Reuters: l'Amministrazione Biden ha ritardato le consegne di armi all'Ucraina
Mesi di dibattito interno e l'opposizione del Congresso hanno rallentato gli aiuti militari all'Ucraina. L’incertezza è aumentata con l’insediamento del nuovo presidente Donald Trump.
Negli ultimi mesi del mandato di Joe Biden, la catena di fornitura di armi americane verso l’Ucraina si è inceppata, lasciando le truppe di Kyiv prive di mezzi corazzati vitali e munizioni sul fronte orientale. Lo riporta Reuters in un suo lungo reportage.
L'agenzia stampa riporta come gli stessi soldati che combattono al fronte raccontino di come vecchi mezzi sovietici, ormai inaffidabili, non siano più in grado di proteggere i feriti o di sostenere la difesa dalle offensive russe.
La lentezza nella consegna dei rinforzi americani, dovuta a estenuanti dibattiti interni alla Casa Bianca sull’escalation con la Russia e ai ritardi del Congresso, ha reso ancora più difficile la tenuta di posizioni-chiave come Avdiivka, poi caduta nelle mani dei russi, o delle zone residue della regione di Donetsk ancora sotto controllo ucraino.
La situazione si è complicata soprattutto nel corso del 2024: mentre Biden ribadiva pubblicamente di voler vedere “vincere” l’Ucraina, all’interno della sua Amministrazione e tra i vertici militari serpeggiavano sempre più preoccupazioni sugli effetti di possibili raid ucraini in territorio russo, sull’esaurimento delle scorte americane e su una eventuale reazione da parte di Mosca.
Nei fatti, più di un anno è passato prima che a Kyiv arrivassero i primi F-16 e i missili a lungo raggio, che erano stati richiesti da tempo dal governo ucraino proprio per contrastare l’artiglieria russa schierata appena oltreconfine.
Allo stesso tempo, la lenta approvazione di nuovi pacchetti di aiuti, ostacolata anche da un’opposizione repubblicana molto forte al Congresso, ha generato un “effetto imbuto”.
Numerosi rifornimenti promessi sono rimasti così bloccati nelle fasi di trasporto o soggetti a definizioni poco chiare su cosa fosse realmente “consegnato” e cosa invece ancora in transito.
Nel frattempo al fronte in Ucraina, le truppe lamentavano sempre di più la carenza di proiettili e di blindati, spesso vitali anche solo per proteggere il personale medico e recuperare i feriti sotto il fuoco nemico.
A più riprese, funzionari governativi di Kyiv – come la deputata e consulente del Ministro della Difesa Oleksandra Ustinova – hanno fatto sapere che l’efficacia di un’arma è legata anche alla rapidità con cui arriva. Ogni ritardo, spiegano, si traduce in un mancato vantaggio sul campo, se non in perdite di vite umane.
E quando, finalmente, a primavera 2024 il Congresso ha approvato un ampio finanziamento di 60 miliardi di dollari, la ripresa degli invii ha assunto i contorni di un “sostegno in extremis”: le spedizioni più consistenti si sono viste solo a fine anno, quando ormai era troppo tardi per influire sulle manovre militari già in corso.
A complicare lo scenario, dal 20 gennaio 2025, è arrivato l’insediamento del nuovo presidente Donald Trump: la sua ascesa alla Casa Bianca ha aperto nuovi interrogativi sulla continuità dei rifornimenti militari.
Le prime mosse della nuova Amministrazione hanno incluso tagli e congelamenti a una lunga lista di aiuti civili all’estero, e numerose voci nella sua Amministrazione sostengono anche la linea di una riduzione del sostegno militare a Kyiv, cosa che lascerebbe il destino dell'Ucraina in uno limbo di incertezza.
Mentre in Europa cresce la preoccupazione per l’avanzata russa nel Donbass e per la tenuta di regioni strategiche come Kharkiv, il timore è che Mosca possa alzare ancora di più la posta se capisse che il flusso di armi dagli Stati Uniti è davvero sul punto di esaurirsi.
Nel frattempo, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy continua a chiedere la fornitura di nuovi sistemi d’arma più avanzati e maggiori permessi per colpire obiettivi strategici anche all’interno del territorio russo, convinto che solo così si possa costruire un vantaggio solido e forzare negoziati da una posizione di forza.
Eppure, i rischi di una reazione russa più ampia – da potenziali sabotaggi in Europa all’uso di nuove armi – continuano a restare anche ora al centro delle discussioni sia a Washington e nelle cancellerie europee.
Nel frattempo, sui campi di battaglia della regione di Donetsk e altrove in Ucraina, i soldati al fronte si aggrappano ai pochi veicoli corazzati che arrivano al conta-gocce.
Con l’inverno in corso, la logistica per rifornire le truppe al fronte è diventata ancor più complicata, e la prospettiva di negoziati imposta dal presidente Trump – magari con condizioni favorevoli alla Russia – si traduce in un’ulteriore ansia per chi combatte in trincea in condizioni terribili.
Per i soldati al fronte, che da mesi affrontano condizioni durissime e l’incubo costante dell’artiglieria russa, la prospettiva di un rallentamento definitivo degli aiuti è un’ipotesi che non riescono a contemplare.
Ma la realtà sul terreno – dai rallentamenti dell’anno scorso alla riorganizzazione di forze e alleanze in corso – suggerisce che la lotta per la sopravvivenza dell’Ucraina è ormai arrivata ad un punto cruciale, conclude Reuters.