Perché Trump ha cambiato idea (per ora) sull'Ucraina

Il presidente ha annuncati un pacchetto di armi difensive finanziato dalla NATO e avverte Mosca: se il conflitto non finirà in 50 giorni, arriveranno nuovi dazi al 100%. Ma il cambiamento sembra dettato più dall’umiliazione personale che da un ripensamento strategico

Perché Trump ha cambiato idea (per ora) sull'Ucraina
White House

Donald Trump ha cambiato improvvisamente atteggiamento nei confronti della Russia. Dopo mesi di dichiarazioni concilianti verso Vladimir Putin e pressioni su Kyiv perché accettasse un cessate il fuoco, il presidente statunitense ha approvato un consistente pacchetto di armi difensive per l’Ucraina, da inviare tramite la NATO. Inoltre, ha minacciato nuovi dazi del 100% sulle esportazioni russe se entro 50 giorni non saranno avviate serie trattative di pace.

Il mutamento di rotta non riflette una nuova strategia geopolitica, secondo quanto riporta l'Altantic. Trump non ha cambiato opinione sull’Ucraina né è diventato un sostenitore delle alleanze atlantiche. Alla base della svolta ci sarebbe invece una ragione personale: la crescente frustrazione verso Putin, che lo avrebbe umiliato rifiutando ripetutamente i suoi appelli alla tregua.

Fin dall’inizio del suo secondo mandato, Trump ha sostenuto di poter porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina nel giro di 24 ore, forte del suo rapporto con il presidente russo. Nei primi mesi ha mostrato un atteggiamento accomodante verso Mosca, ha incolpato Kyiv per la prosecuzione del conflitto, ha ridotto la condivisione di informazioni di intelligence con Zelensky e sospeso temporaneamente le forniture di armi. Aveva anche immaginato un vertice per annunciare un accordo di pace.

Tuttavia, le trattative condotte da Steve Witkoff, emissario della Casa Bianca, non hanno prodotto risultati. Di fronte all’ostinazione russa e all’intensificarsi dei bombardamenti, Trump ha progressivamente perso fiducia in Putin. “Il presidente gli ha dato molte possibilità, ma ora basta”, ha riferito un funzionario all'Atlantic. Nelle sue parole, Putin ha iniziato a “prenderlo in giro”, rifiutando le proposte americane mentre intensificava gli attacchi.

Negli ultimi mesi, Trump ha parlato con Putin almeno sei volte, senza successo. In privato, ha cominciato a sospettare che il leader del Cremlino non abbia alcuna intenzione di negoziare la pace. Un sospetto già condiviso da tempo dai servizi di intelligence statunitensi.

La frustrazione è esplosa dopo una telefonata di inizio luglio, in cui Putin ha ribadito l’intenzione di “liberare” i territori ucraini che considera parte della Russia. Pochi giorni dopo, Trump ha annunciato l’invio di armi all’Ucraina, incluse fino a 17 batterie di missili Patriot, anche se un numero così alto sarebbe una fornitura senza precedenti: finora Washington ne ha consegnate solo due. Il presidente ha precisato che le armi saranno acquistate e finanziate da Paesi membri della NATO. La Germania, ha dichiarato il ministro della Difesa Boris Pistorius, è in trattativa per acquistare due sistemi da girare a Kyiv, che tuttavia non li riceverà prima di alcuni mesi.

Trump ha motivato la decisione affermando: “Non è la mia guerra. Voglio farvi uscire dal conflitto”. Seduto accanto al segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha espresso delusione per l’atteggiamento di Putin: “Pensavo avremmo avuto un accordo due mesi fa”.

Axios ha riferito che l’amministrazione potrebbe anche inviare armi offensive a lungo raggio, ma Trump non ne ha parlato apertamente. Alcuni osservatori hanno interpretato il cambio di linea come una reazione al timore di apparire debole. “Trump può agire con decisione anche solo per orgoglio personale”, ha dichiarato Garry Kasparov, attivista russo e maestro di scacchi. “È positivo che mostri forza verso Putin, anche se per motivi sbagliati.”

L’inversione di rotta è però parziale. Le armi non saranno inviate direttamente dagli Stati Uniti all’Ucraina, scelta che consente a Trump di mantenere una certa ambiguità nei confronti dell’ala isolazionista del suo partito. Inoltre, il presidente non ha ancora appoggiato un disegno di legge bipartisan per imporre nuove sanzioni alla Russia e dazi del 500% contro chi commercia con Mosca. Il disegno ha oltre 80 sostenitori al Senato, e il senatore Lindsey Graham ha più volte affermato che Trump è favorevole. Ma secondo consiglieri della Casa Bianca, il presidente teme effetti collaterali su prezzi energetici e negoziati con Paesi come Cina e India. Per ora, Trump ha proposto dazi “secondari” del 100%.

Alla domanda se ritenga necessario il disegno di legge, Trump ha risposto: “Non sono sicuro che serva, ma è positivo che ci stiano lavorando.” E ha aggiunto che un dazio del 500% “diventa insignificante dopo un po’”, mentre il 100% sarebbe già sufficiente per danneggiare l’economia russa.

Il cambio di tono di Trump si inserisce in un contesto più ampio di pressione da parte europea. Come spiega il Wall Street Journal, dopo aver visto in televisione le immagini dei bombardamenti russi dell’11 luglio, Trump ha chiamato il cancelliere tedesco Friedrich Merz e ha accettato la proposta tedesca di acquistare armi americane per inviarle a Kyiv. Nei giorni precedenti, Merz aveva mantenuto un dialogo costante con Trump e guadagnato la sua fiducia grazie a una strategia di “diplomazia del portafoglio”: Berlino ha modificato la Costituzione per consentire prestiti illimitati da usare per comprare armamenti.

Anche altri leader europei hanno intensificato i contatti con l’amministrazione: Alexander Stubb, presidente finlandese, ha costruito un rapporto personale con Trump; il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dialogato con il segretario di Stato Marco Rubio; il vicecancelliere Lars Klingbeil ha ottenuto l’appoggio del segretario al Tesoro Scott Bessent. Tutti hanno lavorato per spingere Trump a rivedere la sua posizione e rafforzare la difesa ucraina.

Secondo Merz, la nuova intesa tra Stati Uniti ed Europa “aiuterà l’Ucraina a difendersi contro il terrore aereo russo e aumenterà la pressione su Mosca per negoziare”.

Durante una telefonata del 3 luglio, Merz ha proposto l’acquisto di due batterie Patriot, dopo che il Pentagono aveva annunciato la sospensione delle forniture. Trump sembrava non esserne al corrente. Qualche giorno più tardi, ha chiamato Merz per offrire non due, ma cinque sistemi. La Germania prevede ora di inviarne due all’Ucraina e acquistare sistemi sostitutivi per circa due miliardi di dollari. Anche Norvegia, Canada, Danimarca e Finlandia sono pronte a contribuire.

Resta da capire se l’iniziativa durerà. Trump continua a oscillare tra pressioni su Mosca e moniti a Kyiv: recentemente avrebbe chiesto a Zelensky se l’Ucraina fosse in grado di colpire Mosca e San Pietroburgo, secondo un funzionario ucraino. La Casa Bianca ha ridimensionato l’episodio, sostenendo che il presidente si sarebbe limitato a porre una domanda.

Mentre la NATO si impegna a raggiungere la soglia del 5% del PIL in spese militari, uno degli obiettivi storici di Trump, l’atteggiamento del presidente resta imprevedibile. Per questo, osservatori come Marc Polymeropoulos, ex dirigente della Central Intelligence Agency, avvertono: “Trump non è diventato pro-Ucraina. L’Europa deve ancora lavorare con l’idea che gli Stati Uniti non siano un alleato affidabile”.

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