Trump bombarda in nome dei cristiani, ma in Nigeria la realtà è più complessa

Il governo di Abuja ha deciso di cooperare con Washington dopo le minacce di Trump, ma esperti e residenti locali contestano la narrativa di una "guerra santa" contro i cristiani

Trump bombarda in nome dei cristiani, ma in Nigeria la realtà è più complessa
Official White House Photo by Daniel Torok

La Nigeria ha scelto di collaborare con gli Stati Uniti per evitare l'umiliazione di un'azione militare unilaterale. Dopo che il presidente Donald Trump a novembre aveva minacciato di intervenire "con le armi in pugno" se il governo nigeriano non avesse fermato quello che definiva un "genocidio" dei cristiani, Abuja ha deciso di giocare d'anticipo. Il risultato è stato il bombardamento coordinato del 25 dicembre, presentato come un'operazione congiunta contro militanti dell'ISIS nel nord-ovest del paese.

Il ministro degli esteri nigeriano Yusuf Tuggar ha confermato che la Nigeria ha fornito intelligence agli Stati Uniti e ha approvato gli attacchi. In un'intervista ha parlato di "una nuova fase di un vecchio conflitto" e ha lasciato intendere che seguiranno altri bombardamenti. La scelta di cooperare con Trump è strategica: meglio controllare le operazioni militari americane sul proprio territorio che subirle passivamente. Ma questa alleanza solleva interrogativi sulla sovranità nazionale e sulla reale comprensione della situazione da parte dell'amministrazione americana.

La narrativa di Trump, infatti, si scontra con la complessità del contesto nigeriano. Il presidente ha giustificato l'attacco sostenendo che i militanti dell'ISIS stavano "uccidendo selvaggiamente, principalmente, cristiani innocenti". Ma gli analisti di sicurezza e i dati sul campo raccontano una storia diversa. La Nigeria, paese di oltre 230 milioni di abitanti diviso quasi equamente tra musulmani nel nord e cristiani nel sud, affronta una crisi di sicurezza multiforme in cui entrambe le comunità religiose sono vittime.

Secondo i dati dell'Armed Conflict Location and Event Data Project, tra gennaio 2020 e settembre 2025 ci sono stati quasi 12.000 attacchi contro civili in Nigeria, che hanno causato oltre 20.000 morti. Solo il 5 per cento di questi attacchi era esplicitamente motivato da ragioni religiose, uccidendo 317 cristiani e 417 musulmani. Il nord a maggioranza musulmana è la regione più colpita dalla violenza. Il senatore repubblicano Ted Cruz ha sostenuto che oltre 50.000 cristiani sarebbero stati uccisi da Boko Haram dal 2009, ma un'inchiesta della BBC ha rilevato che questi numeri si basano su rapporti giornalistici in cui la religione delle vittime non era specificata. Lo stesso rapporto citato da Cruz stimava 34.000 musulmani uccisi nello stesso periodo.

Il caso del villaggio di Jabo, colpito dai missili americani, è emblematico di questa contraddizione. I residenti intervistati hanno espresso confusione per l'attacco, spiegando che la loro comunità non ha mai subito violenze terroristiche e che cristiani e musulmani convivono pacificamente. Bashar Isah Jabo, parlamentare che rappresenta la zona, ha definito il villaggio "una comunità pacifica" senza storia di presenza dell'ISIS o di altri gruppi terroristici. Lo stato di Sokoto, dove è avvenuto il bombardamento, è abitato quasi esclusivamente da musulmani, e secondo gli analisti sono proprio loro a subire il peso maggiore degli attacchi terroristici.

Il vescovo cattolico di Sokoto, Matthew Hassan Kukah, ha dichiarato di recente che la zona "non ha un problema di persecuzione" dei cristiani. Eppure Trump ha scelto di colpire proprio lì, in un'area remota dove il gruppo probabilmente preso di mira è Lakurawa, un'organizzazione affiliata alla provincia del Sahel dell'ISIS. Lakurawa è emersa come movimento di vigilanti intorno al 2017, quando fu invitata dalle autorità tradizionali a proteggere le comunità dai banditi. Ma il gruppo ha finito per imporsi con la forza, applicando una rigida interpretazione della legge islamica che ha alienato gran parte della popolazione rurale.

Gli esperti di sicurezza sottolineano che i legami tra Lakurawa e l'ISIS non sono completamente provati, e che la scelta di Sokoto come obiettivo è curiosa. Se l'intento fosse stato colpire i gruppi con i legami più documentati con l'ISIS, l'attacco avrebbe dovuto riguardare il nord-est della Nigeria, dove opera la Islamic State West Africa Province, scissione di Boko Haram. La foresta di Sambisa, roccaforte storica dei jihadisti nel nord-est, sarebbe stata un obiettivo più ovvio.

Le motivazioni politiche dietro la decisione di Trump sono chiare. Il presidente ha subito per mesi pressioni da parte di leader evangelici americani e di esponenti repubblicani come Cruz, che hanno amplificato la narrativa di una persecuzione sistematica dei cristiani nigeriani. La scelta di colpire il giorno di Natale non è casuale: in un'intervista Trump ha spiegato di aver ritardato l'attacco di un giorno per farne "un regalo di Natale". Il simbolismo religioso è difficile da ignorare, così come l'angolo politico. Come ha notato James Barnett, ricercatore del Hudson Institute, è significativo che sia stato Trump, e non i funzionari nigeriani, ad annunciare per primo gli attacchi.

Colin Clarke, direttore esecutivo del Soufan Center, ha posto una domanda centrale: "L'attacco contro l'ISIS in Nigeria è collegato a una più ampia campagna antiterrorismo? O questi bombardamenti servono a rassicurare i cristiani negli Stati Uniti che fanno parte della base del presidente?". Clarke ha aggiunto che gli Stati Uniti dovrebbero smantellare la minaccia dell'ISIS in Africa perché rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale americana, non per ragioni ideologiche o religiose.

L'efficacia dell'operazione rimane incerta. Un funzionario militare americano ha dichiarato che la zona colpita è così remota che potrebbero volerci giorni per valutare i danni. Cameron Hudson, ex funzionario del Dipartimento di Stato che ha lavorato su questioni africane, ha espresso scetticismo: "Non è realistico pensare che alcuni missili da crociera cambieranno molto nel breve termine. L'amministrazione Trump dovrà dimostrare un impegno a lungo termine per porre fine a questa militanza se spera di avere qualche effetto".

Il governo nigeriano si trova ora in una posizione delicata. Da un lato, ha ottenuto supporto militare americano contro gruppi che le sue forze faticano a contenere. Dall'altro, rischia di essere percepito come complice di una narrativa che distorce la realtà del conflitto e che potrebbe alimentare tensioni religiose. Il ministro dell'informazione Mohammed Idris ha cercato di chiarire che "il terrorismo in Nigeria non è un conflitto religioso, è una minaccia alla sicurezza regionale". Ma il messaggio potrebbe essere offuscato dalla retorica di Trump.

Gli analisti avvertono che semplificare la crisi nigeriana come una guerra santa contro i cristiani è pericoloso. Anthea Butler, studiosa di religione all'Università della Pennsylvania, ha criticato l'amministrazione Trump per aver trasformato una situazione complessa in una "guerra morale". Ha anche evidenziato una contraddizione: mentre Trump promette di proteggere i cristiani nigeriani, la sua amministrazione nega l'ingresso ai rifugiati nigeriani, con l'eccezione dei sudafricani bianchi.

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