Texas, i Dem tornano dopo due settimane di esilio politico
Dopo essersi rifugiati a Chicago e New York per impedire il voto sul nuovo ridisegno delle circoscrizioni, i parlamentari democratici del Texas sono rientrati ad Austin. La mossa apre la strada all’approvazione di una mappa voluta dal presidente Trump e contestata come “gerrymandering razzista”.

I parlamentari democratici del Texas hanno annunciato il 18 agosto il loro ritorno a Austin, ponendo fine a due settimane di assenza strategica dallo Stato. La scelta di lasciare il Texas era stata motivata dalla volontà di bloccare il quorum necessario per discutere e approvare la nuova mappa elettorale promossa dai repubblicani locali con il sostegno del presidente Donald Trump.
Con il rientro, la procedura legislativa potrà riprendere e il testo sul ridisegno delle 38 circoscrizioni federali texane avrà la possibilità di arrivare al voto. Secondo i democratici, la nuova mappa sarebbe incostituzionale e destinata a essere contestata in tribunale. «Torniamo sotto le nostre condizioni, pronti a costruire il dossier legale necessario per vincere contro queste carte», hanno dichiarato in un comunicato.
Al centro del confronto politico c’è la tecnica del gerrymandering, il disegno intenzionale delle circoscrizioni per diluire il voto avversario. Nel caso texano, l’obiettivo dichiarato dai repubblicani è aumentare da 25 a 30 i deputati dello Stato alla Camera federale dopo le elezioni di metà mandato del 2026. Secondo i democratici, questo ridisegno penalizzerebbe soprattutto gli elettorati afroamericani e ispanici, tradizionalmente più vicini al loro partito.
Durante la giornata, mentre riceveva alla Casa Bianca il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e vari leader europei, Trump ha rilanciato su Truth Social un messaggio di sostegno ai repubblicani texani. Ha ringraziato il governatore Greg Abbott e sollecitato l’approvazione «il prima possibile» della nuova carta elettorale, definendo «geniale» la battaglia per «salvare il Paese».
La risposta democratica non si è fatta attendere. Dalla California, governata da Gavin Newsom, è arrivata la proposta di un referendum per permettere al parlamento statale di ridisegnare a sua volta le mappe. Se approvata il 4 novembre, la misura darebbe ai democratici californiani l’opportunità di conquistare cinque seggi aggiuntivi al Congresso.
Newsom ha accusato l’amministrazione Trump di voler “truccare la prossima elezione” e ha definito l’iniziativa una forma di resistenza politica. «La California è stata la principale bersaglio di Trump. Non resteremo a guardare», ha dichiarato, sottolineando come la proposta rappresenti per i cittadini un modo di «responsabilizzare» il governo federale.
Lo scontro sul ridisegno delle circoscrizioni elettorali, dunque, non resta confinato al Texas. Con la reazione californiana, la contesa si estende e si configura come un terreno di battaglia nazionale, con riflessi diretti sulla composizione del Congresso dopo il voto del 2026.
Rimani sempre aggiornato seguendoci su WhatsApp