Perché Trump ha rinviato di due settimane la sua decisione su un attacco all'Iran?

Il presidente degli Stati Uniti ha posticipato di due settimane la scelta sull'intervento armato, anche se Teheran insiste sul diritto all'arricchimento dell'uranio. Motivo? Divisioni tra i repubblicani ed il tentativo di raggiungere un accordo diplomatico.

Perché Trump ha rinviato di due settimane la sua decisione su un attacco all'Iran?

Il presidente americano Donald Trump si trova ad affrontare un dilemma cruciale riguardo all'Iran, sospeso tra la diplomazia che finora non ha mostrato segnali incoraggianti, e l'opzione di un intervento militare che però è chiaramente riluttante a intraprendere. Posticipando di due settimane la decisione su un eventuale attacco contro l'Iran, Trump spera che le continue operazioni israeliane contro le infrastrutture nucleari iraniane o la possibile resa di Teheran al tavolo delle trattative possano condurre la sua Amministrazione all'obiettivo strategico della sua Amministrazione senza sparare un colpo: la fine totale dell'arricchimento dell'uranio iraniano.

Questa strategia, tuttavia, comporta il rischio che l'Iran consideri la posizione di Trump come un bluff e sia in grado di sopportare gli attacchi israeliani, rifiutando qualsiasi concessione sull'arricchimento dell'uranio. In tal caso, Trump si troverebbe costretto sul serio a valutare l'opzione militare, con il rischio di una pericolosa escalation, dato che Teheran conserva la capacità di rispondere agli Stati Uniti e ai loro alleati.

Posizioni inconciliabili tra Usa e Iran

Secondo l'Agenzia atomica delle Nazioni Unite, l'Iran possiede abbastanza uranio arricchito appena al di sotto della soglia necessaria per produrre dieci bombe nucleari, e continua ad arricchirlo mensilmente. La Guida Suprema iraniana Ali Khamenei ha ribadito che l'Iran non si arrenderà, definendo irreparabili le conseguenze di un potenziale intervento americano.

Sin dall'inizio del suo secondo mandato, Trump è rimasto irremovibile nel chiedere la fine totale dell'arricchimento di uranio iraniano. L'Iran, tuttavia, sostiene che l'arricchimento al livello del 3,67%, utilizzabile per scopi civili, è un suo sacrosanto diritto. L'Amministrazione Trump, attraverso l'inviato speciale Steve Witkoff, ha proposto a Teheran di fermare l'arricchimento interno, ricevendo in cambio combustibile nucleare arricchito da un consorzio regionale. La proposta è stata però respinta dall'Iran, che insiste sul mantenere il proprio programma.

Durante l'incontro a Ginevra di ieri con diplomatici europei di Unione Europea, Francia, Regno Unito e Germania, il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha chiarito che non ci saranno trattative dirette con Washington finché Israele proseguirà le operazioni militari. L'incontro non ha prodotto progressi, con nessuna delle parti che ha avanzato nuove proposte.

La pressione europea si è intensificata dopo che il presidente francese Emmanuel Macron si è allineato sulla linea dura statunitense di azzeramento completo dell'arricchimento nucleare iraniano. Macron ha affermato la necessità di negoziazioni sostanziali che coinvolgano anche questioni balistiche e il finanziamento del terrorismo nella regione. Anche il Ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul e funzionari britannici hanno espresso il loro sostegno all'eliminazione totale dell'arricchimento, seppur in passato avessero accettato limitazioni più morbide.

Parlando ieri ai giornalisti sulla pista dell'aeroporto accanto all'Air Force One, Trump ha però ammesso di non essere in grado neppure di garantire una tregua al momento per la riapertura di negoziati: "Penso sia molto difficile fare questa richiesta in questo momento", riferendosi alla difficoltà di chiedere a Israele una pausa negli attacchi per consentire trattative dirette con Washington.

Divisioni interne ai repubblicani e preparativi militari

La decisione di Trump di rinviare l'attacco evidenzia la presenza di profonde divisioni anche all'interno del Partito Repubblicano. Il senatore Lindsey Graham, considerato uno dei falchi sul Medio Oriente, ha apertamente incoraggiato un'azione militare statunitense, mentre Steve Bannon, ex stratega della Casa Bianca di Trump durante il primo mandato, ha espresso scetticismo sostenendo che Israele dovrebbe concludere da solo le operazioni avviate.

Il vicepresidente JD Vance ha tentato di mediare, lodando la moderazione di Trump ma lasciando aperta la possibilità di un intervento futuro. Dal punto di vista strettamente militare, secondo i media americani, Trump ha già approvato i piani di attacco ma non ha ancora dato l'ordine finale di eseguirlo. Secondo molti esperti, il sito di Fordow, altamente protetto, potrebbe essere distrutto solo utilizzando bombe anti-bunker portate dai bombardieri B-2.

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno intensificato la loro presenza militare nella regione, con l'invio di un terzo cacciatorpediniere nel Mediterraneo orientale e di un secondo gruppo di attacco portaerei diretto verso il Mare Arabico. La decisione di Trump offre dunque anche tempo prezioso alle forze statunitensi per organizzarsi al meglio militarmente per un possibile attacco.

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