Trump annuncia la fine del Digital Equity Act: “È razzista e illegale”
Il presidente attacca il programma di connettività varato da Biden. La senatrice Murray replica: “Non sa di cosa parla, colpisce anche comunità repubblicane”

Il presidente Donald Trump ha annunciato l'intenzione di mettere fine al Digital Equity Act, una misura varata durante l’amministrazione Biden con l’obiettivo di estendere l’accesso a internet ad alta velocità in tutto il Paese. In un messaggio pubblicato sulla piattaforma Truth Social, Trump ha definito il programma un’iniziativa “razzista” e “illegale”, dichiarando di volerlo abolire immediatamente per risparmiare “miliardi di dollari” ai contribuenti statunitensi.
Secondo quanto riportato nel post, il presidente ha discusso della questione con il Segretario al Commercio Howard Lutnick, affermando: “Siamo d’accordo che il cosiddetto ‘Digital Equity Act’ di Biden/Harris è totalmente INCOSTITUZIONALE. Basta con gli aiuti woke basati sulla razza! Il Programma di Equità Digitale è un regalo RAZZISTA e ILLEGALE da 2,5 MILIARDI DI DOLLARI. Gli sto mettendo fine IMMEDIATAMENTE”.

Il Digital Equity Act era stato introdotto nel 2021 come parte del pacchetto infrastrutturale da mille miliardi di dollari approvato sotto la presidenza Biden. La misura aveva stanziato circa 60 milioni di dollari in sovvenzioni iniziali per aiutare stati e territori a sviluppare piani volti a migliorare l’accesso alla tecnologia nelle rispettive aree. Ulteriori 2,5 miliardi di dollari erano destinati all’implementazione effettiva di tali progetti, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere l’“internet per tutti”.
Nelle intenzioni dell’amministrazione Biden, il programma doveva ridurre il divario digitale che colpisce comunità svantaggiate, tra cui anziani, studenti, aree rurali e minoranze etniche, attraverso interventi su scala locale. Il modello di finanziamento prevedeva infatti che città, stati e tribù potessero decidere in autonomia come investire le risorse ricevute.
A reagire con fermezza all’annuncio è stata la senatrice democratica dello Stato di Washington Patty Murray, autrice originaria del Digital Equity Act. In una dichiarazione pubblica, Murray ha risposto: “Come al solito, il Presidente non ha idea di cosa stia parlando”. La senatrice ha rivendicato il carattere inclusivo e flessibile della misura, affermando di averla concepita per “colmare il divario digitale in America”, permettendo a studenti, anziani e lavoratori di accedere agli strumenti digitali essenziali.
Murray ha spiegato che la legge “offre la massima flessibilità a città, stati e tribù”, affinché le risorse possano essere adattate ai bisogni specifici di ciascuna comunità locale. Ha inoltre ricordato che il provvedimento era stato approvato con “un ampio sostegno bipartisan”, contestando quindi la rappresentazione ideologica proposta da Trump.
Sul piano legale, la cancellazione dei fondi potrebbe incontrare ostacoli significativi. Essendo stati approvati dal Congresso, i finanziamenti previsti dal Digital Equity Act rientrano formalmente nel bilancio federale, e la loro eventuale revoca unilaterale da parte dell’esecutivo potrebbe essere soggetta a contestazioni giudiziarie. A questo proposito, Murray ha dichiarato che, se Trump dovesse impedire l’erogazione dei fondi già stanziati, “starebbe rubando al popolo americano”.
“È assolutamente folle — ha concluso la senatrice — che le risorse destinate ad aiutare le comunità sia repubblicane che democratiche a colmare il divario digitale vengano bloccate illegalmente perché al Presidente non piace la parola equità”. Tra i beneficiari delle sovvenzioni, Murray ha citato “distretti scolastici locali, biblioteche, programmi di formazione professionale e tribù”, sottolineando l’impatto concreto e diffuso della legge a livello nazionale.