Stop ai finanziamenti USA di Trump: a rischio anche le ONG e i media russi indipendenti

Dalla direttiva del Dipartimento di Stato alla corsa contro il tempo per evitare chiusure e licenziamenti: il congelamento americano di 90 giorni dei fondi per l'estero mette in dubbio il futuro di circa 90 ONG e media russi.

Stop ai finanziamenti USA di Trump: a rischio anche le ONG e i media russi indipendenti
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La recente decisione dell’Amministrazione Trump di sospendere per 90 giorni ogni forma di assistenza estera ha colpito duro anche in Russia.

Almeno novanta organizzazioni indipendenti – tra ONG, media indipendenti in esilio e gruppi della società civile – rischiano, infatti, di dover ridurre radicalmente le proprie attività, licenziare personale o addirittura cessare del tutto le operazioni.

Questo stop temporaneo ai fondi esteri statunitensi rappresenta la più grave battuta d’arresto per il settore dal 2015, anno in cui la legge russa sulle “organizzazioni indesiderate” ha messo alle strette parecchie organizzazioni russe finanziate dall'Occidente.

Una direttiva drastica

Il 24 gennaio, il nuovo Segretario di Stato Marco Rubio ha firmato una direttiva che blocca su scala globale gli aiuti americani, ad eccezione di un vago ambito definito come “assistenza umanitaria salva-vita”.

Benché alcuni programmi di urgenza potrebbero rientrare in questa eccezione, la formulazione nebulosa dell’esenzione ha spinto molte organizzazioni a interrogarsi se il proprio lavoro possa o meno continuare.

Non si tratta di un provvedimento mirato esclusivamente contro uno specifico Paese: l’impatto è ampio e interessa anche realtà in Ucraina, Zimbabwe, Iraq e altrove, oltre che in Russia.

Ciononostante, per la galassia dei media indipendenti russi – molti dei quali operano dall’estero per aggirare la censura del Cremlino – il congelamento dei fondi rischia di avere conseguenze devastanti.

I rappresentanti di alcune testate online in esilio hanno riferito di un vero e proprio “crollo” da un giorno all’altro, con la sospensione immediata dei finanziamenti di cui dipendevano per pagare stipendi e mantenere una linea editoriale autonoma.

Stesso discorso per numerosi gruppi della società civile, che in mancanza di fondi sono costretti a ridurre drasticamente i progetti di sostegno rivolti ai cittadini russi in patria e fuori dai confini.

Il caso “L'Arca”

Tra le ONG più note che si trovano in seria difficoltà c’è “L'Arca”, una ONG russa in esilio che offre consulenza e aiuto per fuggire all'estero a chi si oppone alla guerra e al clima di repressione in Russia.

La fondatrice, Anastasia Burakova, spiega che l’organizzazione riesce a coprire circa la metà del budget tramite crowdfunding, ma ciò non basta a scongiurare tagli e licenziamenti: gran parte del resto dei fondi proveniva proprio dalle fonti statunitensi, ora bloccate.

Questa incertezza globale pesa sull’intero settore. I donatori, secondo quanto riferito, non sono in grado di garantire se e quando i progetti potranno ripartire dopo l’audit interno annunciato dall’Amministrazione Trump.

Di conseguenza, molte realtà indipendenti russe non sanno se riusciranno a durare fino alla possibile ripresa dei programmi, che avverrebbe – nella migliore delle ipotesi – solo dopo i 90 giorni di sospensione.

Timori e strategie

La crisi rischia di alimentare una spirale di diffidenza: farsi finanziare da governi stranieri è già di per sé estremamente complicato in Russia, dove le autorità guardano con estremo sospetto le collaborazioni con l’estero.

Numerosi media russi, pur di non attirare ulteriore attenzione dal Cremlino, evitano di parlare apertamente delle proprie fonti di sostegno economico. L’attuale blocco potrebbe spingere alcune testate a ridurre la trasparenza sulle donazioni in arrivo, nel timore di ripercussioni.

Intanto, molte organizzazioni civiche e giornalistiche provano a cercare strade alternative: in Europa si stanno muovendo fondazioni e istituzioni che, almeno per il periodo di blocco americano, potrebbero garantire un contributo d’emergenza.

Tuttavia, in un contesto finanziario così complesso, risulta difficile reperire in poche settimane nuovi partner in grado di compensare i fondi venuti a mancare improvvisamente dagli Stati Uniti.

In caso di una riduzione permanente dei fondi governativi americani, la già fragile società civile russa rischia così di perdere uno dei principali sostegni finanziari per condurre inchieste giornalistiche indipendenti, organizzare iniziative pro-democrazia e supportare i cittadini russi in difficoltà.

Per ora, la speranza di chi lavora in queste organizzazioni è che questo blocco di 90 giorni non finisca per diventare la pietra tombale su un sistema di sostegno costruito negli anni.

Ma la sensazione diffusa è che, senza un intervento tempestivo e una visione chiara da parte di Washington, la rete indipendente di NGO e media in esilio possa a breve subire un colpo dal quale difficilmente potrà riprendersi.

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