Stati Uniti si oppongono alla proposta del G7 di ridurre il tetto al prezzo del petrolio russo

Gli Stati Uniti si oppongono alla proposta di abbassare il tetto sul prezzo del greggio russo a 45 dollari. L’Unione Europea e il Regno Unito pronti ad agire anche senza l’appoggio di Washington.

Stati Uniti si oppongono alla proposta del G7 di ridurre il tetto al prezzo del petrolio russo
Photo by David Thielen / Unsplash

Gli Stati Uniti si oppongono alla proposta avanzata dagli altri membri del Gruppo dei Sette di abbassare da 60 a 45 dollari al barile il tetto al prezzo del petrolio russo. Lo ha riferito Bloomberg, citando fonti anonime che confermano come Washington abbia mantenuto la stessa posizione assunta a inizio anno, quando il Segretario al Tesoro Scott Bessent aveva rifiutato di appoggiare una misura analoga.

Il tetto al prezzo del greggio russo, introdotto nel dicembre 2022, è uno strumento chiave della strategia occidentale per limitare la capacità del Cremlino di finanziare la guerra in Ucraina. La misura vieta alle compagnie occidentali di trasportare, assicurare o fornire servizi al petrolio russo venduto sopra la soglia dei 60 dollari al barile. Nonostante la sua introduzione sia stata inizialmente coordinata tra Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito, le divergenze attuali mettono in luce le difficoltà nel mantenere una strategia condivisa e coerente tra i membri del G7.

L’Unione Europea e il Regno Unito, sostenuti anche dal Canada, hanno espresso la volontà di procedere con la riduzione del tetto a 45 dollari anche senza il supporto statunitense. Una fonte vicina al dossier ha spiegato a Bloomberg che Bruxelles e Londra stanno valutando la possibilità di attuare la misura unilateralmente, tenuto conto del fatto che gran parte del petrolio russo transita attraverso acque europee. Un simile approccio, tuttavia, ridurrebbe l’efficacia complessiva della sanzione, in assenza di una piena adesione da parte degli Stati Uniti.

Un’azione congiunta di tutto il G7 aumenterebbe infatti l’impatto economico sulla Russia, ma le divergenze interne mettono a rischio la coerenza della risposta occidentale. Il contrasto di posizioni all’interno del gruppo segna un momento di tensione strategica tra le principali potenze economiche, che cercano di conciliare gli obiettivi di pressione su Mosca con le rispettive valutazioni politiche ed economiche.

Il dibattito sul tetto al prezzo ha riacquistato urgenza nelle ultime ore a seguito di un’impennata dei prezzi del petrolio, che nei mesi scorsi erano scesi sotto la soglia dei 60 dollari. Il recente aumento è stato innescato dagli attacchi israeliani contro l’Iran, che hanno riportato l’attenzione sulla vulnerabilità degli equilibri energetici globali. Questo contesto ha rilanciato la discussione sull’efficacia del meccanismo attuale e sulla necessità di rivederne la soglia, per mantenere la pressione sul bilancio russo.

Il prossimo vertice del G7, previsto dal 15 al 17 giugno nella contea di Kananaskis, in Alberta (Canada), sarà l’occasione per riprendere la discussione in sede ufficiale. Il summit avrà un’agenda fitta: oltre al dossier sul tetto al prezzo del petrolio, i leader affronteranno anche i temi del sostegno all’Ucraina, della stabilità economica globale, della trasformazione digitale e dei cambiamenti climatici.

Il G7 è composto da Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, con l’Unione Europea rappresentata nel gruppo. In questo contesto, la questione del tetto al prezzo del petrolio russo emerge come uno dei dossier più sensibili, incrociando le priorità della politica energetica, la gestione delle sanzioni internazionali e le implicazioni geopolitiche più ampie, in un momento segnato da forti tensioni sia in Europa orientale sia in Medio Oriente.

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