Ora gli elettori considerano Trump responsabile per l'economia
Un sondaggio YouGov per il Wall Street Journal mostra un’inversione di percezione tra gli elettori repubblicani: il presidente è ora identificato come principale artefice dello stato dell’economia statunitense. I dazi e l’inflazione restano fattori divisivi.

Secondo un nuovo sondaggio condotto da YouGov per il Wall Street Journal tra il 17 e il 20 giugno 2025, la maggioranza degli elettori di Donald Trump ritiene ora che sia lui, e non Joe Biden, il principale responsabile dello stato attuale dell’economia americana. Si tratta di un cambiamento significativo rispetto ai mesi precedenti: il 46% degli elettori di Trump indica il presidente come figura centrale per l’andamento economico, contro il 34% che continua ad attribuire la responsabilità all’ex presidente Biden.

L’inversione di tendenza arriva a seguito di un’accelerazione delle politiche economiche dell’attuale amministrazione, tra cui l’adozione di una serie di nuovi dazi, spesso variabili per entità e paesi bersaglio, e misure volte a rafforzare la produzione di energia e il manifatturiero americano. L’effetto, secondo molti osservatori, è duplice: da un lato si rafforza la percezione di un intervento diretto del presidente sull’economia, dall’altro si alimenta l’incertezza nei consumatori e nelle imprese.
La maggioranza degli elettori di Trump continua a esprimere fiducia nella direzione intrapresa dall’economia. Secondo un sondaggio YouGov della fine di giugno, l’84% degli elettori repubblicani approva la gestione di Trump su occupazione ed economia. Al contrario, quasi nove elettori su dieci tra i sostenitori di Harris dichiarano la propria disapprovazione.
Nonostante questa fiducia diffusa, i dazi imposti dall’amministrazione restano una fonte di preoccupazione trasversale. L’indice di fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan ha registrato una serie di valori negativi durante la primavera, con una parziale ripresa solo nel mese di giugno.
La lettura dell’economia da parte dell’elettorato rimane ambigua. L’inflazione è in calo, ma resta al di sopra dell’obiettivo fissato dalla Federal Reserve. I dazi generano incertezza per le imprese, ma i mercati azionari continuano a registrare massimi storici. Inoltre, secondo l’agenzia ADP, l’occupazione nel settore privato è diminuita per la prima volta in due anni.
In questo contesto, osserva John Sides, politologo della Vanderbilt University, l’appartenenza partitica tende a guidare la selezione degli indicatori economici ritenuti più rilevanti. “In una situazione economica ambigua, si può scegliere quali dati considerare coerenti con la propria posizione politica”, ha spiegato Sides.
Sul piano accademico, gli economisti ricordano che i presidenti hanno solo un’influenza parziale sull’economia. “La popolazione ha una lunga storia di attribuire ai presidenti la colpa di questioni come il prezzo della benzina, che in realtà dipendono da mercati internazionali sui quali i leader hanno scarsi margini di intervento”, ha spiegato Neale Mahoney, economista della Stanford University.
Le stesse dinamiche si sono già viste in passato. Pochi mesi dopo l’insediamento di Biden nel 2021, i sondaggi YouGov mostravano un’alta fiducia tra gli elettori democratici e la convinzione che l’economia fosse ormai sotto la sua guida. Ma quando l’inflazione aumentò e la fiducia dei consumatori calò, molti iniziarono a indicare l’allora presidente Trump come il vero responsabile dello stato dell’economia, anche a distanza di otto mesi dalla fine del suo mandato.