Trump cambia idea su Putin: più armi all’Ucraina e nuove sanzioni contro Mosca
Dopo mesi di ambiguità, il presidente e i leader repubblicani si avvicinano a Kyiv con l'invio di armi e l'approvazione di un nuovo pacchetto di sanzioni energetiche contro la Russia

Il presidente Donald Trump e i principali leader del Congresso hanno impresso una svolta alla politica statunitense verso il conflitto in Ucraina. Dopo sei mesi di ambiguità e aperture verso Mosca, la Casa Bianca ha annunciato nuovi invii di armamenti a Kyiv, mentre i vertici repubblicani del Congresso spingono per un pacchetto di sanzioni rafforzate contro chi compra energia russa.
Il cambio di linea è maturato nei giorni scorsi, in un clima di crescente frustrazione del presidente Trump per l’atteggiamento del presidente russo Vladimir Putin, accusato di non voler seriamente trattare una soluzione al conflitto. Trump, che aveva promesso lo scorso anno una rapida conclusione della guerra, non è riuscito a ottenere progressi significativi. “È sempre molto gentile con noi, ma alla fine è tutto inutile”, ha dichiarato martedì durante una riunione di governo, accusando Putin di “dire un sacco di stronzate”.
Un alto funzionario della Casa Bianca ha confermato al Washington Post mercoledì che Trump ha dato il via libera ad alcune delle richieste ucraine, sulla base di un elenco dettagliato consegnatogli dal presidente Volodymyr Zelensky in occasione di un incontro all’Aia. I dettagli sugli armamenti approvati non sono stati resi pubblici, ma Zelensky ha più volte chiesto ulteriori batterie di missili Patriot per la difesa delle città e delle infrastrutture strategiche.
Sul fronte legislativo, il presidente della Camera Mike Johnson e il capogruppo repubblicano al Senato John Thune hanno annunciato l’intenzione di approvare entro il mese un provvedimento che consentirebbe a Trump di imporre dazi del 500% su prodotti importati da Paesi che acquistano petrolio, gas o uranio russi. La misura, promossa dai senatori Lindsey Graham (repubblicano) e Richard Blumenthal (democratico), conta già oltre 80 firmatari al Senato. In passato alcuni repubblicani avevano espresso timori che tali sanzioni potessero limitare il margine d’azione del presidente nelle trattative diplomatiche con Mosca. Ora, però, i vertici del partito sembrano allineati alla nuova postura di Trump.
“Putin si è mostrato indisponibile a negoziare seriamente per la pace. Credo sia giunto il momento di inviargli un messaggio forte”, ha affermato Johnson. Thune ha dichiarato in aula che “sono stati fatti progressi sostanziali” sul testo, che potrebbe arrivare al voto già nelle prossime settimane.
Parallelamente, il tema degli aiuti militari ha continuato a generare confusione. La scorsa settimana il Pentagono aveva annunciato una revisione della distribuzione delle forniture militari, segnalando la necessità di interrompere temporaneamente alcuni invii per dare priorità ad altri teatri strategici. Tuttavia, un alto funzionario della difesa ha smentito che vi sia stato un vero blocco, spiegando che il segretario alla Difesa Pete Hegseth aveva firmato a giugno un memorandum che prevedeva solo un maggior livello di controllo su ogni tipo di munizione.
“Se il presidente vuole inviare armi, siamo pronti a farlo. Se decide il contrario, siamo pronti anche a questo”, ha detto un altro alto funzionario della difesa, indicando che la struttura operativa si adegua alle scelte politiche. Non è chiaro se, durante la fase di incertezza, qualche spedizione sia stata effettivamente bloccata da funzionari intermedi in attesa di indicazioni.
In Congresso, alcuni senatori repubblicani hanno espresso preoccupazione per la presunta sospensione degli aiuti e hanno apprezzato il cambio di rotta di Trump. “Sostenere l’Ucraina con le risorse necessarie è essenziale per resistere agli attacchi russi”, ha dichiarato il senatore Mike Rounds, membro della Commissione Forze Armate del Senato. Mitch McConnell, capogruppo repubblicano alla sottocommissione Difesa del Comitato per gli stanziamenti, ha definito “incoerente e strategicamente dannosa” qualsiasi limitazione all’assistenza militare a Kyiv.
Secondo Michael Kofman, esperto del Carnegie Endowment for International Peace, l’amministrazione sembra voler restare in una posizione di mediazione tra le parti, senza assumersi la piena responsabilità politica del conflitto. “Non si stanno né ritirando, né prendendo decisioni che implicherebbero una vera assunzione di responsabilità.”
In ogni caso, l’ammontare degli aiuti statunitensi all’Ucraina è in calo. Le ultime forniture autorizzate durante l’amministrazione Biden stanno esaurendosi, e i fondi per nuovi pacchetti richiederebbero un intervento del Congresso. Il consenso su questo punto non è scontato, anche alla luce delle tensioni politiche a Washington sotto la presidenza Trump.
Ciononostante, il ruolo degli Stati Uniti sul campo resta rilevante, anche se l’Ucraina si è gradualmente resa meno dipendente dal supporto americano. “La realtà è che Kyiv ha oggi minori esigenze quotidiane coperte dagli Stati Uniti. Molte munizioni possono essere acquistate dai Paesi europei,” ha spiegato Kofman. “In alcuni casi gli europei possono sostituirsi a noi, in altri dovranno acquistare nuove produzioni statunitensi, se saremo disposti a venderle.”
Intanto, nelle ore successive alla telefonata tra Putin e Trump, Mosca ha lanciato su Kyiv una delle offensive più intense dall’inizio della guerra: secondo l’aeronautica ucraina, tra martedì e mercoledì sono stati impiegati 728 droni, un record assoluto.