Tensione a Los Angeles: Guardia nazionale dispiegata, proteste e scontri

Duemila soldati inviati senza il consenso del governatore. Arresti, manifestazioni e critiche bipartisan segnano un fine settimana di tensione nella seconda città più grande degli Stati Uniti.

Tensione a Los Angeles: Guardia nazionale dispiegata, proteste e scontri

Nel fine settimana dell’8 e 9 giugno, Los Angeles è stata teatro di manifestazioni, scontri e tensioni istituzionali dopo il dispiegamento della Guardia nazionale ordinato dal presidente Donald Trump. L’intervento militare, deciso senza il consenso del governatore della California, ha sollevato dure critiche da parte delle autorità locali e dei governatori democratici, alimentando le proteste contro la politica migratoria federale e l’azione della polizia dell’immigrazione (Immigration and Customs Enforcement, ICE).

Le proteste, iniziate venerdì 7 giugno in risposta a una serie di operazioni di arresto condotte da agenti dell’ICE in diversi quartieri della città, si sono intensificate nei giorni successivi, culminando nel blocco di un’autostrada e in numerosi scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. I militari della Guardia nazionale, circa 300 effettivamente dispiegati su un totale di 2.000 annunciati, sono rimasti in gran parte ai margini, lasciando le operazioni di ordine pubblico alla polizia locale. Tuttavia, la loro presenza ha avuto un forte impatto simbolico.

Il presidente Trump ha giustificato la misura parlando di “anarchia” a Los Angeles e di “persone violente” da fermare con un ritorno all’ordine. “Non lasceremo che queste cose accadano nel nostro Paese”, ha dichiarato domenica. La decisione è stata duramente contestata dal governatore della California, Gavin Newsom, che ha definito il dispiegamento “deliberatamente incendiario” e “una grave violazione della sovranità dello Stato”. Newsom ha ufficialmente chiesto l’annullamento del dispiegamento militare, rivendicando la propria autorità sul controllo della Guardia nazionale californiana.

Le manifestazioni hanno avuto luogo in vari punti della città, in particolare davanti al Metropolitan Detention Center (MDC), la prigione federale in centro città dove sono stati trasferiti molti dei migranti arrestati. Tra questi anche cittadini statunitensi intervenuti in loro difesa, come David Huerta, presidente del sindacato SEIU in California, noto per il suo impegno a favore dei lavoratori immigrati. Arrestato venerdì durante un raid, Huerta è stato ferito e trasferito in ospedale, scatenando l’indignazione dei manifestanti.

La situazione è apparsa particolarmente tesa sabato sera, quando si sono verificati scontri tra manifestanti e polizia a Paramount e in altre zone dell’area metropolitana. Alcune auto sono state incendiate, tra cui veicoli autonomi della compagnia Waymo. Sui muri del centro di detenzione sono apparse scritte come “Fuck ICE”.

La sindaca di Los Angeles, Karen Bass, ha condannato le violenze ma ha criticato la decisione del presidente Trump, definendola “una mossa politica”. Anche Maxine Waters, deputata democratica che rappresenta il sud della città da oltre trent’anni, ha partecipato alle manifestazioni, esprimendo solidarietà con i migranti e invitando alla protesta pacifica.

Nel corso delle manifestazioni di domenica, diverse migliaia di persone si sono radunate davanti al municipio, sfilando poi verso il centro di detenzione. Tra slogan come “Nessuno è illegale” e “Chiudete l'ICE”, e bandiere messicane al fianco di cartelli in spagnolo e inglese, la protesta ha assunto un tono di mobilitazione civile ispirata alle marce storiche per i diritti civili. Tuttavia, nuovi scontri si sono verificati quando una camionetta dell’ICE ha tentato di attraversare il corteo. La polizia ha risposto con gas lacrimogeni e proiettili di gomma.

L’azione dell’amministrazione Trump si inserisce in un contesto più ampio di conflitto con la California, considerata uno Stato “santuario” per i migranti, dove le autorità locali limitano la cooperazione con le agenzie federali su questioni migratorie. Los Angeles ha ufficializzato questo status nel novembre 2024, impegnandosi a non utilizzare risorse municipali per azioni contro gli immigrati irregolari. Trump ha cercato più volte di penalizzare le cosiddette “città santuario” con tagli ai fondi federali, ma queste misure sono state bloccate in tribunale.

I governatori democratici hanno espresso sostegno al collega californiano, denunciando un “abuso di potere allarmante” da parte del presidente. “Dobbiamo rispettare l’autorità esecutiva dei governatori di questo Paese per la gestione delle loro guardie nazionali”, si legge in un comunicato comune.

Per molti osservatori, la decisione di Trump è stata vista come una mossa provocatoria, volta a esacerbare le tensioni per rafforzare il proprio messaggio politico in tema di immigrazione.

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