Torri Gemelle, la memoria dell’11 settembre incisa nel tempo
Una frase di Virgilio accoglie i visitatori del Memoriale a New York. I numeri delle vittime, la cronologia degli attacchi e le storie personali restituiscono la forza e la fragilità di una nazione segnata per sempre.

“Nessun giorno vi cancellerà dalla memoria del tempo.”
È questa la frase che si trova oggi a Ground Zero. Una frase di Virgilio. Una frase forte. Una frase posta laddove si trova il deposito dei resti non ancora identificati dell’11 settembre 2001.
2.996 morti, 6.400 feriti, 24 dispersi.
Questo il bilancio di uno degli attentati più devastanti della storia, di uno degli attentati che ha cambiato inevitabilmente il corso dell’umanità.
La cronologia degli eventi di quel giorno, descritta con autentica fedeltà da chiunque sia sopravvissuto, abbia avuto una vittima, lavori adesso presso il Memoriale o abbia semplicemente vissuto quel giorno, ci porta indietro con le lancette alle 5:33 del mattino, quando due dei diciannove dirottatori si dirigono all’aeroporto di Portland.
Ancora prima dell’attacco alle Torri arriva la notizia che gli aerei sono sotto il controllo del nemico. Sono le 08:19 quando Betty Ong, una assistente di volo, contatta la American Airlines per comunicare l’avvenuto dirottamento dell’aereo.
Ventisette minuti dopo arriva il primo impatto. Il volo AA11 si schianta a 490 miglia orarie contro la Torre Nord.
Passano meno di venti minuti e il volo UA175 si schianta a 590 miglia orarie contro la Torre Sud.
È l’immagine simbolo di quel giorno. Tutte le televisioni erano sul posto per la notizia dello schianto sulla Torre Nord. Tutti ancora oggi ricordano che su ogni televisione, maxi schermo o emittente, dovunque veniva trasmessa in diretta l’immagine dello schianto del secondo aereo contro la Torre Sud.
Il Presidente George Bush si trova in Florida, il vicepresidente Dick Cheney è alla Casa Bianca insieme a Condoleezza Rice, George Pataki e Robert Mueller.
La paura si sposta da New York a Washington D.C. Secondo l’aeroporto Ronald Reagan della Capitale “un aereo sta venendo verso di voi (verso la Casa Bianca, ndr) e noi non riusciamo a contattarlo.”
Passa poco più di mezz’ora dallo schianto sulla Torre Sud e il volo AA77 si schianta contro la facciata ovest del Pentagono.
Mancano 56 secondi alle 10:00 del mattino. La Torre Sud crolla su se stessa. È la seconda immagine forte della giornata. Tutto il mondo è collegato in diretta.
Il quarto volo dirottato, l’UA93, si schianta a Shanksville in Pennsylvania. Alle 10:28 anche la Torre Nord crolla su se stessa. È la terza immagine. Non esiste persona al mondo che non stia seguendo. Tutti ricordano esattamente quello che stavano facendo e dove si trovavano.

Canada e Messico dichiarano lo stato di massima allerta e chiudono lo spazio aereo, la Guardia Nazionale scende in strada e per la prima volta si parla di “atto di guerra” tramite le parole del senatore John McCain. La giornata passa fra i pianti e le urla per ogni corpo ritrovato privo di vita e la timida speranza per quelli che ancora riescono a respirare.
Sono le 22. Si susseguono voci di telefonate effettuate dai sopravvissuti ancora sotto le macerie delle due Torri. Le voci si rivelano successivamente infondate.
Passeggiando lungo il memoriale oggi si trovano tutti i nomi delle vittime. In alcuni nomi si trova una rosa bianca, un modo per celebrare i compleanni delle vittime.
Capita spesso di trovare qualche familiare delle vittime o, addirittura, qualche sopravvissuto.
Di alcuni la storia è divenuta leggenda. Come quella di Stanley Praimnath che lavorava all’81º piano della Torre Sud presso la banca Fuji. Di altri invece si ricordano gli ultimi ricordi o attimi di vita. Messaggi o chiamate soprattutto. Alcuni prima che si intravedessero gli aerei descrivevano il cielo, altri sono immediatamente successivi ai due schianti.
Poi vi sono altri messaggi, più istituzionali, come quello che l’allora Capo di Gabinetto Andrew Card dovette consegnare a George W. Bush:
“Stavo recapitando un messaggio che nessun Presidente vorrebbe mai ricevere, lo sapevo. Avevo deciso di riportare due dati concreti e un commento. Non volevo intavolare una conversazione dato che il Presidente era davanti alla classe. L’insegnante chiese agli studenti di tirare fuori i libri, così colsi l’attimo e gli dissi all’orecchio: “Un secondo aereo ha colpito un’altra torre. L’America è sotto attacco.” Ho fatto qualche passo indietro in modo che non potesse farmi domande.”
Oggi chi passa da Ground Zero si ferma per un istante, chiude gli occhi e poi rivolge lo sguardo verso il cielo.
Gli Stati Uniti d’America sono rimasti segnati indelebilmente da quel giorno.
Eppure sono rimasti in piedi, anche quando sul futuro è calata la notte. E hanno avuto paura. Ma la notte è anche il momento in cui nascono i sogni. E hanno cercato di rimettersi in cammino per realizzarli.
Molti da quel giorno si sono chiesti: la storia ha ancora un posto per l’America? La risposta è sì. C'è ancora una città splendente su una collina. La si intravede in quell’America forte, unita, compassionevole e che guarda con fiducia al futuro. Nonostante tutti i nonostante.
