Trump e il sostegno dei grandi poteri economici: una convergenza globale

Dai vertici dell’energia e della finanza ai leader politici di Asia ed Europa, molti esponenti dell’élite mondiale sembrano allinearsi alle richieste di Donald Trump, testimoniando l’influenza crescente del trumpismo sulla scena internazionale.

Trump e il sostegno dei grandi poteri economici: una convergenza globale
Immagine creata dall’intelligenza artificiale. Fonte: ChatGPT

All’inizio di marzo, durante la CERAWeek di Houston, uno degli eventi più rilevanti nel mondo dell’energia, il presidente di TotalEnergies, Patrick Pouyanné, ha dichiarato: «È forse il momento di riprendere l’esplorazione del golfo d’America». Una frase che racchiude una duplice adesione al linguaggio e all’agenda politica di Donald Trump: ribattezzare il golfo del Messico con una terminologia trumpista e proporre di tornare a trivellare in quell’area, a quindici anni dal disastro ambientale di Deepwater Horizon.

Pouyanné non è l’unico rappresentante della classe dirigente mondiale ad avvicinarsi apertamente all’ex presidente statunitense. La sospensione del blocco ambientale al progetto texano di TotalEnergies e l’approvazione di un finanziamento statunitense da 5 miliardi di dollari per un controverso gasdotto in Mozambico riflettono un allineamento di interessi che premia la vicinanza al trumpismo. Come nota Arnaud Leparmentier su Le Monde, l’atteggiamento di molti potenti internazionali sembra suggerire un’adesione implicita al motto: «Siamo tutti americani».

A Washington, la rinnovata influenza di Trump attira una serie di interlocutori di primo piano. Il 21 gennaio, Masayoshi Son, fondatore di SoftBank, ha annunciato un investimento di 100 miliardi di dollari nell’intelligenza artificiale, all’interno del progetto “Stargate”. Rivolgendosi direttamente a Trump, Son ha definito l’iniziativa come «l’inizio di un’età dell’oro», richiamando l’epoca dei magnati ottocenteschi, spesso celebrata dall’ex presidente.

L’interesse per gli Stati Uniti come piattaforma privilegiata per gli investimenti è però accompagnato da un atteggiamento remissivo di fronte a decisioni unilaterali dell’amministrazione. Il primo ministro giapponese, Shigeru Ishiba, si è visto negare la possibilità che Nippon Steel acquisisse US Steel e ha dovuto accettare la possibilità di nuovi dazi doganali. Nonostante ciò, ha elogiato la «presenza intrepida» di Trump, citando il suo ritorno in politica dopo l’attentato del luglio precedente.

Anche dalla Taiwan dell’alta tecnologia arrivano segnali di allineamento. C. C. Wei, amministratore delegato di TSMC, ha ringraziato Trump per l’intuizione del 2020 riguardo agli investimenti nell’Arizona. Un riconoscimento che ha provocato la reazione dell’ex presidente taiwanese Ma Ying-jeou, che ha accusato il governo di Taipei di «vendere» TSMC come “tassa di protezione” a Washington. Secondo Ma, il rischio è che l’isola possa seguire il destino dell’Ucraina.

Nel quadro europeo, la posizione della NATO si è rivelata altrettanto cauta. Interrogato il 13 marzo sulla pretesa di Trump di includere il Groenlandia tra gli interessi di sicurezza americani, il segretario generale Mark Rutte ha evitato qualsiasi presa di posizione, escludendo l’argomento dalla discussione per non coinvolgere l’Alleanza Atlantica.

Un altro episodio emblematico riguarda il Canale di Panama. Senza che nessun rappresentante panamense sia stato ricevuto alla Casa Bianca, Trump è riuscito a far vendere in fretta alla BlackRock di Larry Fink i due porti gestiti da una compagnia di Hong Kong. Fink, fino a poco tempo fa simbolo dell’impegno ambientale e del movimento #MeToo, sembra ora pienamente integrato nella visione trumpiana. Un esempio che, secondo Leparmentier, riflette l’atteggiamento generale di gran parte del mondo imprenditoriale americano.

Il potere di attrazione esercitato da Donald Trump si esprime anche attraverso numeri ambiziosi: gli Emirati Arabi Uniti hanno promesso investimenti per 1.400 miliardi di dollari in dieci anni, e si parla complessivamente di 4.000 miliardi di investimenti annunciati dal suo ritorno alla presidenza. La concretezza di queste cifre resta da verificare, ma il messaggio politico è già chiaro: il trumpismo, fondato sull’intimidazione e sull’ostentazione del potere, continua a esercitare un’attrazione difficile da contrastare, anche per chi in passato lo osteggiava apertamente.

La dinamica in atto non si limita quindi a un semplice ritorno di un leader politico, ma si manifesta come un nuovo baricentro per l’economia e la geopolitica globale, in cui le élite economiche sembrano disposte a fare concessioni pur di mantenere l’accesso ai vantaggi offerti dagli Stati Uniti.

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