Trump è davvero serio con i test nucleari?
Il presidente ha annunciato la ripresa dei test dopo 33 anni, ma né lui né la Casa Bianca hanno chiarito cosa intendano fare esattamente. L'ambiguità ha generato confusione persino tra i vertici militari, mentre gli esperti si dividono.
"Faremo dei test", ha dichiarato venerdì Donald Trump a bordo dell'Air Force One. "Altri paesi lo fanno. Se loro lo fanno, noi lo faremo". Poche parole che hanno lasciato il mondo a chiedersi: cosa intende davvero il presidente americano? L'annuncio, arrivato mercoledì con un messaggio su Truth Social pubblicato pochi minuti prima del vertice con Xi Jinping, ha generato più domande che risposte sulla reale intenzione degli Stati Uniti di riprendere i test nucleari dopo 33 anni di stop.
La Casa Bianca si è rifiutata di chiarire se Trump si riferisse a test esplosivi di armi nucleari, che solo la Corea del Nord ha condotto nel ventunesimo secolo, oppure a test di missili in grado di trasportare testate nucleari, che sono invece ordinari. La Casa Bianca non è andata oltre qualche vafa fornula.
Il vicepresidente JD Vance, interrogato giovedì, si è limitato a dire che "il post su Truth Social del presidente parla da solo", senza fornire alcun dettaglio. Ha poi aggiunto una spiegazione generica: "Abbiamo un grande arsenale. A volte bisogna testarlo per assicurarsi che funzioni e operi correttamente. Per essere chiari, sappiamo che funziona correttamente, ma bisogna verificarlo nel tempo". Parole che potrebbero riferirsi sia a test missilistici convenzionali sia a esplosioni nucleari vere e proprie.
L'ambiguità ha colto di sorpresa persino i vertici militari. Durante un'audizione al Senato giovedì, il vice ammiraglio Richard Correll, nominato a guidare lo Strategic Command americano responsabile della deterrenza nucleare, ha affermato di non presumere che le parole del presidente significassero test nucleari esplosivi. "Né la Cina né la Russia hanno condotto un test esplosivo nucleare. Quindi non ci sto leggendo nulla dentro né fuori", ha dichiarato Correll, aggrappandosi al riferimento di Trump a test su "base paritaria" con altri paesi.
Nel suo messaggio originale su Truth Social, Trump aveva scritto di aver "ordinato al Dipartimento della Guerra di iniziare a testare le nostre armi nucleari su base paritaria" e che "il processo inizierà immediatamente". Ma anche qui c'è confusione. L'arsenale nucleare americano è mantenuto dal Dipartimento dell'Energia e dalla National Nuclear Security Administration, non dal Dipartimento della Difesa come indicato dal presidente. Il Dipartimento dell'Energia supervisiona i test di armi nucleari dalla sua creazione nel 1977.
Il segretario alla difesa Pete Hegseth, in viaggio in Asia venerdì, ha cercato di fornire una spiegazione affermando che Trump era stato "chiaro" sulle sue motivazioni e che il Pentagono e il Dipartimento dell'Energia avrebbero implementato insieme i test. "Dobbiamo avere una deterrenza nucleare credibile e riprendere i test è un modo abbastanza responsabile, molto responsabile per farlo", ha dichiarato. "Rende meno probabile un conflitto nucleare se sai cosa hai e ti assicuri che funzioni correttamente". Ma nemmeno Hegseth ha offerto ulteriori dettagli concreti.
Gli esperti si dividono nell'interpretazione. Rose Gottemoeller, ex negoziatrice americana per il controllo degli armamenti e docente all'Università di Stanford, ritiene che Trump sembri essere stato "punto sul vivo dalle vanterie di Vladimir Putin sul programma Burevestnik", riferito ai test missilistici russi con sistema di propulsione nucleare, non ai test di testate. Secondo questa interpretazione, Trump potrebbe aver confuso test missilistici con test nucleari esplosivi.
James Acton, co-direttore del Nuclear Policy Program presso la Carnegie Endowment for International Peace, ha sintetizzato lo stato delle cose: "Siamo ancora in modalità attendista date le dichiarazioni ambigue di Trump". Ha poi aggiunto che "se gli Stati Uniti testassero una testata nucleare, quasi certamente avverrebbe sottoterra nel sito di test del Nevada. Ma le sue implicazioni si farebbero sentire molto più lontano".
I commenti di Trump potrebbero avere più a che fare con la ricerca di leva negoziale nei negoziati con Cina, Russia e altre potenze globali che con un cambiamento politico concreto. Del resto, ancora a febbraio il presidente aveva dichiarato: "Non c'è ragione di costruire nuove armi nucleari. Ne abbiamo già così tante. Potremmo distruggere il mondo 50 volte, 100 volte". Un ritorno ai test nucleari rappresenterebbe quindi una svolta radicale rispetto alle sue stesse parole di pochi mesi fa.
Gottemoeller ritiene possibile che Trump possa intensificare esperimenti più piccoli con materiali nucleari in contenitori speciali piuttosto che grandi detonazioni sotterranee. Gli Stati Uniti hanno condotto test cosiddetti non esplosivi, o a "zero yield", per rispettare il Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty del 1996 che ha firmato ma non ratificato. Russia e Cina avrebbero invece condotto test che comportavano piccole esplosioni nucleari a basso rilascio energetico. "Ciò che mi sembra probabile è che alcuni entusiasti dei test spingeranno per violare il vincolo di zero yield che abbiamo mantenuto per quasi tre decenni nell'interesse di 'fare quello che russi e cinesi stanno già facendo' nei loro esperimenti nucleari sotterranei", ha affermato.
Se Trump parlasse davvero di test esplosivi, gli Stati Uniti violerebbero una norma internazionale consolidata. Il paese ha condotto il suo ultimo test nucleare il 23 settembre 1992, un'esplosione sotterranea chiamata "Divider" nel Nevada. In totale, dal primo test del 1945 chiamato "Trinity" fino al 1992, gli Stati Uniti hanno fatto esplodere 1.030 bombe atomiche in test, più di qualsiasi altro paese. Questi numeri non includono le due armi usate contro il Giappone alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Il programma di test si fermò dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Nel 1996 gli Stati Uniti firmarono il trattato che vieta tutti i test esplosivi nucleari. Sebbene non sia entrato in vigore per mancanza di ratifiche, il rifiuto delle esplosioni nucleari si è affermato come norma. Da allora hanno condotto test solo India, Pakistan e Corea del Nord. Kelsey Davenport, direttrice per le politiche di non proliferazione della Arms Control Association, ha sottolineato che "il regime di non proliferazione è a un punto di svolta" e che un test americano "potrebbe aprire la porta ad altri paesi per sviluppare una deterrenza nucleare praticabile".
I critici sostengono che eventuali test esplosivi sarebbero inutili. Il Dipartimento dell'Energia ha un programma chiamato "stockpile stewardship" progettato per garantire l'affidabilità dell'arsenale nucleare americano senza nuovi test sotterranei o atmosferici, grazie a simulazioni fisiche e matematiche basate sui dati raccolti durante i mille test del passato. "Quasi tutti vi diranno che sappiamo di più sui principi fisici fondamentali delle armi nucleari grazie al nostro programma scientifico che grazie al nostro programma di test", aveva dichiarato il direttore della National Nuclear Security Administration a dicembre 2024.
Tuttavia alcuni sostenitori di Trump la pensano diversamente. L'Heritage Foundation, gruppo di riflessione conservatore, ritiene che le simulazioni siano insufficienti per "convincere gli avversari degli Stati Uniti che il loro arsenale nucleare è credibile". Robert Peters, specialista della deterrenza, in un rapporto pubblicato a gennaio ha scritto che "può essere necessario testare i nuovi sistemi per assicurarsi che funzionino come previsto" e che i test sono "quasi un'arma in sé". Secondo Peters, di fronte a un avversario dotato dell'arma nucleare, "il presidente potrebbe decidere di mostrare che gli Stati Uniti non si lasceranno intimidire e ordinare un test per mostrare la loro determinazione".
Se Trump decidesse davvero di procedere con test esplosivi, i tempi non sarebbero immediati come ha dichiarato. Quando Washington mise fine ai suoi test tre decenni fa, era previsto che gli Stati Uniti fossero in grado di riprenderli su ordine del presidente con un preavviso di 24-36 mesi. Doreen Horschig, ricercatrice al Center for Strategic and International Studies di Washington, stima che un sito di test potrebbe essere pronto "in un periodo da sei a dieci mesi per un test sotterraneo molto basilare". "Il tempo è molto più lungo se si vogliono testare nuove testate e nuove capacità", ha aggiunto.
Una presentazione realizzata per il Los Alamos National Laboratory nel 2018 aveva evidenziato le sfide, sottolineando che negli anni Sessanta in media 20.000 persone erano presenti sul sito per organizzare e preparare i test. Le slide indicavano che "un test richiederebbe da due a quattro anni per pianificare ed eseguire", descrivendoli come "imprese massicce". Eventuali test avverrebbero probabilmente nel Nevada, dove si trovano centinaia di crateri di test sotterranei con pozzi che possono arrivare fino a diverse centinaia di metri di profondità.
Le conseguenze geopolitiche di un test americano sarebbero pesanti. Daryl Kimball, direttore esecutivo della Arms Control Association, ha definito la posizione del presidente "incoerente, mal informata e controproducente". "Se Trump riuscirà a farlo, aprirà la porta a una reazione a catena di test nucleari come non ne vediamo da un quarto di secolo", ha avvertito. Il Cremlino ha già risposto affermando che la Russia seguirebbe l'esempio. "Se qualcuno devierà dal moratorium, la Russia agirà di conseguenza", ha dichiarato Dmitry Peskov, portavoce del presidente Putin.
Il senatore democratico Jack Reed ha notato che gli Stati Uniti hanno condotto oltre mille test nucleari nell'era della Guerra Fredda, centinaia più della Russia e molto più dei 47 test totali della Cina. Quei decenni di test hanno prodotto "codici di modellazione sofisticati" che permettono di mantenere le capacità tramite supercomputer. Il moratorium globale "ha bloccato un vantaggio tecnico per gli Stati Uniti", ha spiegato Davenport, "ed è una delle ragioni per cui sarebbe sciocco per Trump riaprire la porta ai test nucleari, perché potrebbe permettere ad altri Stati di recuperare terreno".
L'annuncio sta già causando reazioni negative a Washington. "Donald Trump ha messo il proprio ego e le ambizioni autoritarie prima della salute e della sicurezza dei residenti del Nevada", ha dichiarato Dina Titus, deputata democratica del Nevada. "Il suo annuncio non solo va contro i trattati sul controllo degli armamenti e sulla non proliferazione che gli Stati Uniti hanno guidato dalla fine della Guerra Fredda, ma rimette anche il Nevada e tutti quelli sottovento nel mirino delle radiazioni tossiche e della distruzione ambientale".
Trump ha anche affermato che gli Stati Uniti "hanno più armi nucleari di qualsiasi altro paese", ma secondo la Arms Control Association con sede a Washington, la Russia possiede 5.580 testate nucleari contro le 5.225 americane, incluse quelle ritirate in attesa di essere smantellate. I due paesi rappresentano quasi il 90 per cento delle testate atomiche mondiali.
Resta da capire se le parole di Trump si tradurranno in azioni concrete o se rimarranno una minaccia usata come leva negoziale. Per ora, il mondo resta in attesa di segnali più chiari da Washington su cosa significhi davvero l'annuncio presidenziale.