Pam Bondi confermata dal Senato come nuova Procuratrice Generale degli Stati Uniti
Il Senato approva la nomina dell'alleata di Trump con 54 voti favorevoli, tra cui il senatore democratico John Fetterman. Preoccupazioni per possibili epurazioni al Dipartimento di Giustizia.

Il Senato degli Stati Uniti ha confermato Pam Bondi come nuova Procuratrice Generale degli Stati Uniti, completando così un altro passaggio chiave nella formazione del secondo gabinetto Trump.
La votazione si è conclusa con 54 voti favorevoli e 46 contrari, con il solo senatore democratico John Fetterman della Pennsylvania che ha attraversato lo schieramento di partito unendosi ai repubblicani nel sostenere la nomina.
Bindi è stata nominata Procuratrice Generale dopo che la prima scelta di Trump, l'ex deputato Matt Gaetz della Florida, si è ritirato dalla considerazione a causa di un'indagine della Commissione Etica della Camera per presunte condotte sessuali improprie e uso di droghe illecite, accuse che Gaetz ha sempre negato.
Un passato legato a Trump e promesse di imparzialità
Bondi, ex Procuratrice Generale della Florida, arriva alla guida del Dipartimento di Giustizia con un bagaglio professionale significativamente diverso dai suoi predecessori, non avendo esperienza diretta a livello federale.
Il suo percorso professionale è stato caratterizzato da due mandati come Procuratrice Generale della Florida, durante i quali ha guidato cause contro l'Affordable Care Act e le politiche sull'immigrazione dell’Amministrazione Obama.
Dopo aver lasciato l'incarico nel 2019, Bondi ha lavorato come avvocato e lobbista presso Ballard Partners, rappresentando colossi come General Motors, Amazon e Uber, oltre al governo del Qatar.
La sua lealtà a Trump è stata evidenziata dalla sua partecipazione al team di difesa durante il primo processo di impeachment contro l’attuale presidente, dove ha difeso la controversa telefonata con il presidente ucraino Zelensky.
Durante l'udienza di conferma davanti alla Commissione Giustizia del Senato, Bondi ha promesso di "non politicizzare" il Dipartimento di Giustizia, impegnandosi a garantire una "giustizia amministrata in modo equo in tutto il paese".
"Sotto la mia supervisione, la partigianeria e la strumentalizzazione politica saranno eliminati. L'America avrà un solo livello di giustizia per tutti".
Epurazioni in corso e tensioni al Dipartimento
La nomina di Bondi arriva, tuttavia, in un momento di significative turbolenze in corso proprio all'interno del Dipartimento di Giustizia.
Già prima della sua conferma, l’Amministrazione Trump ha avviato un'importante riorganizzazione interna: il Procuratore Generale ad interim James McHenry ha licenziato una decina di persone che avevano lavorato con l'ex Procuratore Speciale Jack Smith, citando dubbi sulla loro capacità di "implementare fedelmente l'agenda del presidente".
Particolarmente significativo è il memorandum del 31 gennaio che ha ordinato al procuratore ad interim di Washington, Edward Martin, di rimuovere i procuratori che hanno indagato sull'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.
All'FBI, è stata inoltre ordinata la compilazione di un elenco di tutti i dipendenti, attuali ed ex, che sono stati coinvolti nelle indagini sul 6 gennaio, per "determinare se siano necessarie ulteriori azioni sul personale".
Bondi assume, dunque, la leadership del Dipartimento di Giustizia in un momento cruciale.
Dovrà gestire non solo le tensioni interne al suo Dipartimento, ma anche supervisionare altre agenzie come l'FBI e l'ATF (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives), entrambe oggetto di frequenti critiche da parte di Trump.