Oggi in Oman si terranno importanti colloqui tra Stati Uniti ed Iran sul nucleare, tra diplomazia e minacce militari
Witkoff guida la delegazione americana al colloqui odierni in Oman mentre pone lo stop alle armi nucleari come “linea rossa” da non superare per gli Stati Uniti, lasciando la porta aperta ad un compromesso su un limitato programma nucleare civile (come nell’accordo precedente del 2015).

Gli Stati Uniti e l’Iran si preparano per cruciali colloqui nucleari, previsti per oggi in Oman. La delegazione americana, guidata dall’inviato speciale Steve Witkoff, incontrerà la controparte iraniana per verificare se Teheran sia realmente intenzionata a negoziare.
L’Amministrazione Trump ha intanto stabilito una chiara “linea rossa” nei negoziati: impedire all’Iran di ottenere armi nucleari, minacciando possibili interventi militari in assenza di un rapido accordo su questo aspetto chiave.
L’approccio americano tra fermezza e compromessi
“La nostra posizione iniziale è lo smantellamento completo del vostro programma nucleare”, ha conferma Witkoff al Wall Street Journal. Tuttavia, ha ammesso che ci potrebbe essere spazio per soluzioni alternative:
“Questo non esclude la possibilità di trovare altri modi per raggiungere un’intesa”.
Questo approccio evidenzia le difficili scelte davanti all’Amministrazione Trump, costretta a valutare tra un’opzione militare o il perseguimento della diplomazia.
Ogni eventuale concessione che permetta la continuazione, anche parziale, del programma nucleare iraniano rappresenterebbe, ad ogni modo, un passo indietro rispetto alla posizione iniziale di Washington e sarebbe inferiore alle richieste di Israele, che insiste sulla completa distruzione delle strutture nucleari iraniane sotto supervisione americana.
La Casa Bianca ha, intanto, adottato ufficialmente un tono severo. La portavoce Karoline Leavitt ha dichiarato:
“L’Iran ha una scelta da compiere: accettare le richieste del presidente Trump o prepararsi a conseguenze molto dure”.
I protagonisti dei negoziati
La delegazione statunitense include, oltre a Witkoff, anche esperti nucleari del Dipartimento di Stato. L’inviato speciale è considerato un sostenitore della diplomazia verso Teheran, mentre altri funzionari dell’Amministrazione, come il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz e il Segretario di Stato Marco Rubio, appaiono più inclini a sostenere un approccio militare.
Prima dei colloqui in Oman, Witkoff ha avuto un incontro preliminare con il presidente russo Vladimir Putin, durante il quale si è discusso anche della questione iraniana.
Il team iraniano è invece guidato dal Ministro degli Esteri Abbas Araghchi, diplomatico di grande esperienza che ha già ricoperto un ruolo chiave nella squadra che ha negoziato l’accordo nucleare del 2015.
Le aspettative e la posizione iraniana
Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Esmaeil Baqaei, ha scelto un linguaggio prudente, simile a quello statunitense:
“Non facciamo previsioni né ci precludiamo opzioni. Valuteremo attentamente le intenzioni della controparte sabato e adatteremo le nostre mosse di conseguenza”.
Stando alle indiscrezioni, Teheran starebbe considerando di proporre un accordo nucleare temporaneo per guadagnare tempo, permettendo così negoziati più approfonditi.
Gli iraniani chiedono, inoltre, la riduzione delle sanzioni economiche e la ripresa dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, avvertendo però che un’eventuale azione militare comporterebbe l’interruzione immediata della cooperazione con gli ispettori internazionali dell’IAEA.
Modalità e retroscena diplomatici
Intanto c’è già un primo giallo: la Casa Bianca sostiene che i colloqui si svolgeranno direttamente, mentre gli iraniani insistono sulla necessità di una trattativa indiretta con la mediazione dell’Oman.
Secondo fonti diplomatiche, è probabile che l’incontro inizi con un formato indiretto e, se emergessero segnali positivi, si potrebbe passare a trattative dirette.
La diffidenza iraniana ha radici profonde: durante il suo primo mandato, il presidente Trump aveva abbandonato unilateralmente l’accordo nucleare del 2015, imponendo severe sanzioni economiche a Teheran. Tale accordo consentiva un limitato arricchimento dell’uranio sotto controllo internazionale.
Nonostante le sanzioni, l’Iran ha ampliato il proprio programma nucleare, pur affermando sempre la natura pacifica delle sue attività.
Costruire fiducia prima dei dettagli
Witkoff ha chiarito che i colloqui iniziali mirano innanzitutto a creare fiducia reciproca:
“L’obiettivo è comprendere perché sia fondamentale raggiungere un accordo, prima ancora di discuterne i dettagli”.
Ha inoltre sottolineato che qualsiasi intesa futura richiederà solide misure di verifica.
Robert Einhorn, ex funzionario del Dipartimento di Stato, ha commentato così la situazione in questo modo:
“L’Amministrazione Trump ha la possibilità di negoziare un accordo robusto, in grado di impedire all’Iran di ottenere armi nucleari per un periodo significativo. Tuttavia, non dovrebbe esagerare nelle proprie richieste”.
Se Teheran dovesse però respingere in foto la proposta americana di smantellamento completo del proprio programma nucleare, Witkoff tornerà a mani vuote dal presidente Trump, che si troverà a quel punto di fronte a una decisione difficile: determinare quanto possa tollerare delle attività nucleari iraniane in un eventuale compromesso.