Trump affronta il suo avversario più duro: il mondo trumpiano
Un’ondata di pressioni sul caso Epstein ha costretto il presidente a cambiare rotta, rivelando una rara debolezza provocata non dagli avversari politici, ma dai suoi sostenitori più fedeli.

Una campagna di pressione senza precedenti ha spinto il presidente Trump a fare marcia indietro sul caso Jeffrey Epstein, segnando un momento di vulnerabilità causato non dai democratici, dai repubblicani moderati o dai tribunali, ma dalla base MAGA. Un gruppo di influencer e attivisti, solitamente noto per il sostegno incondizionato al presidente, ha imposto la propria agenda.
Dopo quasi due settimane di pressioni, Trump ha ordinato al procuratore generale Pam Bondi di diffondere la testimonianza del gran giurì legata al caso Epstein. È un passo che, pur avendo poche possibilità di produrre nuove prove e non soddisfacendo le richieste più radicali della base, segna comunque un cambio di posizione. Solo pochi giorni prima, Trump aveva liquidato i cosiddetti "Epstein files" come una “bufala” dei democratici, arrivando persino a insultare i sostenitori che credevano in un complotto più ampio, definendoli “deboli”.
L’episodio ha avuto origine da un memorandum del Dipartimento di Giustizia e dell’FBI, che affermava che non esiste alcuna “lista di clienti” segreta, nessuna prova di ricatti e che Epstein si sarebbe tolto la vita.
In un contesto politico dove i tradizionali pesi e contrappesi sembrano avere scarso impatto su un presidente che ha ampliato il potere esecutivo e piegato le istituzioni alla propria volontà, l’unico vero controllo su Trump arriva oggi dai suoi sostenitori più radicali. È la stessa base che, fino a pochi mesi fa, offriva un sostegno quasi incondizionato.
A sei mesi dall’inizio del secondo mandato, Trump non ha incontrato resistenze significative dai suoi avversari storici. Il 4 luglio ha approvato la legge che rappresenta la sua priorità legislativa, rispettando una tabella di marcia ambiziosa preparata con i leader repubblicani. Ha piegato il Freedom Caucus e neutralizzato i repubblicani più prudenti, preoccupati per deficit e Medicaid. I democratici al Congresso, privi di strumenti reali per bloccare la sua agenda, hanno visto i loro consensi crollare ai minimi storici. Anche la magistratura ha perso parte della sua capacità di freno, dopo che la Corte Suprema ha limitato il potere dei tribunali di bloccare le politiche presidenziali con ingiunzioni nazionali. All’interno dell’amministrazione, molti organismi di vigilanza sono stati sostituiti da fedelissimi, mentre prosegue la caccia ai presunti elementi del “Deep State”.
Il fatto che le critiche più forti provengano dal mondo MAGA appare quindi sorprendente. Negli ultimi mesi, il malcontento è cresciuto su più fronti. Alcune voci di spicco dell’area “America First”, come Tucker Carlson e la deputata Marjorie Taylor Greene, hanno criticato le politiche filo-israeliane del presidente e i raid militari contro l’Iran. Sulla guerra in Ucraina, la decisione di fornire armi offensive in grado di colpire la Russia ha disorientato una parte della base, che vedeva Kyiv come un attore corrotto e aggressivo. Anche in materia di immigrazione, l’ipotesi di non espellere i lavoratori irregolari impiegati in settori come l’agricoltura e l’ospitalità ha scatenato accuse di “amnistia” da parte dei sostenitori più intransigenti.