Tensioni storiche dimenticate riemergono in un momento complicato dei rapporti tra Messico e Stati Uniti

Nel 179° anniversario della Guerra messicano-americana, il Messico fronteggia le pressioni di Trump tra nazionalismo e memorie storiche.

Tensioni storiche dimenticate riemergono in un momento complicato dei rapporti tra Messico e Stati Uniti
Immagine creata dall’intelligenza artificiale. Fonte: ChatGPT

Il monumento ai Niños Héroes all’ingresso del parco Chapultepec di Città del Messico rappresenta molto più di una semplice commemorazione. Questo memoriale in marmo bianco, dedicato ai sei giovani cadetti militari morti difendendo la capitale durante la Guerra messicano-americana, è diventato il simbolo della resistenza nazionale contro quella che molti messicani percepiscono come una lunga storia di aggressioni da parte degli Stati Uniti.

Sono trascorsi 179 anni dall’inizio di quel conflitto che portò il Messico a perdere oltre la metà del suo territorio, compresa la California. Un evento che, se negli Stati Uniti occupa un posto marginale nella memoria storica, in Messico rappresenta ancora oggi una ferita aperta e un elemento centrale dell’identità nazionale.

“In Messico c’è la percezione che gli Stati Uniti siano il cattivo della nostra storia”, ha dichiarato lo storico Alejandro Rosas al Los Angeles Times.

“È la narrativa con cui cresci, è ciò che ti insegnano a scuola. Siamo stati vittime degli Stati Uniti da sempre”.

Un nuovo capitolo di tensioni

Oggi il Messico si trova nuovamente al centro di tensioni con il vicino settentrionale. Il presidente Trump ha lanciato insulti, minacciato l’imposizione di dazi e paventato l’uso di droni contro obiettivi sul territorio messicano. Molti cittadini interpretano questi atti come la continuazione di una lunga storia di prevaricazioni.

“È ingiusto”, ha affermato Monserrat Martínez Hernández, studentessa universitaria di 20 anni, intervistata dal Los Angeles Times davanti al monumento dei Niños Héroes.

“Ci hanno già portato via metà del nostro territorio. Ora vogliono abusare nuovamente del loro potere, questa volta da una prospettiva economica”.

Da gennaio, con l’inizio del nuovo mandato presidenziale di Trump, il Messico ha assistito a un’ondata di fervore nazionalistico. Sui social, in particolare su TikTok, sono circolati video di boicottaggi contro prodotti statunitensi, come la Coca-Cola, mentre molte aziende hanno iniziato a utilizzare i colori della bandiera messicana nelle loro campagne pubblicitarie.

Il rilancio del marchio “Hecho en Mexico” ha avuto ampio riscontro, tanto che il Grupo Modelo ha deciso di stampare il logo sui tappi delle proprie bottiglie di birra.

La reazione di Sheinbaum

Alla guida di questa reazione vi è la presidente messicana Claudia Sheinbaum, che ha saputo capitalizzare l’ondata di orgoglio nazionale alimentata dalle tensioni con Trump. Come riportato dal Los Angeles Times, Sheinbaum si trova in una posizione delicata: deve bilanciare la necessità di collaborare con Washington per evitare danni economici con la pressione interna a difendere con fermezza la sovranità del Messico.

Per questo motivo, da un lato ha collaborato con Trump su diversi fronti, come l’invio di migliaia di soldati della Guardia Nazionale al confine e il trasferimento negli Stati Uniti di importanti membri dei cartelli della droga. Dall’altro, ha reagito alle minacce statunitensi, opponendosi all’eventuale utilizzo di droni, promuovendo modifiche costituzionali per limitare l’importazione di mais OGM dagli Stati Uniti e chiedendo la rimozione di pubblicità televisive statunitensi ritenute discriminatorie.

Il suo indice di gradimento, attualmente intorno all’80%, è tra i più alti al mondo per un capo di Stato. In quasi ogni discorso Sheinbaum pone l’accento sulla “sovranità”, concetto chiave per il suo messaggio politico.

Il peso della storia

La presidente ha più volte richiamato la storia nei suoi interventi pubblici. Come evidenziato dal Los Angeles Times, questo mese ha commemorato l’anniversario dell’occupazione statunitense della città portuale di Veracruz nel 1914, dichiarando davanti a una folla di ufficiali navali:

“Il Messico è e sarà sempre un grande Paese. Non siamo né un protettorato né una colonia di alcuna nazione straniera”.

Sheinbaum ha anche criticato duramente un membro dell’opposizione che aveva sostenuto un’iniziativa statunitense volta a designare i cartelli della droga come gruppi “terroristici”, paragonandolo ai conservatori messicani che nel XIX secolo avevano favorito l’intervento francese contro il presidente Benito Juárez.

La memoria storica dell’antagonismo con gli Stati Uniti è profonda. Nel 1845, l’annessione del Texas da parte statunitense, non riconosciuta dal Messico, portò allo scoppio della guerra. Dopo l’attacco delle truppe messicane a quelle statunitensi il 25 aprile 1846, Washington dichiarò formalmente guerra, aprendo un conflitto che si sarebbe concluso con la cessione di vasti territori al nord.

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