Trump è pronto a tiriarsi indietro sull’Ucraina
Dopo un colloquio di due ore con Vladimir Putin, il presidente statunitense ha evitato pressioni sul Cremlino per un cessate il fuoco. Cresce la preoccupazione tra gli alleati europei per un possibile ritiro di Washington dal processo di pace.

Dopo settimane di dichiarazioni pubbliche sull’intenzione di porre fine al conflitto, l’ultima conversazione telefonica tra il presidente statunitense e Vladimir Putin ha suscitato dubbi sulla reale volontà della Casa Bianca di esercitare un ruolo attivo nei negoziati. Trump ha evitato di esercitare pressioni sul leader del Cremlino per accelerare il processo di pace, lasciando intendere la possibilità di un disimpegno americano.
Il colloquio, terzo in ordine di tempo tra i due leader da quando Trump è tornato alla guida degli Stati Uniti, si è svolto senza appelli espliciti al cessate il fuoco, nonostante solo pochi giorni prima lo stesso presidente avesse intimato su Truth Social a Putin di fermare gli attacchi: “Vladimir, STOP!”, aveva scritto dopo uno dei raid più violenti su Kiev degli ultimi nove mesi. Tuttavia, di fronte ai giornalisti, Trump ha ammesso di non aver rinnovato questa richiesta durante la conversazione, spiegando: “Credo che voglia fermarsi”.
All’indomani della telefonata, il presidente ha anche suggerito che i negoziati di pace potrebbero essere affidati al nuovo Papa Leone XIV, in una dichiarazione dai toni ambigui. In parallelo, ha ribadito l’intenzione di non definire pubblicamente una “linea rossa” oltre la quale si ritirerà dal processo negoziale, ma ha confermato che, in assenza di progressi, lascerà che Russia e Ucraina trattino direttamente.
L’ex vice direttrice dell’intelligence nazionale statunitense Beth Sanner, intervistata dalla CNN, ha espresso perplessità sui risultati del colloquio: “È positivo che abbiano avuto una conversazione di due ore, ma con quale risultato? Putin continua a presentare richieste estremamente massimaliste… Sembra che Putin abbia ottenuto esattamente ciò che voleva”.
Secondo due fonti citate dal Financial Times, Trump avrebbe comunicato ai leader europei e al presidente ucraino Volodymyr Zelensky che Washington potrebbe ritirarsi dal processo di pace, affidando l’iniziativa a trattative bilaterali tra Mosca e Kiev. Uno dei diplomatici europei, secondo il quotidiano britannico, ha definito “sbalorditivo” il resoconto degli accordi tra Trump e Putin.
Steve Witkoff, inviato speciale del presidente, aveva precedentemente dichiarato ad ABC News che la “forza di personalità senza pari” di Trump sarebbe stata decisiva per superare gli ostacoli nei negoziati. Ma secondo Andrew Weiss, vicepresidente della Carnegie Endowment for International Peace, la priorità della Casa Bianca sembra essere un’altra: “Trump appare più interessato a normalizzare le relazioni con Mosca che a risolvere la guerra. E tutto il resto è subordinato a questo”.
Anche membri dell’amministrazione hanno lasciato intendere un possibile ritiro dagli sforzi negoziali. Il vicepresidente JD Vance ha affermato che gli Stati Uniti potrebbero arrivare al punto di riconoscere: “Non è la nostra guerra. Cercheremo di porvi fine, ma se non ci riusciamo, diremo semplicemente: ‘Valeva la pena provare, ma non ce ne occuperemo più’”. Trump, dal canto suo, non ha smentito tale ipotesi.
Per alcuni osservatori, come Peter Slezkine del Stimson Center, un eventuale disimpegno della presidenza potrebbe avere una logica strategica, se permettesse a Russia e Ucraina di affrontarsi direttamente senza l’interferenza di Washington. Ma altri, come l’ex ambasciatore Steven Pifer, oggi ricercatore a Stanford, leggono diversamente la situazione: “Questa conversazione con Trump è stata una vittoria per Putin. Ha chiarito che non ci sarà un cessate il fuoco a breve, quindi la Russia può continuare la guerra. E comunque non saranno applicate sanzioni aggiuntive”.
Il presidente russo ha descritto il colloquio come “franco” e “utile”, affermando che i due leader hanno discusso della cessazione delle ostilità e dell’elaborazione di un memorandum per un possibile trattato di pace. Questo documento dovrebbe definire “principi di risoluzione, tempistiche e un’eventuale tregua temporanea”, secondo quanto dichiarato da Putin. Ma il contenuto del memorandum resta poco chiaro. Un alto funzionario ucraino, interpellato dal Financial Times, ha detto che “nessuno sa cos’è, quale sia la ragione [della sua comparsa] e perché sia importante”. Anche Zelensky, in un commento ai giornalisti, ha dichiarato di non essere al corrente dell’iniziativa.
Secondo Bill Taylor, ambasciatore statunitense a Kiev tra il 2006 e il 2009, “i russi condurranno negoziati a basso livello, scambieranno vari documenti e nel frattempo continueranno a combattere”. Resta quindi incerto fino a quando Trump sarà disposto a tollerare questi “ritardi”.
Nel frattempo, la Russia continua a mobilitare forze per proseguire l’offensiva. Max Boot, editorialista del Washington Post, ha scritto che Trump dimostra una “sorprendente pazienza” verso Putin, a differenza della sua consueta durezza verso gli avversari. Putin, secondo Boot, confida nella cessazione dell’aiuto statunitense all’Ucraina, che rafforzerebbe le possibilità russe sul campo.
Le perdite stimate per Mosca si aggirano attorno a 900.000 tra morti e feriti, ma il Cremlino disporrebbe ancora di 640.000 combattenti e del sostegno di Corea del Nord, Iran e Cina. Per l’esperto militare Rob Lee, la Russia è in grado di proseguire le operazioni grazie al continuo reclutamento di volontari, con l’obiettivo di conquistare interamente Donetsk e Lugansk prima di un’eventuale nuova fase negoziale.
Alla luce di questi sviluppi, il timore espresso da funzionari europei è che Washington possa abbandonare del tutto il ruolo di mediatore. L’amministrazione statunitense non intende insistere su nuove sanzioni né sulla proposta di cessate il fuoco, mentre Kiev e i leader europei si dichiarano contrari a un negoziato diretto tra Ucraina e Russia privo di garanzie occidentali.