Trump chiede le dimissioni del CEO di Intel per presunti legami con la Cina
Il presidente attacca Lip-Bu Tan definendolo “altamente compromesso”, mentre le azioni della società crollano del 5% e crescono le pressioni politiche sull’industria dei semiconduttori

Il presidente Donald Trump ha chiesto giovedì le dimissioni immediate dell’amministratore delegato di Intel, Lip-Bu Tan, accusandolo di avere legami compromettenti con aziende cinesi. La richiesta è arrivata con un post pubblicato sul social network Truth Social, in cui il presidente ha scritto: “Il CEO di INTEL è altamente compromesso e deve dimettersi, immediatamente. Non c’è altra soluzione a questo problema”. Intel, contattata dal sito Axios, non ha fornito una risposta.
L’attacco del presidente giunge in un momento delicato per l’azienda di semiconduttori, impegnata in una complessa fase di ristrutturazione. Intel sta cercando di rilanciare la propria posizione nel mercato globale mentre il governo statunitense, guidato da Trump, continua a promuovere con forza la produzione nazionale di chip. L’industria è considerata strategica per la sicurezza economica e militare degli Stati Uniti, e Washington ha recentemente aumentato le pressioni su imprese e dirigenti sospettati di avere rapporti con entità cinesi.
La dichiarazione di Trump è arrivata il giorno successivo all’invio di una lettera del senatore repubblicano Tom Cotton al consiglio di amministrazione di Intel. Nella missiva, il senatore dell’Arkansas ha espresso preoccupazioni riguardo ai presunti collegamenti tra Lip-Bu Tan e aziende cinesi con legami con il Partito Comunista Cinese e l’esercito della Repubblica Popolare. Cotton ha sottolineato in particolare che Intel ha ricevuto una sovvenzione di 8 miliardi di dollari nell’ambito del CHIPS Act, e ha affermato che le relazioni di Tan con la Cina “sollevano domande sulla capacità di Intel di rispettare questi obblighi”.
Lip-Bu Tan è stato nominato amministratore delegato di Intel nel marzo del 2024. Al momento della sua nomina, la società si trovava già al centro delle trasformazioni volute dal governo per ridurre la dipendenza dagli impianti produttivi asiatici. Alla fine di luglio, l’azienda aveva pubblicato risultati finanziari migliori delle attese per i primi mesi di gestione Tan, anche se aveva contemporaneamente annunciato un ridimensionamento dei piani di costruzione di nuove fabbriche.
Nonostante i segnali positivi sui conti, l’intervento diretto del presidente ha avuto conseguenze immediate sui mercati. Le azioni Intel hanno perso quasi il 5% nelle contrattazioni pre-mercato, in controtendenza rispetto all’andamento positivo della maggior parte dei titoli del settore semiconduttori nella stessa giornata. La reazione negativa degli investitori riflette la preoccupazione per un possibile scontro tra l’azienda e l’amministrazione, che ha fatto della sovranità tecnologica una priorità strategica.
La vicenda si inserisce in un contesto di crescente tensione tra Stati Uniti e Cina sul fronte della tecnologia avanzata. L’amministrazione Trump ha rafforzato le restrizioni sulle esportazioni di chip verso la Cina e ha varato un pacchetto di incentivi per riportare sul suolo statunitense parte della catena produttiva globale. In questo quadro, i legami di dirigenti e aziende con il mercato cinese sono oggetto di crescente attenzione politica, in particolare da parte dell’ala più dura del Partito Repubblicano.
Al momento, il consiglio di amministrazione di Intel non ha reso pubbliche decisioni o commenti sulla posizione del suo amministratore delegato. Resta da vedere se l’intervento del presidente porterà a un cambio ai vertici della compagnia o a nuove misure di verifica e trasparenza sulle relazioni internazionali dei dirigenti del settore.