Tagli al personale civile del Pentagono: fino a 76.000 posti a rischio nell’ambito della riforma federale di Trump
Il Segretario alla Difesa Pete Hegseth firma un memorandum per la riduzione del personale; la misura si inserisce nel piano dell'amministrazione per contenere le spese e riorganizzare la burocrazia

Il Dipartimento della Difesa statunitense ha avviato una nuova fase di riorganizzazione interna, con l'obiettivo di ridurre sensibilmente il personale civile impiegato nei suoi uffici. A formalizzare il processo è stato un memorandum firmato dal Segretario alla Difesa Pete Hegseth, che prevede una riduzione tra il 5% e l’8% del personale civile attualmente in servizio, pari a un massimo di 76.000 persone. L’iniziativa rientra nel più ampio disegno politico dell’amministrazione Trump, che mira a contenere le spese pubbliche e a riformare in senso restrittivo l’apparato federale.
Secondo quanto riportato da Bloomberg, i tagli interesseranno i circa 950.000 dipendenti civili del Pentagono e saranno effettuati attraverso una combinazione di prepensionamenti volontari e riduzione delle posizioni equivalenti a impieghi a tempo pieno. Il Dipartimento della Difesa ha precisato che il documento non stabilisce una percentuale vincolante, ma fornisce un quadro operativo per l’attuazione delle misure. Tuttavia, già a febbraio il Pentagono aveva indicato l’intenzione di procedere con una riduzione fino all’8% della forza lavoro civile.
Il piano include anche l’introduzione di un “programma di pensionamento differito” e l’offerta di prepensionamento ai dipendenti che soddisfano i requisiti necessari. Inoltre, Hegseth ha chiesto a ciascun dirigente di divisione del Dipartimento di presentare, entro l’11 aprile, un nuovo schema organizzativo che rappresenti lo stato futuro della rispettiva struttura. L’obiettivo dichiarato è quello di rendere l’organizzazione più efficiente e allineata con le nuove direttive politiche della Casa Bianca.
Il Pentagono non è l’unico ente coinvolto in questa campagna di ridimensionamento. La Central Intelligence Agency (CIA) è stata la prima agenzia del comparto sicurezza nazionale a essere interessata dalla politica di snellimento della burocrazia. All’inizio di febbraio, secondo quanto riportato da CNN e Wall Street Journal, l’agenzia ha offerto a tutti i suoi dipendenti la possibilità di dimettersi volontariamente, in cambio di un’indennità corrispondente a otto mesi di stipendio.
La decisione del Dipartimento della Difesa si colloca in continuità con una serie di interventi voluti da Trump sin dall’inizio del suo mandato. Il presidente ha firmato numerosi decreti esecutivi volti a ridurre l’estensione e la capacità operativa del governo federale. Tra le misure principali figurano il blocco immediato delle nuove assunzioni pubbliche e la sospensione dell’adozione di nuovi atti normativi, in attesa di una revisione generale che consenta all’amministrazione di assumere il “pieno controllo” della macchina federale.
A queste iniziative si aggiunge anche il provvedimento che obbliga i dipendenti pubblici a rientrare nei propri uffici, ponendo fine al regime di lavoro da remoto adottato durante la pandemia. L’interruzione del telelavoro si inserisce nel quadro di un ritorno a una gestione centralizzata e più rigida del lavoro pubblico, in linea con la visione amministrativa dell’attuale presidenza.
La riorganizzazione del personale civile del Pentagono rappresenta, dunque, un passaggio significativo nell’attuazione delle politiche di contenimento dei costi e ristrutturazione istituzionale promosse da Donald Trump. Seppur ancora priva di dettagli operativi vincolanti, la misura firmata da Hegseth segna l’avvio concreto di un processo che potrebbe avere conseguenze rilevanti per decine di migliaia di lavoratori e per il funzionamento dell’intero apparato difensivo statunitense.