Respinto il carcere preventivo per Abrego Garcia
La detenzione preventiva del cittadino salvadoregno, al centro di un caso simbolico sulla politica migratoria dell’amministrazione Trump, è stata respinta per insufficienza di prove. Resta però in custodia per immigrazione.

Una giudice federale del Tennessee ha respinto la richiesta dell’amministrazione Trump di mantenere in carcere Kilmar Abrego Garcia, cittadino salvadoregno accusato di traffico di immigrati e fatto tornare negli Stati Uniti a inizio giugno dopo una controversa espulsione. La decisione è stata emessa domenica dalla giudice Barbara Holmes a Nashville.
Secondo quanto stabilito dal tribunale, i procuratori non sono riusciti a dimostrare che Abrego costituisca un pericolo per la comunità, che vi sia un rischio concreto di fuga o che abbia coinvolto minori nelle sue presunte attività illecite. Il giudice ha descritto le prove fornite dall’accusa come forzate, inaffidabili e spesso contraddittorie. Nonostante il rigetto della detenzione preventiva, Abrego non sarà rilasciato nell’immediato: il Dipartimento di Giustizia ha presentato ricorso e un ordine separato di custodia per immigrazione rimane in vigore.
L’amministrazione Trump aveva accusato Abrego di appartenere alla banda criminale MS-13 e di aver gestito per anni un traffico di migranti tra Texas e Maryland, in cambio di somme tra 1.000 e 1.500 dollari a viaggio. Ma il giudice Holmes ha ritenuto poco convincenti le prove sui presunti legami con la banda. “Dato il volume di risorse impegnate nell’indagine governativa su Abrego dall’aprile 2025, la Corte suppone che se esistessero prove tempestive, più specifiche e concrete della presunta appartenenza di Abrego alla banda MS-13 o di un modello coerente di condotta intenzionale progettata per minacciare o intimidire individui specifici, il governo avrebbe offerto tali prove”, ha scritto Holmes nella sua ordinanza.
La giudice ha inoltre evidenziato che Abrego non ha precedenti penali noti e che le testimonianze che lo collegherebbero a MS-13 erano basate su “doppio sentito dire” e a volte presentavano incongruenze. Le principali accuse si fondano su dichiarazioni di testimoni collaboratori con un passato criminale esteso, i quali — ha osservato Holmes — potrebbero avere motivazioni opportunistiche per cooperare con i procuratori.
Le autorità statunitensi sostenevano che Abrego fosse un potenziale fuggitivo, poiché il reato di traffico di migranti può prevedere pene fino a 10 anni per ogni persona trasportata, arrivando teoricamente a una condanna pari all’ergastolo. Tuttavia, il giudice ha ridimensionato questa possibilità, osservando che le pene comminate in casi simili si aggirano in media attorno ai 12 mesi. Anche le affermazioni secondo cui Abrego avrebbe coinvolto minori sono state giudicate inconsistenti. Un agente della Homeland Security Investigation aveva riportato che alcuni collaboratori avevano visto Abrego trasportare migranti con i propri figli a bordo, fino a quattro volte a settimana. Ma Holmes ha definito questa ipotesi poco plausibile dal punto di vista logistico: “Il numero puro di ore che sarebbero richieste per mantenere questo programma [...] si avvicina all’impossibilità fisica”.
La vicenda giudiziaria di Abrego si inserisce in un contesto più ampio di tensioni legate alla politica migratoria dell’amministrazione. L’espulsione di Abrego a marzo, in violazione di un ordine del tribunale dell’immigrazione del 2019 che vietava il suo rimpatrio a El Salvador per rischio di persecuzione, è stata duramente criticata da più corti federali e dalla Corte Suprema. L’amministrazione aveva incluso Abrego tra le centinaia di migranti arrestati e rimpatriati in pochi giorni, alcuni dei quali erano stati inviati in una prigione antiterrorismo nel paese centroamericano, sulla base di un’interpretazione straordinaria dei poteri presidenziali di espulsione in tempo di guerra.
In seguito a una causa intentata da Abrego e dalla sua famiglia, l’amministrazione ha riconosciuto che la sua espulsione è avvenuta per errore, ma ha ritardato per settimane l’attuazione delle ordinanze giudiziarie che richiedevano il tentativo di farlo rientrare negli Stati Uniti. Abrego è stato riportato nel Paese solo dopo che, mentre si trovava ancora in una prigione salvadoregna, i procuratori statunitensi hanno ottenuto la sua incriminazione da parte di un gran giurì. L’accusa è basata su un fermo stradale del 2022 lungo la Interstate 40, in Tennessee, durante il quale sarebbe stato trovato alla guida di un SUV con nove migranti privi di documenti.
Secondo la difesa, le nuove accuse sono motivate da una volontà punitiva nei confronti di un caso che ha messo in discussione la legittimità delle espulsioni accelerate volute dal presidente. I legali sostengono che il procedimento penale sia una ritorsione contro Abrego per l’attenzione mediatica suscitata dalla sua espulsione e dal suo rientro. I procuratori negano ogni intento ritorsivo e ribadiscono che, anche se il giudice Holmes dovesse concedere la libertà in attesa del processo penale, Abrego resterà comunque in custodia per motivi di immigrazione. In tal caso, spetterà a un giudice dell’immigrazione valutare l’eventuale rilascio su cauzione.