Putin: "Senza la vittoria rubata a Trump nel 2020 si poteva evitare la guerra in Ucraina"

Il presidente russo, parlando con il giornalista Pavel Zarubin della TV statale russa, ha evocato una suggestiva ipotesi: se nel febbraio 2022 alla Casa Bianca ci fosse rimasto Donald Trump, forse il conflitto non sarebbe mai iniziato.
Stando a Putin, Trump avrebbe potuto impedire l’escalation militare, se solo — come afferma il leader del Cremlino — nel 2020 non gli fosse stata “rubata la vittoria” alle urne.
Si tratta di affermazioni che, ovviamente, fanno eco alle accuse di Trump sui brogli elettorali - mai provati - che gli avrebbero fatto perdere le elezioni di novembre 2020 contro Joe Biden.
I negoziati mancati
Nell'intervista, Putin ha ribadito che Mosca non ha mai escluso il dialogo con Washington. Al contrario, sostiene che sia stata l’Amministrazione americana di Biden a scegliere di interrompere unilateralmente i contatti.
L’auspicio del Cremlino è che ci possa essere presto un incontro con il nuovo presidente Trump su basi concrete, “guardando in faccia la realtà” e affrontando questioni cruciali sia per gli Stati Uniti sia per la Russia.
Da parte sua, anche Donald Trump non ha esitato a lanciare segnali di distensione, almeno a parole. Dal palco del World Economic Forum di Davos ha dichiarato di voler incontrare Putin al più presto, con l’obiettivo di fermare la guerra in Ucraina e salvare «milioni di vite».
Allo stesso tempo però lancia minacce. A suo dire, la leva economica più immediata per spingere la Russia a deporre le armi è il prezzo del petrolio. Trump ha promesso di fare pressioni su Arabia Saudita e Paesi OPEC affinché riducano il costo del greggio, così da colpire le finanze di Mosca e — nel suo scenario — accelerare la fine del conflitto.
Questa teoria, tuttavia, incontra le riserve del Cremlino. Putin, pur riconoscendo l’“intelligenza” e il “pragmatismo” di Trump, afferma che il prezzo del petrolio non ha alcun ruolo nella fine della guerra.
Secondo il presidente russo, anzi, sia Mosca sia Washington figurano tra i maggiori produttori e consumatori mondiali di petrolio: un crollo delle quotazioni affosserebbe le entrate delle compagnie energetiche, rischiando di danneggiare l’economia di entrambi i Paesi.
Sanzioni e minacce
Non è la prima volta che Trump agita lo spauracchio delle ritorsioni economiche. Prima delle sue dichiarazioni di Davos, il neo presidente repubblicano aveva già minacciato di introdurre pesanti dazi e nuove sanzioni su qualsiasi prodotto russo destinato al mercato statunitense (e non solo), qualora Putin non fosse disponibile a siglare un accordo di pace “in tempi rapidi”.
Tuttavia, stando ai media russi, Putin sembra sempre più convincersi che, alla prova dei fatti, l’ex inquilino della Casa Bianca non imboccherebbe strade che possano danneggiare in modo irreversibile anche le imprese americane.
Insomma, la situazione è questa: Trump afferma di voler salvare vite e “offrire a Putin un grande favore” per salvare la Russia da ulteriori devastazioni economiche, ma minaccia allo stesso tempo un “pugno di ferro” se l’obiettivo non sarà raggiunto.
Putin, dal canto suo, ribadisce di essere “sempre aperto” al dialogo, purché sia condotto su basi di «uguaglianza e rispetto reciproco».
Al di là delle accuse e dei calcoli economici reciproci, la fine della guerra in Ucraina resta un obiettivo cruciale del nuovo presidente, che ne ha fatto una bandiera anche in campagna elettorale. Ma, al momento, non sembra che sia all'orizzonte una svolta imminente che possa lasciar sperare per il meglio.