Stephen Miller, l’ideologo che guida la rivoluzione trumpiana
Figura chiave nell'amministrazione Trump, il 39enne è il promotore di una visione radicale: potere esecutivo rafforzato, repressione dell'immigrazione e crociata contro il "wokismo".

Stephen Miller, 39 anni, è oggi una delle persone più influenti della Casa Bianca. Con il titolo di vice capo di gabinetto, è di fatto il principale consigliere ideologico del presidente Donald Trump. Proveniente dalle frange più radicali della destra nazionalista statunitense, Miller ha costruito il proprio ruolo su tre pilastri: una visione autoritaria del potere esecutivo, la lotta contro l’immigrazione irregolare e un discorso culturale imperniato sulla denuncia del "wokismo".
La sua retorica è aspra, spesso brutale. Lo dimostrano le sue dichiarazioni durante le proteste a Los Angeles, dove ha definito la città un “territorio occupato” per via di una bandiera messicana sventolata tra i manifestanti. In risposta, ha promesso: “Riprenderemo l’America”.
In un intervento del 1° maggio alla Casa Bianca, Miller ha elogiato le iniziative del presidente Trump contro quella che definisce una “cultura comunista woke cancerogena”, accusata di sovvertire identità di genere, promuovere discriminazioni “contro i bianchi”, screditare il merito e anteporre l’ideologia alla sicurezza pubblica. Questa narrazione è parte di un progetto identitario più ampio, che intende riscrivere i fondamenti culturali e politici del paese.
Durante il primo mandato di Trump, Miller si è già distinto come autore dei discorsi più controversi e ideatore della politica di separazione dei bambini dai genitori in situazione irregolare. Dopo la sconfitta del 2020, ha proseguito la sua attività con America First Legal, l’organizzazione attraverso la quale ha preparato il ritorno al potere, studiando misure legali e amministrative per spingere al massimo l’autorità presidenziale.
Uno degli obiettivi centrali del suo secondo mandato è l’espulsione massiccia dei migranti irregolari. Secondo Miller, sarebbero 21 milioni – cifra che non trova riscontro nei dati ufficiali, che ne stimano circa 11 milioni. Per raggiungere questo scopo, non esclude l’impiego dell’esercito o il ricorso all’Alien Enemy Act del 1798, una legge che consente al presidente, in tempo di guerra, di espellere cittadini stranieri senza alcuna procedura. La Casa Bianca ha già applicato questa norma per imprigionare presunti membri del gruppo criminale venezuelano Tren de Aragua in Salvador.
Il 4 giugno, Trump ha reintrodotto il travel ban, vietando l’ingresso nel paese a cittadini di dodici Stati. Secondo il sito Axios, Miller e la segretaria alla Sicurezza interna, Kristi Noem, hanno chiesto all’agenzia ICE di arrestare 3.000 migranti irregolari al giorno, contro una media di 400 nei mesi precedenti. Il 9 maggio, Miller ha inoltre dichiarato che l’habeas corpus può essere sospeso in caso di “invasione”, evocando così un precedente giuridico di eccezionale gravità.
Il potere di Miller non si limita più alla questione migratoria. È coinvolto anche nella promozione del piano di spesa Big Beautiful Bill, e ha un’influenza determinante sulla politica estera. Un episodio significativo risale al 15 marzo, quando, in una chat privata rivelata da The Atlantic, ha posto fine a un dibattito interno sull’opportunità di lanciare attacchi contro i ribelli houthi in Yemen. “Il presidente è stato chiaro”, ha scritto, imponendo la linea decisa.
Nonostante le voci di una sua promozione a consigliere per la sicurezza nazionale, Trump ha dichiarato pubblicamente che Miller esercita già quell'autorità “in modo indiretto”. Durante il più grande comizio della campagna presidenziale, a New York, Miller ha arringato la folla chiedendo chi avrebbe cacciato cartelli, gang e “migranti criminali”. Trump, a sua volta, lo ha descritto come “il più intelligente e duro tra tutti”.
L’ascesa di Stephen Miller è anche una storia di radicalizzazione personale. Nato a Santa Monica, in California, ha sviluppato sin da giovane un’ammirazione per figure provocatorie della destra come Rush Limbaugh. Durante gli studi all’università Duke ha consolidato le sue posizioni ultraconservatrici, sorprendendo la sua stessa famiglia di origine ebraica. Nel 2018, uno zio, David Glosser, scrisse una lettera pubblica su Politico denunciando le sue politiche migratorie come una negazione dell’eredità familiare di rifugiati.
Stephen Miller è ora il consigliere-ombra che detta l’agenda. Dalle politiche repressive ai simboli culturali, l’amministrazione porta la sua impronta ideologica.