politica del lavoro. Peck sostiene che per aiutare davvero i lavoratori dei ristoranti sarebbe più efficace aumentare o eliminare il salario minimo ridotto, anziché intervenire su un’imposta che molti di questi lavoratori non sono tenuti a pagare. In questa prospettiva, l’esenzione fiscale favorirebbe in modo sproporzionato i lavoratori con mance più elevate, lasciando scoperti quelli a basso reddito.