Trump e Musk mettono fine alla loro alleanza tra insulti, minacce e accuse

Il presidente e l’imprenditore si accusano a vicenda, tra minacce sui contratti pubblici, dossier Epstein e scontri sulle politiche economiche. La rottura interrompe un’alleanza decisiva per la seconda presidenza Trump.

Trump e Musk mettono fine alla loro alleanza tra insulti, minacce e accuse
White House

L’alleanza più improbabile dell’America contemporanea si è disintegrata in modo rapido e spettacolare. Donald Trump ed Elon Musk, uniti per un anno da una convergenza d’interessi tra potere politico e economico, hanno rotto pubblicamente ieri sera. Uno scambio di accuse, minacce e allusioni pesanti sui rispettivi canali social ha sancito la fine di una collaborazione che aveva segnato l’avvio del secondo mandato presidenziale di Trump.

La rottura ha origine nel disaccordo crescente sul disegno di legge cardine dell’amministrazione, ribattezzato da Trump il Big Beautiful Bill: un provvedimento che combina tagli fiscali massicci con un aumento dei fondi per la sicurezza dei confini. Musk, che aveva fino a pochi giorni prima ricoperto il ruolo ufficiale di capo del Department of Government Efficiency (DOGE), ha attaccato il progetto definendolo una “disgustosa abominazione”, accusandolo di aumentare il deficit e di essere pieno di “pork”, ovvero spese inutili e clientelari.

Mentre il disegno di legge passava con uno scarto minimo alla Camera ed era in attesa dell’esame del Senato, Musk moltiplicava le sue critiche su X, la piattaforma da lui posseduta. Ha lanciato un sondaggio su una possibile nuova formazione politica che rappresenti il “centro dell’80% degli americani”, ha messo in discussione l’efficacia delle politiche economiche repubblicane e si è spinto fino a suggerire che il presidente Trump comparirebbe nei dossier Epstein non ancora resi pubblici. “È ora di lanciare la bomba grossa: Trump è nei dossier Epstein. Ecco perché non sono stati pubblicati. Buona giornata DJT!”, ha scritto Musk, insinuando legami tra il presidente e il finanziere condannato per traffico sessuale, morto in carcere nel 2019.

Dal canto suo, Trump non ha tardato a rispondere su Truth Social, accusando Musk di essere “impazzito” per la rimozione dei sussidi per i veicoli elettrici e minacciando di cancellare tutti i contratti pubblici con le sue aziende. “Il modo più semplice per risparmiare miliardi di dollari nel nostro budget è terminare i sussidi e i contratti con Elon”, ha scritto. “Sono sempre stato sorpreso che Biden non lo abbia fatto!”.

Musk aveva contribuito con circa 275 milioni di dollari alla campagna di Trump nel 2024 e promesso ulteriori 100 milioni entro le elezioni di metà mandato del 2026. Al contempo, le sue aziende — in particolare SpaceX e Tesla — avevano ricevuto contratti pubblici per un valore di 3 miliardi di dollari con 17 agenzie federali. L’eventuale interruzione di questi contratti, minacciata dal presidente, metterebbe in seria difficoltà operazioni cruciali della NASA, che si affida alle capsule Dragon di SpaceX per il trasporto verso la Stazione spaziale internazionale.

In un momento di tensione massima, Musk ha dichiarato l’intenzione di decommissionare le capsule Dragon, salvo poi fare marcia indietro nel giro di poche ore. Le sue dichiarazioni hanno avuto un impatto immediato sui mercati: le azioni di Tesla sono crollate del 14%, bruciando circa 150 miliardi di dollari di capitalizzazione in una sola giornata. Anche le azioni di Trump Media & Technology Group, proprietaria di Truth Social, hanno subito una perdita dell’8%.

L’implosione del rapporto ha generato reazioni a catena in politica, finanza e nell’ecosistema mediale. Steve Bannon, ex stratega di Trump e ora suo consigliere informale, ha chiesto l’apertura di un’indagine sullo status migratorio e sull’uso di sostanze stupefacenti da parte di Musk, con la possibilità di revoca del suo nulla osta di sicurezza. Ha anche suggerito che il governo dovrebbe nazionalizzare SpaceX con un decreto presidenziale.

Musk, che nei mesi precedenti aveva avuto accesso illimitato alla Casa Bianca — arrivando a trasferirsi a Mar-a-Lago durante la transizione — e aveva guidato il DOGE con poteri straordinari, è ora diventato un oppositore del presidente. Il suo stile gestionale nel dipartimento ha generato tensioni e licenziamenti di massa nella burocrazia federale, ma il bilancio economico delle sue politiche è oggetto di critiche: a fronte dei 2.000 miliardi di tagli promessi, i risparmi documentati ammontano a 175 miliardi.

Il contesto del conflitto è anche personale. Trump ha ironizzato sull’occhio nero mostrato da Musk durante l’ultimo incontro pubblico, causato — secondo Musk — da un colpo accidentale del figlio. “Gli manca il glamour del potere”, ha commentato Trump. “Quando lasciano questo ufficio, tutto cambia.”

Nonostante l’escalation pubblica, segnali di distensione sono emersi nelle ore successive. Secondo quanto riportato da Politico, i consiglieri della Casa Bianca avrebbero convinto Trump ad attenuare i toni nei confronti di Musk per evitare ulteriori danni politici, suggerendogli di concentrarsi sulla promozione del disegno di legge piuttosto che sullo scontro personale. Il presidente ha minimizzato la frattura, dichiarando che “va tutto molto bene” e vantando sondaggi favorevoli. Parallelamente, è stata programmata una telefonata tra Musk e lo staff presidenziale per tentare un riavvicinamento. Anche personalità esterne, come il finanziere Bill Ackman, hanno invitato alla riconciliazione.

Ma la frattura riflette la difficoltà strutturale di integrare Musk in un’amministrazione già centrata su un solo “re sole”. “Ci sono due re e un solo cielo”, aveva profetizzato Bannon nel 2024. Ora ne è rimasto solo uno.

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