Oro, orologi e lusso: come la Svizzera ha convinto Trump a ridurre i dazi
Un orologio da tavolo Rolex, un lingotto d'oro personalizzato e una parata di amministratori delegati: la strategia svizzera per ottenere tagli ai dazi dal presidente americano ha funzionato. Ma ha sollevato interrogativi sull'etica dei regali presidenziali
Quando la diplomazia tradizionale fallisce, si può sempre provare con l'oro. È questa, in sintesi, la lezione che arriva dall'operazione condotta dalla Svizzera per convincere il presidente Donald Trump a ridurre i dazi sulle merci svizzere. Una campagna che ha visto sfilare alla Casa Bianca i più potenti amministratori delegati del paese alpino, armati di regali preziosi e complimenti abbondanti. E che ha funzionato.
Il 14 novembre il governo americano ha annunciato il taglio dei dazi sulla Svizzera dal 39% al 15%, portandoli allo stesso livello di quelli imposti all'Unione Europea. Un risultato che la presidente svizzera Karin Keller-Sutter non era riuscita a ottenere attraverso i canali diplomatici classici. Trump stesso aveva liquidato quei colloqui dicendo che "la donna era gentile, ma non voleva ascoltare", come ha raccontato alla rete CNBC.
Di fronte a questo muro, Berna ha cambiato strategia. Ha mandato alla Casa Bianca non più politici, ma i capitani d'industria del paese. Il 4 novembre, sei amministratori delegati di aziende svizzere leader nei loro settori si sono presentati nello Studio Ovale. E non sono arrivati a mani vuote.
Jean-Frédéric Dufour, amministratore delegato di Rolex, ha portato in dono un orologio da tavolo placcato in oro. Marwan Shakarchi, capo di MKS SA, gruppo attivo nei metalli preziosi e nella finanza, ha presentato a Trump un lingotto d'oro da un chilogrammo, inciso con i numeri 45 e 47 in omaggio ai due mandati presidenziali di Trump. Il valore del lingotto supera i 130 mila dollari. Alla delegazione partecipavano anche Johann Rupert, presidente del colosso dei beni di lusso Richemont, Daniel Jaeggi, cofondatore della società di commercio di energia e materie prime Mercuria, e Alfred Gantner, cofondatore del fondo di private equity Partners Group. Diego Aponte, presidente di MSC Mediterranean Shipping Company, aveva contribuito a organizzare l'incontro ma non aveva potuto partecipare.
La scelta di mandare imprenditori invece che diplomatici riflette una comprensione precisa del carattere di Trump. "Trump è un uomo d'affari e gli piace parlare di affari con altri uomini d'affari", ha spiegato un funzionario dell'amministrazione americana ad Axios. E Trump ha un debole particolare per l'oro e gli omaggi sfarzosi. "Era difficile battere Apple, ma gli svizzeri ci sono riusciti", ha confidato lo stesso funzionario.
Il riferimento è a un precedente illustre. Ad agosto, Tim Cook, amministratore delegato di Apple, aveva regalato a Trump un disco di vetro inciso con una base in oro 24 carati per celebrare l'investimento di 100 miliardi di dollari dell'azienda negli Stati Uniti, fatto per evitare i dazi. Quel regalo era diventato uno dei preferiti di Trump nello Studio Ovale, almeno fino all'arrivo dei doni svizzeri.
Ma gli svizzeri non sono gli unici ad aver capito come funziona questo tipo di diplomazia. Il comitato olimpico di Los Angeles ha donato a Trump una serie di medaglie olimpiche commemorative del 1984, un riferimento ai Giochi estivi del 2028 che si terranno sotto la sua presidenza. Mesi prima, il governo del Qatar aveva regalato un jet 747 del valore di 400 milioni di dollari alla biblioteca presidenziale di Trump. E diverse aziende hanno contribuito con circa 300 milioni di dollari alla costruzione di una grande sala da ballo che Trump vuole collegare alla Casa Bianca e decorare come Mida.
I regali sono stati accettati ufficialmente a nome della biblioteca presidenziale di Trump, il che li rende legali secondo i funzionari della Casa Bianca. Ma la vicenda ha comunque sollevato interrogativi etici. I Verdi svizzeri hanno definito l'accordo un "patto di resa", con la leader del partito Lisa Mazzone che ha accusato l'élite economica svizzera e il governo federale di "inchinarsi davanti a Donald Trump". Il partito ha anche messo in discussione il coinvolgimento degli amministratori delegati, sostenendo che il governo avesse comprato l'accordo con "metodi discutibili e regali d'oro".
Il ministro dell'economia svizzero Guy Parmelin ha respinto le critiche. "Non abbiamo venduto la nostra anima al diavolo", ha detto in un'intervista al quotidiano Tagesanzeiger. Ha difeso l'uso degli imprenditori per convincere la Casa Bianca, spiegando che erano lì solo per "spiegare la loro posizione" e come i dazi stessero danneggiando il commercio. Ha però riconosciuto che il viaggio aveva avuto un impatto positivo sui negoziati. "Ma è vero: hanno influenza perché hanno molti buoni contatti negli Stati Uniti, e non solo con la famiglia Trump. Alcuni sono suoi amici perché giocano a golf con lui. Io non gioco a golf, forse questo è il mio handicap, ma è la vita", ha detto Parmelin.
L'operazione svizzera era stata preceduta da altri tentativi di ingraziarsi il presidente. A settembre, Rolex aveva invitato Trump e diversi suoi funzionari alla finale dell'US Open di tennis. All'arrivo, Trump aveva chiesto scherzosamente se sarebbe stato invitato se non ci fossero stati i dazi, come ha poi rivelato Dufour. "Un momento che ha suscitato una risata generale", ha aggiunto il capo di Rolex, negando però che l'azienda avesse svolto "alcuna negoziazione" con gli Stati Uniti sui dazi. La Casa Bianca ha liquidato le critiche come "teorie cospirazioniste assurde".
I regali e le conversazioni hanno evidentemente soddisfatto Trump, che subito dopo l'incontro ha scritto su Truth Social: "Vorrei fare i complimenti a tutte le persone presenti per l'ottimo lavoro svolto". Venerdì scorso, il rappresentante commerciale americano Jamieson Greer ha annunciato l'accordo per ridurre i dazi con una dichiarazione intrisa di elogi al presidente. "La capacità senza pari del presidente Trump di concludere accordi continua a dare risultati per il popolo americano", ha affermato.
In cambio della riduzione dei dazi, la Svizzera ha accettato di ridurre le barriere commerciali che irritavano Trump e le aziende svizzere si sono impegnate a investire di più negli Stati Uniti. Secondo il governo svizzero, le imprese del paese intendono effettuare investimenti diretti negli Stati Uniti per 200 miliardi di dollari entro la fine del 2028. Greer ha dichiarato che gli svizzeri porteranno negli Stati Uniti produzioni farmaceutiche, raffinazione dell'oro e attrezzature ferroviarie.
L'accordo quadro non è vincolante e dovrà essere finalizzato con ulteriori negoziati. Rimangono interrogativi su alcuni dettagli, come se la Svizzera dovrà accettare importazioni di carne americana come il pollo clorato o il manzo trattato con ormoni, prodotti controversi in Europa, nell'ambito delle quote tariffarie bilaterali senza dazi concordate in linea di principio. L'accordo finale dovrà inoltre essere approvato dal parlamento svizzero e potenzialmente sottoposto a voto popolare.
Nonostante le critiche, i leader industriali svizzeri sono sollevati. Stefan Brupbacher, amministratore delegato di Swissmem, associazione che rappresenta le industrie meccaniche ed elettriche, ha spiegato alla CNBC che il settore aveva visto un calo del 15% delle esportazioni verso gli Stati Uniti da agosto, con gli esportatori di macchinari colpiti ancora più duramente. "Per i nostri membri c'è grande sollievo, perché prima di tutto scendere dal 39 al 15% ci mette alla pari con i nostri principali concorrenti europei e giapponesi", ha detto.
Tuttavia, gli economisti ritengono che l'impatto dei dazi sull'economia svizzera potrebbe persistere. Dati preliminari diffusi lunedì dal ministero dell'economia svizzero mostrano che l'economia si è contratta dello 0,5% nel terzo trimestre del 2025. Alessandro Bee, economista di UBS, ha osservato che nonostante l'accordo quadro, la banca prevede una crescita del prodotto interno lordo intorno all'1% nel 2026, "notevolmente inferiore alla crescita media dell'1,9% degli ultimi 15 anni". Bee ha avvertito che "i dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti rimangono sostanziali" e che eventuali delocalizzazioni di produzioni farmaceutiche verso gli Stati Uniti, che alcune aziende svizzere hanno già segnalato, potrebbero pesare ulteriormente sull'economia.
Ma per ora, la Svizzera può almeno festeggiare una vittoria diplomatica ottenuta con metodi poco ortodossi. L'oro, a quanto pare, parla ancora una lingua universale.