Nuovo attacco americano contro un narcoscafo nei Caraibi

Il presidente afferma che tre "narcoterroristi" sono stati uccisi. Restano dubbi sulla legalità delle operazioni e cresce la tensione con il Venezuela.

Nuovo attacco americano contro un narcoscafo nei Caraibi
Donald Trump

Donald Trump ha pubblicato venerdì 19 settembre sulla sua piattaforma Truth Social un nuovo filmato che mostra un attacco delle forze statunitensi contro un’imbarcazione carica di droga diretta verso gli Stati Uniti. Il presidente ha dichiarato che nel bombardamento sarebbero stati uccisi “tre narcoterroristi” a bordo di una nave “affiliata a un’organizzazione terroristica”. Non ha però specificato la data della missione, né indicato esplicitamente il Venezuela, come aveva fatto in precedenza.

Secondo Trump, i servizi di intelligence avrebbero confermato che la barca trasportava stupefacenti e percorreva “un corridoio di narcotraffico conosciuto” in acque internazionali. Si tratta della terza operazione di questo tipo annunciata dal presidente in meno di tre settimane. Il 2 settembre, sempre nei Caraibi, Trump aveva riferito di un attacco che avrebbe provocato undici morti. Pochi giorni dopo aveva parlato di un’altra operazione in cui sarebbero stati uccisi tre narcotrafficanti venezuelani, senza però diffondere immagini.

L’iniziativa si inserisce nella più ampia strategia della Casa Bianca di contrasto ai cartelli latinoamericani, designati dall’amministrazione come “organizzazioni terroristiche straniere”. Washington ha inviato sette navi da guerra nei Caraibi e un’ulteriore unità nel Pacifico. Gli Stati Uniti accusano in particolare il presidente venezuelano Nicolas Maduro di guidare il cosiddetto Cartel de los Soles, la cui esistenza è oggetto di discussione, e hanno raddoppiato a 50 milioni di dollari la ricompensa per la sua cattura.

La legittimità delle operazioni resta però contestata. Diversi esperti denunciano quello che definiscono “un permesso di uccidere” al di fuori di ogni quadro giuridico internazionale. Le critiche si sono accentuate dopo le dichiarazioni del procuratore generale venezuelano Tarek William Saab, che ha chiesto all’ONU di aprire un’inchiesta sulle azioni statunitensi. Saab ha parlato di “crimini contro l’umanità” compiuti con “missili e armi nucleari contro pescatori indifesi”.

Il presidente Maduro ha denunciato le operazioni come parte di “un piano imperiale per imporre un governo fantoccio controllato dagli Stati Uniti”. In risposta, Caracas ha avviato tre giorni di esercitazioni militari sull’isola di La Orchila, a circa 65 chilometri dalla costa, nel più visibile dispiegamento ordinato finora in questo contesto.

Parallelamente, emergono dettagli sul dibattito interno a Washington. Secondo fonti citate dalla stampa americana, nei primi mesi del nuovo mandato Trump funzionari della Drug Enforcement Administration (DEA) avrebbero proposto azioni ancora più aggressive in Messico: omicidi mirati dei capi dei cartelli e bombardamenti contro infrastrutture sul territorio. Le ipotesi non si sono tradotte in operazioni, ma testimoniano la linea dura sostenuta da parte dell’apparato di sicurezza.

Derek S. Maltz, ex agente DEA nominato da Trump come amministratore ad interim a gennaio e rimasto in carica fino a maggio, ha dichiarato di essere “totalmente favorevole” a colpire laboratori e leadership dei cartelli in Messico. Maltz ha riconosciuto gli sforzi del governo della presidente Claudia Sheinbaum nel contrasto al narcotraffico, ma ha insistito sul fatto che “molto di più deve essere fatto”. Secondo lui, “i cartelli hanno ucciso più americani di qualsiasi altra organizzazione terroristica nella storia” e quindi “devono essere ritenuti responsabili”.

Il successore di Maltz, Terrance C. Cole, insediatosi a fine luglio, ha assicurato che l’agenzia opererà nel rispetto della legge e in coordinamento con le altre istituzioni. Tuttavia, il dibattito rimane acceso: il segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato che non sarà necessaria la forza letale in paesi considerati “cooperativi” con gli obiettivi di Washington, lasciando intendere che le azioni potrebbero proseguire altrove.

L’insieme di queste mosse – dalle proposte interne della DEA agli attacchi nei Caraibi – mostra la determinazione del presidente Trump a inquadrare il narcotraffico come una minaccia equiparabile al terrorismo internazionale. Ma solleva al tempo stesso interrogativi sulla legalità e le conseguenze geopolitiche di una strategia che estende l’uso della forza armata oltre i confini statunitensi.

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