Negoziati USA-Russia: nonostante la Casa Bianca affermi il contrario, Washington sta cedendo su tutta la linea

La delegazione statunitense guidata dal Segretario di Stato Rubio ha concluso i colloqui di Riad con una serie di concessioni unilaterali al Cremlino, senza ottenere nulla di concreto in cambio.

Negoziati USA-Russia: nonostante la Casa Bianca affermi il contrario, Washington sta cedendo su tutta la linea

La recente tornata di negoziati tra Stati Uniti e Russia nella capitale saudita ha evidenziato una drastica inversione della politica estera americana, con Washington che ha ceduto praticamente su tutti i fronti alle richieste di Mosca senza ottenere alcuna concessione in cambio.

Una delegazione inesperta contro veterani della diplomazia

Il confronto a Riad ha visto da un lato il Ministro degli Esteri russo Lavrov e il consigliere presidenziale Ushakov, con oltre 30 anni di esperienza diplomatica, dall'altro una delegazione americana guidata dal Segretario di Stato Marco Rubio, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Uoltz e l'inviato speciale Steve Uitkoff, tutti in carica da meno di un mese.

Come ha sottolineato Brett Bruen, ex consigliere dell'amministrazione Obama, i colloqui si sono trasformati in "un'ora di dilettantismo".

L'amministrazione Trump ha, infatti, offerto una serie di concessioni senza precedenti:

  • Riabilitazione diplomatica completa del Cremlino
  • Disponibilità a rimuovere le sanzioni economiche
  • Promessa di investimenti americani nel settore petrolifero russo e nello sviluppo dell'Artico
  • Accettazione della posizione russa sull'esclusione dell'Ucraina dalla NATO
  • Riconoscimento implicito delle pretese territoriali russe

In cambio, Mosca non ha fatto alcuna promessa pubblica di concessioni reciproche. Secondo fonti dell'intelligence occidentale, il Cremlino mantiene, anzi, inalterato l'obiettivo di un controllo totale sull'Ucraina e considera i negoziati come una pausa tattica vantaggiosa.

Rottura con l'Europa

La strategia dell'amministrazione Trump ha provocato una frattura nelle relazioni transatlantiche, un altro degli obiettivi principali del Cremlino.

Il vicepresidente JD Vance, durante la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, ha pubblicamente sminuito il ruolo dell'Europa, rifiutando l'incontro con il cancelliere tedesco Scholz e preferendo dialogare con l'ultradestra dell'AfD.

Questa mossa segna un abbandono della dottrina della sicurezza euro-atlantica indivisibile, pietra angolare della politica estera americana degli ultimi 80 anni.

La questione cinese

Neppure l'apparente obiettivo di isolare la Cina attraverso un riavvicinamento con la Russia appare realistico. Nel 2024, Pechino rappresenta, infatti, il 35% dell'interscambio commerciale russo, con il 31% delle esportazioni e il 39% delle importazioni.

Gli Stati Uniti, che storicamente non hanno mai superato il 4% dell'interscambio con Mosca, difficilmente potranno offrire alternative credibili all'integrazione economica russo-cinese.

Conseguenze strategiche

L'approccio dell'amministrazione Trump sembra minare decenni di politica estera americana, basata sul consenso bipartisan e sull'alleanza tra i Paesi transatlantici.

Secondo quanto affermato da Kori Shacke, ex consigliera del presidente George W. Bush la svolta di Trump "legittima l'aggressione russa per creare sfere d'influenza", aprendo un pericoloso precedente nelle relazioni internazionali.

La strategia negoziale americana, fondata su minacce poco credibili e promesse difficilmente realizzabili, ha permesso finora a Mosca di ottenere vantaggi significativi senza cedere concessioni.

Se non si attueranno cambiamenti radicali prima del raggiungimento di un accordo finale, il risultato sarà inevitabilmente quello di mettere in seria discussione la capacità degli Stati Uniti di difendere i propri alleati, con un unico vincitore inequivocabile di tutta questa partita: Vladimir Putin.

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