Trump e Netanyahu rilanciano la tregua a Gaza dopo i raid in Iran

Il primo ministro israeliano ha nominato il presidente per il Nobel per la pace. In agenda anche il futuro di Gaza, la normalizzazione con i Paesi arabi e i negoziati con l’Iran

Trump e Netanyahu rilanciano la tregua a Gaza dopo i raid in Iran
White House

Il presidente Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si sono incontrati lunedì alla Casa Bianca per una cena ufficiale. L’incontro si è svolto mentre sono in corso le trattative per una tregua nella Striscia di Gaza e pochi giorni dopo i raid congiunti degli Stati Uniti e di Israele contro tre siti nucleari iraniani.

L’atmosfera dell’incontro è stata segnata inizialmente da toni celebrativi. Netanyahu ha annunciato di aver proposto Trump per il premio Nobel per la pace, consegnandogli una lettera di nomina destinata al comitato norvegese. “Sta costruendo la pace, un Paese e una regione dopo l’altra”, ha dichiarato il leader israeliano. Trump, che ha più volte manifestato il desiderio di ricevere il prestigioso riconoscimento, ha accolto con entusiasmo l’annuncio: “Questo non lo sapevo. È molto significativo, soprattutto se viene da lui”.

Durante l’incontro, i due leader hanno definito “un successo totale” gli attacchi contro gli impianti nucleari iraniani. Trump ha paragonato la propria decisione a quella del presidente Harry Truman di utilizzare la bomba atomica nella Seconda guerra mondiale: “Ha fermato molte battaglie, e anche questa le ha fermate”, ha dichiarato. Secondo Trump, i raid hanno comportato la “completa e totale distruzione” delle infrastrutture iraniane, una valutazione smentita da fonti di intelligence.

Il vertice si è tenuto nella Blue Room della Casa Bianca, alla presenza dei principali consiglieri dei due governi. Netanyahu, arrivato nella capitale statunitense nelle prime ore di lunedì, ha in programma incontri con il vicepresidente JD Vance, il presidente della Camera Mike Johnson e il segretario alla Difesa Pete Hegseth. Prima della cena con Trump, il premier israeliano aveva già incontrato il segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale Marco Rubio e l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff.

Uno degli obiettivi principali del viaggio di Netanyahu è sostenere i negoziati per una tregua a Gaza e il rilascio degli ostaggi. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato che “la priorità assoluta del presidente in Medio Oriente è porre fine alla guerra a Gaza e riportare a casa tutti gli ostaggi”. Ha confermato che Israele ha approvato una proposta di cessate il fuoco inviata ad Hamas, e che l’inviato Witkoff si recherà a Doha nei prossimi giorni per trattative con i rappresentanti di Qatar ed Egitto.

Trump ha affermato domenica che “un accordo con Hamas potrebbe arrivare già questa settimana”, aggiungendo: “Siamo vicini a un’intesa sulla tregua”. La proposta prevede una pausa di 60 giorni nei combattimenti, l’ingresso massiccio di aiuti umanitari nella Striscia e la liberazione di almeno parte dei circa 50 ostaggi ancora detenuti, di cui 20 si ritiene siano in vita.

Tuttavia, rimangono divergenze sui termini dell’accordo. Hamas ha dichiarato di essere disposta a rilasciare tutti gli ostaggi in cambio di una cessazione permanente della guerra e di un ritiro totale delle forze israeliane da Gaza. Netanyahu ha invece ribadito che il conflitto terminerà solo quando Hamas sarà disarmata, sconfitta e in esilio: “Lavoreremo per una pace con i vicini palestinesi che non vogliono distruggerci, ma la sovranità in materia di sicurezza resterà sempre nelle nostre mani”, ha affermato.

Il presidente statunitense ha anche rilanciato la propria visione sul futuro di Gaza. A febbraio, durante una precedente visita di Netanyahu, Trump aveva avanzato la proposta di trasferire due milioni di palestinesi in Paesi vicini e trasformare Gaza in una zona turistica gestita dagli Stati Uniti, “la Riviera del Medio Oriente”. In seguito ha ritrattato, ma ha continuato a parlare della possibilità che i residenti possano lasciare volontariamente la Striscia. Netanyahu ha definito “brillante” la visione di Trump e ha sostenuto il principio della “libera scelta” per i palestinesi.

L’agenda del colloquio ha incluso anche i rapporti con la Siria e la possibilità di ampliare gli Abraham Accords siglati durante il primo mandato di Trump. Il presidente ha firmato un ordine esecutivo per revocare parte delle sanzioni contro Damasco e ha confermato che Stati Uniti e Israele stanno facilitando colloqui “significativi” tra i due Paesi, nell’ottica di ristabilire la calma lungo il confine. Netanyahu ha dichiarato che Hezbollah “è stato messo in ginocchio” e che “l’Iran è fuori dai giochi”, aprendo così nuove opportunità per la stabilità nella regione.

Sul dossier iraniano, Trump ha dichiarato che il suo governo sta lavorando a un possibile “accordo permanente” con Teheran. Secondo il presidente, l’Iran dovrà “rinunciare a tutto ciò che sapete bene” e ripartire “da zero, in un altro sito”. Ha anche affermato che sono previsti nuovi colloqui, che potrebbero tenersi a breve, anche se Teheran non ha confermato ufficialmente.

In Iran, il presidente Masoud Pezeshkian ha riconosciuto in un’intervista che i raid statunitensi hanno causato danni gravi agli impianti nucleari, al punto che le autorità iraniane non hanno ancora potuto valutarne l’entità. Ha dichiarato che l’Iran è disposto a riprendere la cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ma che non è ancora in grado di garantire accesso pieno e immediato agli ispettori.

Il nuovo clima di sintonia tra Trump e Netanyahu segna un cambiamento rispetto ai mesi precedenti. Ad aprile, in occasione della seconda visita del premier israeliano a Washington, Trump aveva sorpreso l’alleato annunciando l’apertura di negoziati con l’Iran, frenando momentaneamente i piani militari israeliani. Ora i due leader sembrano più allineati che mai. Secondo Eytan Gilboa, esperto di relazioni israelo-americane, “Trump pensa che Netanyahu gli sia debitore. E se pensa che sia necessario porre fine alla guerra a Gaza, allora Netanyahu dovrà farlo”.

In Israele, però, il primo ministro deve fare i conti con le pressioni dei partiti di estrema destra che compongono la sua coalizione e che si oppongono a un’interruzione del conflitto. Tuttavia, la partecipazione degli Stati Uniti alla guerra contro l’Iran, culminata nei bombardamenti su siti sotterranei fortificati, ha rafforzato il legame tra i due governi e limitato i margini di manovra di Netanyahu.

Il viaggio di Netanyahu a Washington, il terzo da gennaio, sottolinea l’importanza strategica che entrambi i leader attribuiscono alla collaborazione bilaterale. La guerra tra Israele e Hamas ha già causato oltre 57.000 vittime palestinesi, aggravato l’isolamento diplomatico di Israele e reso più distante una soluzione complessiva del conflitto israelo-palestinese. La pressione dell’amministrazione Trump per un accordo di tregua sembra quindi volta non solo a porre fine alle ostilità, ma anche a consolidare i risultati politici e militari recenti.

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