Netanyahu incarica il Mossad di trovare Paesi disposti ad accogliere i palestinesi sfollati da Gaza
Israele cerca destinazioni per un trasferimento di massa dei profughi palestinesi da Gaza nonostante il piano di Trump per la loro ricollocazione resti fermo.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incaricato il Mossad, l’agenzia di intelligence estera israeliana, di identificare Paesi disponibili ad accogliere un ampio numero di palestinesi sfollati dalla Striscia di Gaza.
Secondo quanto riferito da due funzionari israeliani, il Mossad avrebbe già avviato colloqui riservati con Somalia, Sud Sudan e Indonesia, tra gli altri Paesi. Tuttavia, l'ufficio del primo ministro israeliano non ha voluto commentare la notizia che è stata resa nota per prima da Axios.
Contesto e strategia israeliana
Questa iniziativa si inserisce in una serie di misure mirate a favorire lo sfollamento dei palestinesi da Gaza, mentre Israele sta intensificando le operazioni militari nella Striscia, imponendo nuovi ordini di evacuazione.
Netanyahu e altri alti funzionari israeliani hanno minacciato di occupare ulteriormente la Striscia se Hamas non dovesse rilasciare gli ostaggi ancora detenuti.
Le autorità militari israeliane hanno discusso, senza ancora metterla in atto, la possibilità di una vasta invasione di terra che costringerebbe la maggioranza della popolazione palestinese a concentrarsi in una limitata "zona umanitaria" nel sud della Striscia.
Questo peggiorerebbe drasticamente la situazione nella Striscia dove il 90% dei residenti risulta già sfollato a causa del conflitto, con un bilancio di vittime che, secondo il Ministero della Salute di Gaza, legato ad Hamas supera ormai le 50.000 persone.
Decisioni governative e posizioni interne
Il Gabinetto israeliano ha recentemente approvato la creazione di una direzione speciale presso il Ministero della Difesa per gestire la cosiddetta "partenza volontaria" dei palestinesi da Gaza.
Tuttavia, politiche simili sono state promosse con toni molto più duri da figure politiche come il Ministro delle Finanze ultranazionalista Betzalel Smotrich.
Smotrich, intervenendo alla Knesset il mese scorso, ha chiaramente indicato tempi e modalità per l'espulsione totale della popolazione di Gaza:
"Se ne portiamo fuori 10.000 al giorno ci vorranno sei mesi. Se ne portiamo fuori 5.000 al giorno ci vorrà un anno."
Esperti legali internazionali ritengono che uno sfollamento di tale entità costituirebbe una pulizia etnica a tutti gli effetti ed un chiaro e palese crimine di guerra.
Reazioni palestinesi e internazionali
La maggioranza dei palestinesi si oppone con fermezza allo sfollamento e all'abbandono della propria terra.
Anche l'Autorità Palestinese, così come numerosi Paesi arabi e molti governi occidentali hanno espresso la loro netta contrarietà a qualsiasi piano che preveda il trasferimento dei palestinesi da Gaza.
Finora, alcuni Paesi hanno accettato solo di accogliere solo piccoli gruppi di palestinesi, principalmente bambini malati. Tuttavia, nessuna nazione ha dato disponibilità ad accogliere un numero significativo di sfollati.
Egitto e Giordania hanno in particolare respinto con decisione il piano del presidente Trump che prevedeva un trasferimento massiccio dei profughi palestinesi nei loro territori.
Posizione degli Stati Uniti
Il piano del presidente Trump, che ipotizzava il trasferimento di circa due milioni di palestinesi da Gaza per la ricostruzione totale dell'enclave in una sorta di "Riviera del Mediterraneo" sotto controllo statunitense, non ha mai trovato una concreta applicazione.
Attualmente, l'Amministrazione statunitense non sta perseguendo attivamente questa strategia, fa sapere Axios.
L’inviato speciale USA per il Medio Oriente, Steve Witkoff, è invece focalizzato nel trovare un nuovo accordo tra Israele e Hamas per il rilascio di altri ostaggi ed il ripristino di un cessate il fuoco duraturo.